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Rotture evolutive. Psicoanalisi dei breakdown e delle soluzioni difensive (2021) di Anna Maria Nicolò – Recensione

Nel volume Rotture evolutive Anna Maria Nicolò fa delle importanti riflessioni su un periodo evolutivo particolarmente delicato e fragile, l’adolescenza

Di Elena Ritratti

Pubblicato il 27 Lug. 2021

Soprattutto ad inizio terapia, come afferma l’autrice di Rotture evolutive, è necessario lavorare sull’acquisizione e il rinforzo della fiducia del paziente, che prima si fida e poi si affida.

 

Prendendo spunto dal suo primo caso di psicoterapia, durante il periodo di specializzazione, con la supervisione del Dr. Arnaldo Novelletto, la Dr.ssa Anna Maria Nicolò, medico neuropsichiatra infantile, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association, psicoterapeuta della coppia e della famiglia, fa delle importanti riflessioni a posteriori, nate dalla sua esperienza pluridecennale, su un periodo evolutivo particolarmente delicato e fragile, ossia l’adolescenza, in cui è possibile riscontrare crisi vere e proprie che possono prendere due direzioni: da una parte un’evoluzione e un consolidamento della propria identità, dall’altra, al contrario dei crolli che i Laufer (1984) hanno definito “breakdown”.

Ma che cos’ è un breakdown evolutivo?

Una vera e propria rottura, spaccatura della realtà, che può essere dettata da un temporaneo arresto di un funzionamento fase specifico del processo evolutivo, fase che dovrebbe portare l’adolescente alla definizione di un’identità più solida e soprattutto più strutturata, che ne rappresenti la maturità.

L’adolescenza è, senza dubbio, un periodo complesso di transizione dall’infanzia all’età adulta, complesso in quanto coinvolge la persona nella sua totalità soma-psiche. La velocità nei cambiamenti è sicuramente evidente e spesso provoca un profondo senso di disagio e numerose perplessità nell’adolescente, circa lo stare al mondo, l’esserCi e l’esserCi con l’altro. Da un lato il desiderio di indipendenza e distacco dalle figure parentali, dall’altro la paura dello svincolo e il bisogno di non perdere tale legame.

Questo è il periodo della costruzione di un Io che ha bisogno di trovare la propria identità, ma tale meccanismo è certamente correlato alle esperienze precedenti, alle conquiste avvenute, alla capacità genitoriale di permettere l’evoluzione e la costruzione di un contesto che sia base sicura per la conquista del mondo esterno e, dunque, di territori a di fuori del nido primario. Solo in questa maniera è possibile l’interiorizzazione delle figure genitoriali e lo slancio verso quella che sarà la propria autonomia. Se ciò non avviene, come ben spiega la Dr.ssa Nicolò, è possibile che avvenga una momentanea interruzione nel passaggio, in quanto “in quasi tutti i casi di rotture evolutive in adolescenza le angosce relative all’identità di genere e all’orientamento sessuale sono in primo piano a causa dei processi di ristrutturazione dell’identità e della ricontrattazione edipica, tipici di questo periodo, e terrorizzano il giovane e spesso anche i genitori creando una tempesta emotiva enorme”.

Pertanto non vanno assolutamente trascurate e necessitano di un percorso analitico che non si ostini ad un’impostazione rigida e classica, ma che, al contrario, si adegui alla realtà dell’adolescente, così mutevole e sfuggente. Lo stesso setting non può che essere punto di arrivo e non di partenza, in quanto processo che dà modo al paziente, con i suoi tempi, unici e mai duplicabili, di esplorare e poi accettare quello spazio terapeutico, per poterlo internalizzare. La Dr.ssa Nicolò parla di “psicoterapia integrata” (Nicolò, Zavattini, 1992). In tale tortuoso percorso è utile e necessario indagare sul mondo fantasmatico famigliare, sull’ambiente in cui vive il paziente, condizione essenziale per poter iniziare il percorso.

A partire da casi clinici da lei trattati sia come analista sia come supervisore, l’autrice mette in discussione le classiche categorie diagnostiche, portando alla luce un punto di osservazione differente. La pratica clinica diventa la base per analizzare da una nuova prospettiva il fondamento teorico, anche con l’intento di rivederlo e rivisitarlo, sempre alla luce dell’esperienza professionale. Ogni singolo paziente ha la capacità inconscia di insegnare qualcosa al terapeuta.

La condizione patologica dei breakdown (Laufer M., Laufer E., 1986) ha radici molto profonde che riguardano conflitti psichici in riferimento al corpo e alla percezione che si ha di esso. L’adolescente può non tollerare i cambiamenti, bloccando quell’importante processo di integrazione dell’immagine che egli ha del suo corpo nella sua rappresentazione del Sé. Tali crolli, in età adulta, sarebbero considerati dei segni inequivocabili di psicosi e questo sottolinea la gravità e l’importanza del percorso analitico, senza il quale il giovane adulto rischia di precipitare nell’abisso di un mondo frammentato e angoscioso.

Dunque il corpo come filo conduttore delle spaccature evolutive, ben in evidenza in quelle nuove patologie adolescenziali come i self cutting, ma anche in disturbi alimentari come l’Anoressia Nervosa, in cui il soggetto infligge punizioni rigide e categoriche al proprio soma, con l’intento di trasformarlo in carne senza carne. Un’immagine corporea apparentemente definita che cela un’identità così fragile da rischiare il crollo. Lo stesso vale in quelle forme di transgender rappresentative di una volontà di assoluta negazione del soma e soprattutto della sessualità, un ritorno quasi all’indifferenziato, motivo di contenimento dell’angoscia provata dall’adolescente, meccanismo di difesa contro lo scompenso latente. Vi sono differenti modalità di esternalizzare come compenso dell’incapacità ad internalizzare. Tutto si complica anche per l’utilizzo spasmodico dei social, dove vige la regola che l’essere sta solo nell’accettazione dell’altro, altrimenti diventa non essere.

Punto nodale del testo è la relazione paziente-terapeuta dove fondamentale è il lavoro continuo sul transfert. Soprattutto ad inizio terapia, come afferma l’autrice, è necessario lavorare sull’acquisizione e il rinforzo della fiducia del paziente, che prima si fida e poi si affida. Da evitare le interpretazioni spesso scintilla di innesco di ulteriore angoscia per l’adolescente, incapace nel primo stadio di affrontarla, rischiando di esserne travolto. Durante l’analisi vi è la possibilità da parte del professionista di sentirsi tradito o ferito e dunque impotente di fronte ad una condizione particolarmente delicata e complessa. L’esperienza di controtransfert è continuamente da tenere sotto controllo, in quanto possibile, potente arma per prevaricare, confondere il paziente stesso che, in realtà, nel suo improvviso repentino cambiamento, ha solo la necessità di avvertire che qualcosa non funziona. L’analista non deve mai dimenticare che l’adolescente potrebbe utilizzarlo come oggetto nuovo di identificazione precedentemente non avvenuta. Ed è qui l’importanza del suo lavoro e la sua preziosa presenza come contributo di trasformazione e di riavvio della fase evolutiva sospesa, inceppata, interrotta.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Laufer, M., Laufer E. (1986). Adolescenza e breakdown evolutivo. Boringhieri: Torino
  • Nicolò, A.M. (2021). Rotture evolutive. Psicoanalisi dei breakdown e delle soluzioni difensive. Raffaello Cortina: Milano.
  • Nicolò, A.M., Zavattini, G., C. (1992). L’adolescente e il suo mondo relazionale. Teoria e tecnica psicoanalitica. La Nuova Italia Scientifica: Roma.
  • Heidegger, M. (1927). Essere e tempo. Nuova Edizione Italiana a cura di Franco Volpi sulla versione di Pietro Chiodi (2005). Longanesi: Milano.
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