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Prima il dovere o il piacere? Il modello metacognitivo della procrastinazione

Quali sono le metacredenze positive e negative sulla procrastinazione e qual è la relazione tra procrastinazione e performance accademica?

Di Francesca Naldi, Helga Cristina Avellis, Gloria Vecchi

Pubblicato il 04 Mar. 2022

La procrastinazione si definisce come l’atto di rimandare lo svolgimento di un’attività perseguita per raggiungere un obiettivo (Fernie et al., 2016).

 

In un campione costituito da una popolazione adulta di sei diverse nazioni (Australia, Perù, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti e Venezuela), è emersa la prevalenza del 13,5% per una procrastinazione ‘stimolante’ (guidata dal desiderio di contrastare la noia) mentre del 14,3% per una procrastinazione ‘evitante’ (motivata dall’avversione al compito) (Ferrari et al., 2016). La prevalenza della procrastinazione cronica negli studenti è stata riportata come ancora più alta: Day et al. (2014) hanno stimato tassi del 32%. La problematicità di questo comportamento è risultata in una recente meta-analisi che ha riportato una relazione negativa tra procrastinazione e performance accademica (Kim & Seo, 2015). La procrastinazione non è solo dannosa per il rendimento accademico, ma anche per il benessere mentale, dacché è significativamente associata all’ansia e alla depressione. Tuttavia, potrebbe non essere sempre problematica; può riflettere anzi una raccolta adattiva di risorse e portare a risultati migliori. A tal fine, la procrastinazione è stata variamente delineata in sottotipi: funzionale e disfunzionale (Ferrari et al., 1995), attiva e passiva (Chu & Choi, 2005), intenzionale e non intenzionale (Fernie et al., 2016). Nonostante queste diverse terminologie condividano molte caratteristiche sovrapposte, vi sono importanti e sfumate differenze. Per esempio, la procrastinazione intenzionale si riferisce a un comportamento deliberato e consapevole (cioè attivo), ma non necessariamente vantaggioso (cioè funzionale), mentre la quella non intenzionale si riferisce a un comportamento non deliberato che è tipicamente sia disfunzionale che passivo.

Le metacognizioni sulla procrastinazione

Per poco più di un decennio, diversi studi hanno indagato la procrastinazione da una prospettiva metacognitiva. Le metacognizioni sono definite come credenze che gli individui detengono (sia implicitamente che esplicitamente) sulle proprie strategie attenzionali, comportamenti, processi di pensiero ripetitivi (ad esempio, ruminazione e preoccupazione) ed emozioni. Le convinzioni metacognitive sono state ampiamente delineate in sottotipi positivi e negativi. Per esempio, una credenza metacognitiva positiva sulla procrastinazione è ‘La procrastinazione permette alla creatività di verificarsi in modo più naturale’, mentre una credenza metacognitiva negativa è ‘La mia procrastinazione è incontrollabile’ (Fernie et al., 2009). Le credenze metacognitive positive sono associate positivamente con la procrastinazione intenzionale e meno con quella non intenzionale, mentre le credenze metacognitive negative sono più fortemente associate positivamente alla procrastinazione non intenzionale che a quella intenzionale (Fernie et al., 2017, 2016).

La procrastinazione tra gli studenti

Lo studio di Fernie et al. (2018) ha indagato le relazioni tra credenze metacognitive positive e negative sulla procrastinazione e l’umore depresso, tentando di spiegare, inoltre, i meccanismi alla base della relazione tra procrastinazione e performance accademica. Sono stati coinvolti 246 studenti, universitari o laureati, che nell’ultimo anno avessero avuto almeno una scadenza per un progetto universitario o lavorativo. L’età media dei partecipanti era di 23 anni.

Per raccogliere i risultati accademici è stato chiesto ai partecipanti di dichiarare 1 o 5 voti assegnati negli ultimi 12 mesi ai loro progetti, specificando il massimo punteggio ottenibile per ciascuno (es 100/100). Successivamente ogni voto ottenuto è stato diviso per il massimo ottenibile e poi sommato per creare la variabile ‘performance accademica’.

Per raccogliere dati sulla procrastinazione intenzionale sono stati proposti quattro items legati al dominio ‘Intentional Decision to Procrastinate’ (IDP) della Active Procrastination Scale (APS; Choi & Moran, 2009). Un esempio di item di questa scala è ‘Per utilizzare in modo efficiente il mio tempo, scelgo deliberatamente di posticipare alcuni compiti’. Per la procrastinazione involontaria è stata utilizzata la Unintentional Procrastination Scale (UPS: Fernie et al., 2016), una scala composta da sei items quali ‘Vorrei seriamente finire i compiti in tempo, ma raramente ci riesco’. Per valutare le metacognizioni rispetto alla procrastinazione è stata utilizzata la Metacognitions about Procrastination Scale (MaPS) di Fernie et al., 2008. Questa scala è composta da due domini, metacredenze positive sulla procrastinazione (PMP) e metacredenze negative su di essa (NMP), con otto items per ciascuno. Un esempio di item per valutare la PMP è ‘La procrastinazione mi aiuta a non iniziare qualcosa quando non mi sento pronto’, mentre un esempio di item per valutare la NMP è ‘procrastinare può essere dannoso’. Per raccogliere dati rispetto ai sintomi depressivi, è stato utilizzato il Patient Health Questionnaire 8 (PHQ-8), una forma ridotta del Patient Health Questionnaire 9 (Kroenke et al., 2001), omettendo l’item che valuta l’ideazione suicidaria.

Metacredenze positive e negative sulla procrastinazione

I risultati dello studio offrono prove a favore del ruolo strategico che le metacredenze positive sulla procrastinazione (PMP) rivestono nella procrastinazione intenzionale (IDP) rispetto a quella involontaria (UPS). I dati emersi suggeriscono che la procrastinazione involontaria (UPS) risulta essere un indicatore psicopatologico più forte rispetto a quella intenzionale (IDP) (Fernie et al., 2016). Sebbene sia le metacredenze positive sulla procrastinazione (PMP) che quelle negative (NMP) abbiano effetti negativi significativi sulla performance accademica, l’analisi del percorso accademico suggerisce che sono le metacredenze negative (NMP) ad avere un’influenza maggiore sulla performance accademica.

Per quanto concerne l’impatto delle metacredenze positive e negative sull’umore depresso, le prime (PMP) sembrano avere un’influenza minore rispetto alle seconde (NMP). Studi precedenti hanno dimostrato che le credenze metacognitive sulla preoccupazione possono essere associate all’ansia da prestazione (O’Carroll e Fisher, 2013; Spada et al., 2006), che a sua volta viene associata ad una scarsa performance accademica (Cassady & Johnson, 2002). Tuttavia il focus del presente studio è sul ruolo che hanno le metacredenze rispetto alla procrastinazione, piuttosto che sulla preoccupazione.

Nonostante nello studio siano presenti dei limiti legati alla desiderabilità sociale, ai bias di autovalutazione o agli effetti del contesto che possono aver contribuito nel commettere errori nelle misure di autovalutazione, vengono fornite prove a sufficienza per affermare che il modello metacognitivo della procrastinazione spiega una parte significativa della varianza nelle performance accademiche degli attuali studenti universitari. Ciò evidenzia il potenziale beneficio che si può trarre dallo sviluppo di interventi psicologici per affrontare la procrastinazione utilizzando tecniche mirate alle credenze metacognitive sulla procrastinazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cassady, J.C., Johnson, R.E. (2002). Cognitive test anxiety and academic performance. Contem. Educ. Psychol. 27 (2), 270–295.
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