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Il panico quotidiano (2013) di Christian Frascella – Recensione

'Il panico quotidiano' è un libro interessante poiché completa con grande forza e impatto ciò che di teoria e di scienza sull'argomento viene detto altrove

Di Elena Caterina Ponzio

Pubblicato il 12 Nov. 2021

Il panico quotidiano è un romanzo ambientato a Torino che racconta di un uomo il cui equilibrio si incrina ed un disturbo da attacchi di panico travolge un’esistenza apparentemente tranquilla. 

 

In alcuni momenti ho dovuto smettere di leggere, fare una pausa, prendere fiato, spalancare la finestra e sentire l’aria fresca sulla faccia. A tratti la lucida e impietosa descrizione delle crisi mi ha trascinato con sé in un vortice angoscioso di malessere che diventava quasi qualcosa di concreto, qualcosa che si poteva toccare o sentire addosso… Questo è un romanzo, è narrativa, non è un libro scientifico o un saggio… Ma è un libro di cui è interessante parlare in questa sede perché completa con grande forza e impatto ciò che di teoria e di scienza viene detto altrove. Mi ha dato l’impressione di colorare un’illustrazione, di dare corpo e voce a sofferenze che forse a volte è difficile comprendere fino in fondo e che non tutti coloro che le provano sanno esprimere con tanta efficacia.

È un romanzo, si diceva, ed è gradevole la lettura, scorrevole, avvincente. Ma l’organizzazione del sistema psichiatrico di assistenza è riportato abbastanza fedelmente e, per chi conosce i luoghi dove è ambientato il romanzo, posso dire che rispecchia in gran parte la realtà. Ho trovato grottescamente esilarante la descrizione del Servizio per le dipendenze, la coda di utenti, la reciproca curiosità, gli sguardi bellicosi tra protagonisti di diverse avventure. Una volta (e non è il libro, è la realtà), in procinto di ricevere la visita di un dirigente, in ambulatorio ci siamo accorti che stavamo usando come portapenne un contenitore per materiale a rischio biologico!

Il protagonista non è un uomo perfetto, ma dopo aver fatto la sua conoscenza ho avuto la sensazione di tenere a lui e ho sperato per tutto il tempo che trovasse in qualche modo una soluzione per i suoi problemi.

Ho anche intensamente sperato che gli psichiatri del racconto ad un certo punto potessero trovare la frase perfetta, l’intuizione geniale, la chiave di volta, e con grande maestria operare il miracolo e sollevare il protagonista dal suo dolore tra gli applausi della folla.

Il Dr Pratesi (spoiler!!!) alla fine non ne esce tanto male! Riesce a conquistare, malgrado tutto, il rispetto del suo recalcitrante paziente e insieme costruiscono un sistema che è allo stesso tempo attribuzione di senso e tenace accettazione.

Quando è arrivata la fine del libro mi sono anche detta che vi era una lezione di realismo e umiltà: non c’è un paziente perfetto, e non c’è nemmeno un medico perfetto. Ognuno mette se stesso in gioco, fa del suo meglio e si arrovella con quello che ha. Detto questo, trovo particolarmente interessante la conclusione, dove mi è capitato di pensare che la soluzione non è risolvere un problema, ma in qualche modo accettarne la presenza, cogliere il significato dei segnali che i sintomi rappresentano, decodificarne il messaggio, per poter prender meglio la mira e scoprire dove indirizzare gli sforzi per una gloriosa modesta serenità (quotidiana!).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Frascella, C. (2013). Il panico quotidiano. Einaudi.
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