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L’età tradita (2021) di Matteo Lancini – Recensione del libro

Lancini nel volume L'età tradita descrive la crisi evolutiva vissuta in adolescenza che, inesprimibile a parole, si traduce in un’azione, spesso pericolosa

Di Annamaria Nuzzo

Pubblicato il 21 Mar. 2022

Che senso ha il dolore? Per quale motivo non si riesce a trasformarlo in parole? Che cosa rende impossibile un’espressione diversa, meno drammatica della sofferenza sperimentata dal giovane paziente? Queste alcune tematiche affrontate nel volume L’età tradita.

 

Dalla privilegiata prospettiva di psicologo e psicoterapeuta dell’adolescenza, Matteo Lancini delinea un ritratto realistico ed aggiornato di giovani e giovanissimi, smontando uno per uno gli stereotipi che circondano la loro figura, con il fine ultimo di indicare agli adulti la strada da percorrere per svolgere al meglio il proprio ruolo e ‘vedere’ finalmente gli adolescenti per ciò che sono.

Sin dalle prime righe, è possibile riconoscere un puntuale esempio del pensiero stereotipato adulto nei confronti dei giovani, che risale agli albori della pandemia, in quel Marzo 2020 durante il quale Lancini pubblicò una lettera rivolta agli adolescenti che invitava gli adulti a riflettere sulle contraddizioni educative degli ultimi decenni e assumersi le proprie responsabilità.

Nella lettera – con cui l’autore ha deciso di aprire il saggio L’età tradita – si ricorda che, nel weekend a cavallo tra il 7 e l’8 Marzo 2020, un grande parco milanese era stracolmo di persone di ogni età, che volevano godersi un anticipo di primavera, anche genitori e nonni. Tuttavia, nei giorni immediatamente successivi, fu avviata ‘una dissennata campagna di sensibilizzazione nei riguardi della giovane popolazione italiana’: gli adolescenti, accusati di aver trascorso quel weekend a divertirsi, incuranti del virus, furono descritti come giovani ‘onnipotenti, trasgressivi, individualisti, nichilisti, privi di qualsiasi valore’. Si concentrano così una serie di confortevoli luoghi comuni, sedimentati nella visione adulta da anni.

Eppure, la pandemia potrebbe rappresentare l’occasione migliore per accrescere il nostro grado di consapevolezza, osservare le evidenti contraddizioni presenti nei modelli educativi e formativi, e abbandonare la visione stereotipata della fascia giovanile. Un’occasione unica per ascoltare davvero l’appello dei ragazzi che riempiono le neuropsichiatrie di tutta Italia, che vivono un’ansia senza precedenti, che meditano di togliersi la vita, che si servono del proprio corpo come megafono per un dolore muto che non trova parole.

Secondo Lancini, risulta necessario abbattere alcuni clichés che riguardano gli adolescenti, visioni stereotipate del mondo psichico e affettivo dei giovani, costruite in base al senso comune, fondate su una concezione anacronistica degli adolescenti.

Partendo dal ribadire la necessaria distinzione tra infanzia e adolescenza, Lancini evidenzia come, al cambiamento della visione dei bambini, sin da subito sostenuti nella loro intenzionalità, espressività, creatività e socializzazione, non è corrisposto un cambiamento nel modo di guardare gli adolescenti, sottoposti a rigide regole, divieti e paletti. In altre parole, è in corso un processo di adultizzazione del bambino, a cui fa seguito un’infantilizzazione dell’adolescente. È la più importante emergenza educativa e formativa italiana (Lancini, 2021).

Da questo punto di vista, viene rimarcata l’importanza di responsabilizzare i ragazzi, più che accusarli di essere diventati irresponsabili: occorre puntare su modelli formativi cooptativi piuttosto che passivizzanti, fondati sul senso della responsabilità più che sul controllo e la sottomissione ad una supposta autorità adulta.

È chiaro a pochi che il funzionamento affettivo, psichico e relazionale degli adolescenti del nuovo millennio è molto diverso dal passato: non si tratta più di giovani oppositivi e trasgressivi in nome della realizzazione delle proprie esigenze e dei propri impulsi sessuali, scoraggiati durante l’infanzia, ma di giovani soggetti precocizzati, con elevate capacità relazionali, narcisisticamente fragili in quanto alla costante ricerca di successo, popolarità e bellezza (Lancini, 2021).

Sono noti a molti i significativi cambiamenti fisici, cognitivi e comportamentali, che caratterizzano l’epoca dell’adolescenza, comunemente attribuiti all’incremento ormonale che promuove lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari; il fervente sviluppo cerebrale, inoltre, innesca e sostiene la spinta all’autonomia e alla sperimentazione di sé, la creatività e la ricerca identitaria, tipici di questa fase (Lancini, 2021).

Tuttavia, spesso le fondamentali scoperte delle neuroscienze – per esempio, l’iperattivazione del sistema limbico e la mancanza di controllo emotivo da parte della corteccia prefrontale – vengono interpretate e adottate per sostenere una visione culturale stereotipata dell’adolescente, come soggetto immaturo e strutturalmente disinibito, impulsivo e incapace di porre freno alle proprie azioni, governato da un’insaziabile fame di dopamina che lo spinge a divorare qualsiasi sostanza, alcolica o psicotropa.

Pur riconoscendo l’innegabile importanza delle recenti scoperte neuroscientifiche sulle trasformazioni cerebrali in fase adolescenziale, Lancini mette in guardia dal rischio di utilizzare questi studi come modello interpretativo univoco e totalitario a spiegazione del comportamento individuale.

Infatti, ciascun essere umano è caratterizzato da un funzionamento affettivo e psichico unico, che dipende da una molteplicità di variabili, come la biografia presente e passata del soggetto. Con una perifrasi calzante relativa alla sua pratica clinica come psicoterapeuta, Lancini afferma che sia necessario ‘raggiungere l’adolescente là dove è’ (Lancini, 2021).

In altri termini, è essenziale considerare la sintomatologia adolescenziale, che si traduce spesso in una manifestazione agita, come l’espressione del dolore evolutivo dell’adolescente, una sofferenza a cui cercare di donare un senso, un significato, a partire da ciò che il ragazzo ha vissuto nella sua storia passata, ma soprattutto da ciò che sente stia accadendo in questo momento, mentre sta fronteggiando i difficili compiti evolutivi di questa complessa fase di svincolo.

A questo proposito, Lancini (2021) evidenzia il duplice valore del sintomo adolescenziale: da una parte, è funzionale alla comunicazione del proprio profondo disagio agli altri; dall’altra, è una personale forma di cura, rudimentale e disfunzionale, ma utile a lenire il dolore e la sofferenza sperimentati.

La crisi evolutiva vissuta, inesprimibile a parole, si traduce quindi in un’azione, in un comportamento drammatico, esasperato, a tratti insensato, spesso pericoloso.

Ecco alcuni degli interrogativi, clinicamente significativi, da porsi: che senso ha il dolore? Per quale motivo non si riesce a trasformarlo in parole? Che cosa rende impossibile un’espressione diversa, meno drammatica della sofferenza sperimentata dal giovane paziente? (Lancini, 2021).

Innumerevoli i luoghi comuni che circondano la figura dell’adolescente, i più ricorrenti riguardano il senso di onnipotenza e immortalità e la spinta trasgressiva.

È diffusa nell’immaginario collettivo la figura degli adolescenti come giovani impavidi di fronte alla morte, immersi in situazioni pericolose, con la credenza illusoria di essere immortali. In realtà, l’adolescenza è l’età che segna la fine dell’onnipotenza infantile, perché si è costretti a fare i conti con un dato di realtà, la morte e i propri limiti; per questo, l’adolescente ricercherebbe attivamente situazioni in cui sperimentare paura (film horror, lanci nel vuoto, giostre al lunapark), perché la paura fa parte della crescita (Lancini, 2021).

Ancora più radicato lo stereotipo del giovane ribelle, che rimanda alle contestazioni giovanili del ’68 con le quali si tentava di abbattere i dettami sociali e le rigide regole provenienti da una cultura patriarcale, sessuofobica e normativa.

Tuttavia, la ribellione, per come era concepita anni fa, è scomparsa dagli orizzonti di crescita per lasciare spazio alla delusione individuale dell’adolescente.

In passato, ci si opponeva all’adulto, accusato di aver limitato e mortificato le proprie intenzionalità e manifestazioni di sé sin dalla tenera età, e si combatteva per i propri ideali e valori, per una sessualità e un desiderio liberi, al fine di esprimere finalmente se stessi.

Adesso, gli adolescenti sperimentano profondi sentimenti di vergogna e senso d’inadeguatezza per ciò che sono diventati, rispetto agli ideali di bellezza, successo e popolarità coltivati durante l’infanzia, un senso di delusione per le aspettative disattese, proprie, genitoriali e di una società individualista, sempre più performante e competitiva (Lancini, 2021).

A questo proposito, Lancini esamina l’assunzione frequente di sostanze alcoliche e stupefacenti tra i giovani, rintracciandone una valenza diversa dal passato: non più un gesto oppositivo e trasgressivo, ma un consumo dalla funzione lenitiva e anestetica, a volte antidolorifica, che risponde a un disagio profondo dell’adolescente. Lo sballo, ricercato mediante l’uso costante di sostanze, quali l’alcool e la cannabis, costituirebbe una forma di automedicazione a cui ricorrere nel momento in cui la noia è così soverchiante da far male, l’incertezza e la sensazione di fallimento paralizzano e annientano qualsiasi possibilità di prospettiva futura.

‘È tutta colpa di Internet’ è la dichiarazione che esprime lo stereotipo difensivo per antonomasia degli adulti, un diffusissimo luogo comune che attribuisce all’uso smodato di Internet una serie di problematiche e fenomeni giovanili, come il mancato riposo a causa dell’uso notturno dello smartphone e addirittura l’aumento dei comportamenti suicidari.

Ciò testimonia la fragilità adulta, piena di contraddizioni, che tende a ignorare di essere stata lei stessa promotrice di una rivoluzione digitale e di aver imposto ai giovani di nascere e crescere online, in una società perennemente connessa. Non a caso, Lancini (2021) ricorda che ‘il consumo tecnologico nasce in famiglia e la prima spacciatrice di smartphone in Italia è la mamma’.

A questo proposito, risulta molto interessante l’analisi del fenomeno del ritiro scolastico e sociale degli hikikomori, adolescenti prevalentemente maschi, che attuano un’autoreclusione volontaria in casa, agendo una sorta di suicidio sociale proprio nel mondo in cui dovrebbero accrescere la propria rete di socialità. È insensato ricondurre la complessa dinamica alla base di questo fenomeno, nato inizialmente in Giappone ma ormai diffuso in moltissime nazioni, ad una diagnosi di dipendenza da Internet o da videogiochi. In realtà, il ritiro nasce dal tentativo di lenire un dolore insopportabile, legato a vissuti di vergogna e inadeguatezza sperimentati nel corso delle trasformazioni adolescenziali (Lancini, 2021). Ci si sente non abbastanza belli e/o all’altezza degli standard sociali, per cui ci si rifugia nell’ambiente virtuale, per mantenere un contatto con quanto accade nel mondo e usufruire di occasioni di socializzazione con i coetanei, mediante, per esempio, videogiochi online.

Internet è la difesa dei ritirati, media il dolore che sperimentano, non è la causa dell’abbandono
scolastico e del suicidio sociale scrive Lancini (2021).

Durante tutto lo scorrere del testo, Lancini propone una disamina chiara dell’attuale società massmediatica – “la società del narcisismo, dell’individualismo, della competizione, del successo a tutti i costi, dell’iperidealità, della rimozione della solitudine e del dolore” – pienamente responsabile dello sviluppo di giovani e giovanissimi, a partire dai modelli di identificazione proposti quotidianamente, dalla povertà educativa e dall’arretratezza delle offerte formative (Lancini, 2021).

Emerge con forza la necessità di una rivoluzione affettiva e relazionale da parte degli adulti, come motore profondo di un cambiamento educativo e formativo.

Il saggio si conclude con la narrazione di vari casi clinici in cui le storie dei vari Arianna, Fabrizio, Pierfrancesco, Giovanna e Telemaco si alternano, dando prova di profonde capacità riflessive, maturate nel corso della pandemia, e smontando così, per l’ultima volta, i clichés adulti.

All’interno di questo saggio, Lancini risponde in modo chiaro a quell’esigenza adulta, così diffusa in un’epoca complessa, caotica e incerta come la nostra, di un manuale d’istruzioni, rimarcando l’impossibilità e insensatezza di fornire delle direttive precise o proporre formulari specifici, senza tralasciare i profondi risvolti di ogni storia individuale e familiare, senza tradire l’unicità e specificità delle difficoltà, fatiche e sofferenze di adolescenti, giovani adulti e genitori.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Lancini, M. (2021). L’età tradita. Oltre i luoghi comuni sugli adolescenti. Raffaello Cortina Editore.

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