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Cosa può dirci la neuroestetica sul legame tra bellezza e movimento

Secondo un recente studio di neuroestetica, sembra che le persone con Parkinson percepiscano diversamente il movimento nelle opere d'arte astratte

Di Irene Lozzi

Pubblicato il 12 Ott. 2021

Aggiornato il 15 Ott. 2021 13:35

Neuroestetica: le arti visive offrono alle neuroscienze cognitive un’interessante opportunità di studio dei processi con cui il valore soggettivo di bellezza, intesa come piacevolezza estetica, viene costruito a partire da rappresentazioni supportate da diversi sistemi neurali.

 

 In un recente studio (2021) condotto da Humphries, Rick, Weintraub e Chatterjee presso il Penn Center for NeuroAesthetics (University of Pennsylvania), i ricercatori hanno osservato che in pazienti con morbo di Parkinson la degenerazione della funzione motoria provoca effetti anche sulla percezione del movimento nelle opere d’arte astratte, che risulta significativamente peggiore se paragonata a quella di un gruppo di controllo. Non è inappropriato parlare di movimento per le opere d’arte, poiché anche quando implicito, il nostro sistema nervoso lo elabora (ad esempio nelle pennellate di un dipinto) e lo utilizza per la valutazione estetica soggettiva.

Nel caso specifico, i ricercatori hanno esaminato l’esperienza estetica di pazienti e soggetti non patologici nella valutazione di 10 dipinti di Jackson Pollock e 10 di Piet Mondrian, utilizzando diverse categorie (come piacevolezza, bellezza, familiarità, complessità, saturazione) attraverso la somministrazione di scale Likert a 7 punti. I dipinti di Piet Mondrian, nonostante l’assenza delle pennellate, possono evocare rappresentazioni astratte del movimento piuttosto che simulazioni corporee specifiche, mediate tra gli altri dai neuroni specchio, come più probabilmente accade per la visione dei lavori di Jackson Pollock, in cui il metodo di applicazione della pittura e il numero crescente di colori sovrapposti evocherebbero sensazioni “riflesse” di movimento.

I pazienti con Parkinson hanno dimostrato preferenze stabili e internamente coerenti per l’arte astratta, ma la loro percezione del movimento nei dipinti è risultata significativamente inferiore rispetto ai soggetti di controllo in entrambe le condizioni (low-motion e high-motion art, rispettivamente Mondrian e Pollock). Questo risultato va a confermare la letteratura in merito: il sistema motorio del nostro cervello è senz’altro coinvolto nella traduzione di informazioni non rappresentative da segnali visivi statici nell’immagine in rappresentazioni di movimento, che vengono utilizzate anche per la valutazione estetico-affettiva degli stimoli.

Una ricerca precedente (Battaglia, Lisanby e Freedberg, 2011) aveva utilizzato, tra altri, l’Espulsione dal Paradiso di Michelangelo come stimolo per valutare gli effetti sul sistema motorio, indagati tramite i potenziali evocati motori (MEP) e il periodo corticale silente (CSP) con la stimolazione magnetica transcranica (TMS). L’eccitabilità cortico-motoria riferita a un particolare muscolo del braccio (extensor carpi radialis longus destro) aumenta quando i partecipanti osservano un certo movimento ritratto nel dipinto, in fotografia o immaginato, ma non quando osservano lo stesso muscolo a riposo. Gli autori attribuiscono questo fenomeno all’attività dei neuroni specchio.

 La ricerca in neuroestetica suggerisce sempre di più che l’apprezzamento estetico correla con una facilitazione percettiva e un’amplificazione sensoriale che derivano dall’interazione tra le dinamiche sensoriali del percettore e le caratteristiche del percetto. Sarasso e colleghi (2019) dell’Università degli Studi di Torino hanno indagato la relazione tra apprezzamento estetico e modulazione dei processi attenzionali, individuando una correlazione sia a livello comportamentale che a livello neurofisiologico. Ramachandran e Hirstein in passato (1999) hanno proposto che le esperienze sensoriali estetiche siano prodotte da stimoli che “attivano in modo ottimale le aree visive del cervello”, e numerosi altri autori concordano nel descrivere la percezione della bellezza come uno stato mentale in cui l’attenzione è focalizzata sulle caratteristiche percettive dello stimolo.

L’idea che la valutazione affettiva dell’esperienza estetica abbia un effetto facilitatore sull’apprendimento è dibattuta da secoli, ma recentemente, convergenze multidisciplinari hanno evidenziato un netto collegamento tra i due processi, in cui gioca un ruolo chiave anche l’inibizione dell’attività motoria. In altre parole, le emozioni legate all’esperienza estetica emergerebbero di pari passo con un’inibizione del comportamento motorio (ad esempio, con un rallentamento o riduzione al minimo delle azioni), promuovendo inoltre un miglioramento del processamento percettivo a livello delle cortecce sensoriali – e di conseguenza, dell’apprendimento. È possibile quindi che l’apprezzamento estetico rappresenti un feedback di tipo edonico relativo ai processi di apprendimento, che motiva il soggetto a inibire le routine motorie nel tentativo di acquisire ulteriore conoscenza. A conferma di ciò, lo stesso gruppo di ricerca ha individuato una forte associazione tra le esperienze estetiche e l’attivazione del sistema dopaminergico della ricompensa (Sarasso et al, 2020).

 

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