La seconda giovinezza della terapia di esposizione, oltre a fornire una descrizione dettagliata dei meccanismi neurali sottostanti l’estinzione, descrive la reinterpretazione cognitiva del processo di estinzione e le sue influenze sulla terapia.
Uno dei grandi meriti di questo volume, come indicato dal professore Giampaolo Robert Perna nella prefazione, è la definizione chiara e operativa del meccanismo dell’apprendimento inibitorio e la spiegazione dei vari strumenti operativi da utilizzare nella pratica clinica.
Il volume La seconda giovinezza della terapia di esposizione prende in considerazione i cambiamenti nella concettualizzazione e nella consegna della terapia di esposizione che si sono registrati negli ultimi anni. Parte dalle origini e finisce con il descrivere il nuovo modello di funzionamento dell’esposizione, secondo il quale la terapia agirebbe mediante la creazione di nuove memorie inibitorie rispetto a quelle eccitatorie di paura.
Per il nuovo modello definito di “apprendimento inibitorio”: l’esposizione non comporterebbe una vera e propria cancellazione della memoria originaria di paura, come si riteneva in passato, ma determinerebbe, invece, la formazione di una nuova memoria che interferirebbe con quella eccitatoria e con la sua espressione, una “memoria antagonista e inibitoria”.
Il volume, oltre a fornire una descrizione dettagliata dei meccanismi neurali sottostanti l’estinzione, descrive questa reinterpretazione cognitiva del processo di estinzione e le sue influenze sullo sviluppo e potenziamento della terapia.
Le principali tecniche proposte sono così divise:
- strategie per massimizzare la “formazione” dell’apprendimento inibitorio (etichettamento delle emozioni e violazione delle aspettative);
- strategie per massimizzare il “consolidamento” dell’apprendimento inibitorio (distribuzione del carico espositivo, riposo e sonno);
- strategie per massimizzare il “recupero” dell’apprendimento inibitorio (contesti multipli, spunti di recupero e umore positivo).
In sostanza, l’esposizione condotta con un approccio inibitorio è finalizzata prevalentemente a creare errori di predizione violando al massimo l’aspettativa del paziente.
Il testo prende in considerazione aspetti specifici che riguardano gli adolescenti, i bambini e la fase di assessment.
Sono riportati, inoltre, casi clinici con numerosi esempi di applicazione per una serie di disturbi.
Una sezione importante del libro è dedicata agli studi e alle ricerche sul tema.
Fino a qualche decennio fa, l’idea sulla memoria era focalizzata sui concetti di consolidamento e indelebilità dei ricordi emotivi; in altre parole la memoria, una volta formata e consolidata, veniva considerata indelebile nel cervello. Oggi, però, sappiamo che il recupero di un ricordo induce un processo di riconsolidamento, in quanto il ricordo recuperato viene reso nuovamente labile e sottoposto a un nuovo consolidamento. Proprio questa finestra di riconsolidamento offre l’opportunità di riorganizzare la memoria esistente in funzione di nuove informazioni, un aggiornamento dovuto a una mancata corrispondenza di aspettative e previsioni rispetto al ricordo originario.
Alcune strategie farmacologiche si stanno dimostrando utili nel potenziare l’apprendimento inibitorio (D-cicloserina cortisolo, la L-dopa, l’ossitocina, l’orexina, il blu di metilene, la yohimbina e la scopolamina) e, inoltre, il testo descrive anche specifiche procedure di stimolazione cerebrale applicata mediante dispositivi, recentemente sperimentate in combinazione alla terapia di esposizione: la stimolazione elettrica transcranica, la stimolazione magnetica transcranica, la stimolazione cerebrale profonda, la stimolazione del nervo vago.
Queste nuove strategie non si contrappongono a quelle classiche di abituazione, bensì possono rappresentare insieme ad esse modalità integrate per produrre l’estinzione di comportamenti disfunzionali.
La seconda giovinezza della terapia di esposizione è una lettura molto interessante per il clinico, offre spunti preziosi sulle diverse strategie e tecniche da applicare nei casi più difficili e resistenti al trattamento.