Il lobo frontale rappresenta il lobo più grande del cervello ed è diviso in tre aree principali ben definite (corteccia motoria primaria, corteccia supplementare e premotoria e corteccia prefrontale) (L. Pirau et al., 2020).
Dopo un danno cerebrale alla corteccia prefrontale, varia è la natura dei disturbi della personalità acquisiti e numerose sono state le osservazioni cliniche a riguardo. Gli autori Barrash, Stuss, Aksan et al. (2018) hanno ipotizzato cinque sottotipi di disturbi acquisiti della personalità post Trauma Cranio Encefalico (TCE): esecutivi, comportamento sociale disturbato, disregolazione emotiva, ipoemotività/deenergizzazione ed angoscia. A seguito di un danno al lobo frontale, variano i processi di funzionamento più elevati del cervello, come la motivazione, la pianificazione, il comportamento sociale e la produzione del linguaggio, poiché i lobi frontali regolano le emozioni, le interazioni sociali e la personalità (L. Pirau et al., 2020). Famoso è il caso di Phineas Gage, operaio ferito da un’asta in un’esplosione ferroviaria che provocò lesioni al suo lobo frontale sinistro, causandogli drastici cambiamenti di personalità e comportamento, che vennero descritti per la prima volta da Harlow come ‘sindrome del lobo frontale‘. ‘Le lesioni nelle aree orbitofrontali classicamente causano drammatici cambiamenti nel comportamento che portano all’impulsività e alla mancanza di giudizio. Le lesioni si trovano solitamente nelle aree 10, 11, 12 e 47 di Broadmann e sono associate a una perdita di inibizione, labilità emotiva e incapacità di funzionare adeguatamente nelle interazioni sociali. Le lesioni nelle aree intorno alle aree 9 e 46 di Brodmann possono causare deficit nell’apprendimento delle regole, nella pianificazione e nella motivazione’ (L. Pirau e F. Lui; 2020).
Il lobo frontale: l’apprendimento delle regole e il cambio di attività
I pazienti con danni alla corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) hanno difficoltà ad eseguire il Wisconsin Card Sorting Task (WCST). Il WCST richiede ai pazienti di ordinare le carte in base a una regola (ad esempio, posizionare le carte in pile in base al colore, alla forma o al numero). Ad un certo punto durante l’attività, la regola viene modificata. I pazienti DLPFC spesso non sono in grado di passare a una nuova regola e continuano invece a seguire la regola originale (Milner, 1963; Shallice e Burgess, 1991). In particolare, i pazienti con danni nella PFC commettono errori casuali oltre ad errori perseveranti che possono derivare da interruzioni transitorie dell’attenzione (Barcelo e Knight, 2002). Questo comportamento perseverante in seguito al danno suggerisce che la DLPFC è importante per mantenere internamente regole comportamentali rilevanti per controllare le azioni e per passare in modo flessibile tra queste regole.
Il lobo frontale: la pianificazione e la risoluzione dei problemi
I pazienti con danno laterale sono spesso in grado di eseguire un’azione individuale che fa parte di una sequenza isolatamente, ma non sono in grado di eseguire le stesse azioni in un particolare ordine temporale. Invece, spesso omettono o perseverano sulle azioni o eseguono azioni nell’ordine errato (Duncan, 1986; Grafman, 1989). Questi pazienti spesso lottano con la pianificazione nelle situazioni della vita quotidiana, che è stata definita ‘disturbo dell’applicazione della strategia’ (Burgess, 2000). La Torre di Hanoi (TOH) e la Torre di Londra (TOL) sono due compiti tradizionalmente utilizzati per valutare la capacità di pianificare diverse mosse in anticipo per raggiungere un obiettivo (Shallice, 1982; Simon, 1975). Entrambi i compiti richiedono che i soggetti spostino dischi colorati disposti su più pioli da una posizione iniziale a una posizione finale predeterminata. I pazienti con danno PFC laterale sono molto più lenti e richiedono più movimenti quando risolvono i compiti TOH e TOL (Goel e Grafman, 1995; Manes et al., 2002; Owen et al., 1990; Shallice, 1982).
Il lobo frontale: la motivazione
Blumer e Benson (1975) hanno identificato una sindrome ‘pseudodepressiva’ che è spesso associata a danni alla DLPFC ed è caratterizzata da perdita di iniziativa e diminuita motivazione, appiattimento affettivo, manifestazione esteriore di apatia e indifferenza, ridotta produzione verbale e lentezza comportamentale (sintomi che sono clinicamente caratterizzati come abulia). I sintomi dell’abulia in seguito al danno DLPFC sono direttamente legati all’incapacità di questi pazienti di pianificare e mantenere sequenze di obiettivi e azioni. Infatti, i pazienti DLPFC spesso mostrano disprezzo per i requisiti del compito, anche se i requisiti sono compresi e ricordati, un fenomeno indicato come ‘negligenza dell’obiettivo’ (Duncan et al., 2008). La DLPFC è stata proposta come un’area all’interno di una rete, che comprende anche la corteccia motoria supplementare, la corteccia cingolata anteriore (ACC), i gangli della base e il talamo, che controlla le azioni volute (Jahanshahi e Frith, 1998). Pertanto, quando la DLPFC è danneggiata, i pazienti non hanno l’intenzione di agire.