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La zona cieca (2017) di Chiara Gamberale – Recensione

'La zona cieca' non racconta una storia d’amore ma parla dell’amore, nella sua trasposizione poco funzionale, e sotto alcuni punti di vista disadattiva

Di Libera Reale

Pubblicato il 09 Feb. 2022

Chiara Gamberale in La zona cieca racconta la storia di due anime tormentate e profondamente invischiate nelle loro vite, da cui ognuno in qualche modo cerca di allontanarsi ma alle quali ritornano.

 

Chiara Gamberale apre un varco sulla psiche umana utilizzando un linguaggio chiaro e accessibile con pochi orpelli tecnicistici, come tale ci si aspetta da un romanzo che guarda ad un pubblico generalista ma non scevro di spunti e riflessioni specifiche.

Attraverso il suo libro, la scrittrice cerca di affrontare un tema importante e profondamente delicato della vita psichica, la non conoscenza, l’ignoto, quella parte inconscia che Freud destinava alla risoluzione dei conflitti psicopatologici, l’Inconscio e che Jung definisce Ombra (Jung, 1983).

La scrittrice entra in maniera decisa e intensa nella zona cieca dei protagonisti.

Il titolo del libro fa riferimento alla finestra di Johari, schema inventato dagli psicologi Joseph Luft e Harry Ingham. La divisione è apparentemente semplice: ci sono quattro zone, quella conosciuta, quella cieca, quella privata e quella inconscia, ossia, quello che io so di me, quello che io non so, quello che gli altri sanno di me e quello che non sanno. Incrociando ascisse e ordinate, si ottengono diverse composizioni. Una di queste, che comprende ciò che gli altri sanno di te ma tu ignori, si chiama appunto la zona cieca (Luft, 1985).

In questo romanzo la Gamberale non racconta una storia d’amore ma parla dell’amore, nella sua trasposizione poco funzionale, e sotto alcuni punti di vista disadattiva. Come disadattivo può essere un sentimento che non trasferisce all’esterno ma vive il desiderio e la passione come termine conclusivo alla ricerca esasperata di se stessi. Una ricerca che i due protagonisti, soprattutto Lorenzo, nega a se stesso ma che in realtà si rivelerà fondamentale nel prosieguo della propria esistenza.

Il libro racconta di incontri, che a mano a mano si susseguono a vario titolo nelle pagine. Ma è soprattutto l’incontro di Lorenzo e Lidia, che permea il racconto, che trascina il lettore in quegli intrecci tipici di due personalità poco funzionali i cui tratti rammentano una personalità dipendente, Lidia, protesa all’altro, accondiscendente fino ad accettarne tradimenti e svalutazione e una personalità narcisista con caratteristiche borderline, Lorenzo, ma entrambi accumunati dall’autolesività delle loro azioni.

Due anime tormentate e profondamente invischiate nelle loro vite, da cui ognuno in qualche modo cerca di allontanarsi ma alle quali ritornano in maniera inestricabile alla ricerca del riscatto o come pretesto per ricominciare.

Lidia e Lorenzo si incontrano il 29 febbraio in un luna park. Due persone all’apparenza diverse ma molto più simili di quanto la loro natura non permetta di vedere. Lidia, conduttrice radiofonica di «Sentimentalisti Anonimi», avvezza al suo dolore, Lorenzo, scrittore narcisista e inafferrabile, conoscitore della vita solo nella maniera in cui l’inganno prende il sopravvento nel rapporto con se stesso e con gli altri. Eppure il bisogno di essere amata di lei consente a Lorenzo di avvicinarsi alla sua zona cieca, cioè quella parte di noi dove ognuno è sconosciuto a se stesso. E la paura di amare di Lorenzo consente a Lidia di fare altrettanto.

Io acconsentivo, com’è nella mia natura: non tanto per sottomissione,
ma sempre per quel mio solito vizio, perché non esistessero scarti
fra il desiderio e l’azione delle persone con cui avevo a che fare (Gamberale, 2017).

Al di là di tutte le nostre differenze, l’ho capito subito che in questo eravamo uguali, noi due. Bravi ad amare solo quello di cui percepiamo la caducità.

È la comparsa di Brian che rappresenterà il punto di rottura nella narrazione. È da qui che ciascuno entrerà nella propria zona cieca, seppur in maniera differente. Il racconto di se stessi, delle verità loro malgrado diventerà il promotore di un canale che irromperà nella loro storia permettendone scelte e cambiamenti. La prospettiva di un modo differente di prendersi cura dell’altro permetterà ad entrambi di accedere ad un’immagine realista di se stessi e quindi veritiera, abbandonando l’ideale a cui la necessità di amare può condurre.

Come C.G. Jung afferma:

La figura dell’Ombra personifica tutto ciò che il soggetto non riconosce e che pur tuttavia, in maniera diretta o indiretta, instancabilmente lo perseguita: per esempio tratti del carattere poco apprezzabili o altre tendenze incompatibili (C.G. Jung, Coscienza, inconscio e individuazione,1939).

Il romanzo di Chiara Gamberale non avanza pretese scientifiche e cliniche ma ben si adatta al racconto necessario a cui ognuno tende quando l’evidenza sfugge di mano, quando il piano soggettivo deve lasciare il posto ai dati oggettivi nell’inevitabile incontro con se stessi.

L’Ombra è l’ignoto, l’Altro, il diverso, il nemico, l’osceno, il grottesco, la zona cieca, ciò che non vorremmo essere e che non viviamo consapevolmente e che incominciamo a vedere e a capire solo quando iniziamo a ignorare un po’ l’immagine ideale di noi stessi.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Gamberale, C. (2017). La zona cieca. I Narratori. Feltrinelli. 2017.
  • Jung, C. G. (1983). Psicologia dell’inconscio. Bollati Boringhieri, Torino, 1983.
  • Jung, C. G. (2013). Coscienza, inconscio e individuazione. Bollati Boringhieri, Torino,2013.
  • Luft, J. (1985). Dinamica delle relazioni interpersonali. La finestra di Johari. ISEDI, 1985.
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