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La violenza in un clic. Itinerari di prevenzione del cyberbullismo fra adolescenti – Roberto Sgalla e Anna Maria Giannini (a cura di) – Recensione

Nel testo 'La violenza in clic' viene affrontanto il complesso tema del cybebullismo sottolineando la necessità di un lavoro interdisciplinare

Di Elena Ritratti

Pubblicato il 10 Nov. 2021

La violenza in un clic sottolinea l’incapacità da parte dell’adolescente, ma anche, a volte, del genitore stesso, di comprendere la gravità di quel semplice clic che espone un altro soggetto, la vittima, a forme denigratorie e di disprezzo capaci di distruggerlo.

 

Nella nostra società moderna protagonista sembra essere una lotta contro il tempo, in cui i ritmi si mostrano sempre più serrati, travolgenti, quasi incapaci di concedere quella pausa così salutare per corpo e mente.

In questo turbine di eventi vivono i nostri figli, travolti completamente da un’era che li rende protagonisti ed esperti di una tecnologia che, se da un lato concede loro una serie di benefici, un tempo impensabili, dall’altro li può rendere schiavi di se stessa, dominati da un virus virtuale contro il quale non sempre si ha la capacità di produrre anticorpi, forse proprio per quella mancanza di consapevolezza e di informazione che potrebbero nascere in quelle pause ormai inesistenti.

I digital native popolano le pagine dei social, alla ricerca di una notorietà, vista da loro come metro di misura della propria identità: più like si ricevono più ci si sente affermati, in una dimensione del Sé affamata di apparenza e non di sostanza, alimentata da quell’aleatorio che solleva i piedi da terra, fomentando una nuova forma di narcisismo cosiddetto digitale che, in realtà, di solidità ha ben poco.

D’altro canto, invece, ci sono i cosiddetti digital immigrant, ovvero tutte quelle persone già adulte, che all’arrivo delle nuove tecnologie, hanno risposto in maniera più lenta e con più difficoltà e che, proprio per questo, spesso non hanno compreso e non comprendono veramente la pericolosità del viaggiare via web.

In effetti Internet, se pur strumento con infinite potenzialità, è colmo di buchi neri, in cui spesso i giovani adolescenti si ritrovano a condividere messaggi tutt’altro che positivi, intrisi di violenza e di aggressività.

Il fenomeno del Cyberbullismo è una delle forme più gravi nate da quel virus digitale inarrestabile, capace di diffondere in pochissimi secondi qualsiasi messaggio, immagine, video, anche a contenuto sessuale, con l’aggravante di rendere colui che dà inizio alle danze, completamente o in gran parte ignaro delle conseguenze di un simile gesto.

Nel volume viene sottolineata l’incapacità da parte dell’adolescente, ma anche, a volte, del genitore stesso, di comprendere la gravità di quel semplice clic che espone un altro soggetto, la vittima, a forme denigratorie e di disprezzo capaci di distruggerlo. Tra i meccanismi ricorre, senza dubbio, il disimpegno morale nel momento in cui etica e azione commessa sono discordanti: si innesca una sorta di spegnimento selettivo dei veti interni in grado di produrre comportamenti e valutazioni in completa contraddizione con la propria etica e le proprie regole, nonostante queste continuino a rimanere valide. Una sorta di black out momentaneo che giustifica azioni assolutamente contrarie alla nostra abitudine.

Ecco perché ben si evidenzia la necessità di una maggiore consapevolezza, nata dalla conoscenza e dall’informazione riguardo a fenomeni così virali come cyberbullismo e sexting, conoscenza ed informazione che hanno sicuramente raggiunto un traguardo importante con la legge n.71 del 29 maggio 2017, legge sulla prevenzione e contrasto al cyberbullismo, riconoscendo la presenza di un pericoloso fenomeno da combattere.

Nel testo si sottolinea la necessità di un lavoro interdisciplinare, oggetto di ricerca scientifica, da parte delle scuole e delle Università in collaborazione con la Polizia Postale e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità: le istituzioni in stretta unione tra loro per combattere un fenomeno così preponderante, attraverso la partecipazione attiva degli studenti, coinvolti in ricerche e chiamati a rispondere a specifici quesiti in riferimento alla comunicazione attraverso la rete, alle emozioni che scaturiscono e soprattutto alle convinzioni presenti, quando si mettono in evidenza comportamenti illeciti all’interno di uno spazio digitale.

Nel primo capitolo viene affrontata la tematica della violenza e più nello specifico della violenza in rete, sottolineandone i meccanismi psicologici che la caratterizzano. L’aggressività in rete risulta difficile da delineare e limitare proprio per la mancanza di confini dello spazio stesso in cui è protagonista, capace anche di uscire dal digitale e proseguire all’esterno, verso contatti diretti o viceversa, coinvolgendo dunque più dimensioni. Ne vengono sottolineati i meccanismi di disimpegno morale e di abbassamento della temperatura empatica, a causa della presenza dello schermo che nasconde tutto quel linguaggio non verbale di cui ben si conosce la forza comunicativa. Inoltre, pervade anche un’illusione di onnipotenza che fa sentire il soggetto capace di raggiungere chiunque e qualunque cosa, alimentando quel desiderio di rimanere connesso che lo porta a perdere il controllo perfino su sé stesso.

Nel secondo e terzo capitolo si sottolineano gli importanti aspetti giuridici e la rilevanza del cyberbullismo, riconosciuto come fenomeno da fronteggiare e da contrastare. A partire dalla legge 71/2017 viene ben documentata l’applicazione della misura dell’ammonimento da parte del Questore, art.7, “in caso di condotte di ingiuria, diffamazione, minaccia e trattamento illecito dei dati personali, commessi mediante Internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne e fino a quando non sia formalizzata querela o presentata denuncia”, che testimonia la constatazione dell’efficacia che trova strada nella sua forza dissuasiva e non punitiva. Si sottolineano l’importanza del gruppo dei pari in un periodo così complesso come quello dell’adolescenza, gruppo che esprime in toto la percezione dell’incerto e dell’incognita prodotta dalle trasformazioni fisiche e psicologiche. Purtroppo la rete estranea queste percezioni di corporeità e di soggettività che mettono in evidenza anche le proprie fragilità, ricamando dei profili costruiti ad hoc in grado di presentarsi nella loro illusorietà, senza sbavature e senza difetti. Si limita “la vertigine dell’incertezza”, ostacolando la costruzione della propria vera identità, fatta anche di aspetti meno graditi e più vulnerabili, rendendo il soggetto sempre più permaloso e incapace di tollerare frustrazioni.

Nel quarto capitolo viene esplicitato il grande impegno da parte del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità per un’azione di prevenzione e di intervento nei confronti di minorenni e giovani adulti che hanno commesso un reato online. Si cerca di delineare una risposta il più possibile individualizzata, in modo tale da non trascurare il difficile e turbolento passaggio adolescenziale, e soprattutto cercando di non trascurare il suo ambiente, costituito da famiglia, scuola e gruppo di pari.

Nel quinto capitolo si cerca di delineare il profilo di coloro che commettono reati in rete, con la consapevolezza che non sia affatto impresa facile e tenendo conto della mancata consapevolezza da parte del reo delle conseguenze della sua azione, spesso anche piuttosto gravi. Vengono presentate tre storie e tre profili di minori italiani, raccogliendo materiale fornito dagli operatori della Giustizia attraverso lo stesso Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, per far partire un’indagine dei casi entrati nel sistema penale che possa aiutare a comprendere le dinamiche che sottendono il fenomeno, puntando sull’istituto della messa alla prova con la convinzione che il reato si possa ricondurre il più delle volte ad un “temporaneo disagio non legato ad una scelta deviante e sia risolvibile proprio attraverso l’aderenza al nuovo progetto di vita”.

Nel sesto capitolo si attua una ricostruzione di alcuni studi del caso da parte del Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia Online (CNCPO) della Polizia di Stato per trascrivere le maggiori fenomenologie di reati sul web commesse da minori. Tra le caratteristiche maggiormente in rilievo si trova il disimpegno morale (Bandura, Barbaranelli, Caprara e Pastorelli, 1996a) che rende plausibili comportamenti invece così riprovevoli, scagionandoli dal pesante senso di vergogna e di colpa che potrebbero minare l’autostima del giovane che commette reato. Vengono delineate le gravi conseguenze che una simile azione può innescare nella vittima, ossia l’abbandono scolastico, fobie sociali, problematiche relazionali fino al suicidio, mettendo in evidenza la necessità di formalizzare al più presto una denuncia per reati di cyberbullismo di rilievo e la tempestività delle segnalazioni anche da chi è osservatore passivo.

Nel settimo capitolo viene esposta una delle ricerche effettuate per comprendere la percezione che ha il minore dei reati informatici, ricerca che ha preso il nome di “E tu quanto #CONDIVIDI?” e che ha coinvolto un ampio numero di studenti tra gli 11 e i 18 anni, nata dall’interazione e la collaborazione tra la facoltà di Medicina e Psicologia di Sapienza Università di Roma e L’Unità CNCPO. Si analizza a fondo il modo di rappresentare e percepire il cyberbullismo da parte dei giovani.

Nell’ottavo capitolo si esplicano i percorsi socioeducativi e di mediazione penale che possono essere intrapresi nei confronti dei minori autori di reato online. Si sottolinea la necessità di far acquisire maggiore consapevolezza del danno provocato e della necessità di mettere in atto percorsi di informazione e di educazione che promuovano progetti che aiutino i giovani a sperimentare un diverso modo di gestire il proprio tempo e a stimolare l’acquisizione di competenze e il riconoscimento di quelle che sono le potenzialità e attitudini di ognuno.

Nell’ultimo capitolo si espone l’azione di contrasto messa in atto dalle autorità competenti verso l’uso distorto delle nuove tecnologie, puntando molto sulla prevenzione attraverso una maggiore sensibilizzazione e soprattutto puntando molto sulla presenza di un team di psicologi dell’Unità di Analisi Dei Crimini Informatici per osservare e comprendere le maggiori e specifiche fragilità dei cyberbulli e delle cybervittime.

A completamento di questa analisi così approfondita del fenomeno in questione vengono inserite in appendice le linee guida Safe Web della Polizia di Stato per la protezione degli strumenti in rete, oltre che le iniziative della Polizia Postale e delle Comunicazioni in materia di sensibilizzazione ai rischi di Internet.

Un testo senza dubbio esaustivo che permette al lettore di visionare un fenomeno così attuale nella sua totalità e di comprenderne la pericolosità e la necessità di interventi sempre più mirati in collaborazione tra le istituzioni, una sinergia necessaria per poter raggiungere importanti traguardi a scapito dell’utilizzo distorto ed esasperato degli strumenti informatici.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bandura, A., Barbaranelli, C., Caprara, G.V., Pastorelli, C. (1996a). Mechanisms of moral disengagement in the exercise of moral agency. Journal of Personality and Social Psychology, 71(2), 364-374.
  • Bilotto, A., Casadei, I. (2020). Cyberbullismo e sexting. Affrontare i pericoli dei social con la psicologia positiva e il metodo antibullismo 7C. Firenze: Hogrefe Editore.
  • Sgalla, R., Giannini, A.M. (a cura di), 2018. La violenza in un click. Itinerari di prevenzione del cyberbullismo fra adolescenti. Firenze: Hogrefe Editore.
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