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Le variazioni degli stati cognitivi ed affettivi nel Disturbo Disforico Premestruale

Processi cognitivi disadattivi come la ruminazione potrebbero giocare un ruolo nell’eziologia e nel mantenimento del Disturbo Disforico Premestruale

Di Dominique De Filippis

Pubblicato il 12 Lug. 2021

Aggiornato il 16 Lug. 2021 10:38

Il Disturbo Disforico Premestruale (Premenstrual Dysphoric Disorder; PMDD) determina un distress clinicamente significativo e una marcata compromissione del funzionamento psicosociale (Lanza di Scalea & Pearlstein, 2019).

 

Il Disturbo Disforico Premestruale (PMDD) è definito dalla presenza di almeno cinque sintomi durante la tarda fase luteale del ciclo mestruale, di cui almeno uno dei seguenti quattro sintomi affettivi: labilità emotiva, irritabilità, umore depresso o ansia (American Psychiatric Association, 2013).

Alla luce dell’elevata comorbilità e della sovrapposizione dei sintomi del Disturbo Disforico Premestruale con la depressione maggiore e i disturbi d’ansia, è stato ipotizzato che vi fossero dei fattori di vulnerabilità condivisi. Uno di questi potrebbe essere la ruminazione, definita come la tendenza ad analizzare passivamente e ripetutamente i propri problemi e le proprie preoccupazioni, senza intraprendere azioni (Nolen-Hoeksema & Watkins, 2011). Ricerche precedenti hanno mostrato che l’impiego di un pensiero ruminativo, in risposta all’umore negativo, rappresenta un fattore di rischio stabile per i disturbi mentali, specialmente per la depressione (Lyubomirsky et al., 2015).

Seguendo una prospettiva transdiagnostica, dunque, anche i processi cognitivi disadattivi come la ruminazione potrebbero giocare un ruolo nell’eziologia e nel mantenimento del Disturbo Disforico Premestruale, ma ciò non è ancora stato verificato.

Precedenti studi hanno trovato che le donne con disturbi premestruali tendono a utilizzare strategie di coping disadattive come la ruminazione (Craner et al., 2014), l’impulsività comportamentale (Petersen et al., 2016), la mancanza di accettazione delle risposte emotive (Reuveni et al., 2016) e la catastrofizzazione (Eggert et al., 2016).

Uno studio di Craner et al. (2015) ha mostrato che in risposta al decremento del tono dell’umore (Negative Affect; NA), indotto sperimentalmente, le donne con disturbi premestruali reagivano mostrando una maggior attenzione su di sé e alti livelli di ruminazione, rispetto ai controlli. Gli autori hanno ipotizzato che la tendenza ad utilizzare uno stile di coping focalizzato sulle emozioni non faccia altro che aumentare i sintomi emotivi. In accordo con quanto appena esposto, un recente studio ha mostrato come l’utilizzo di strategie di coping attivo fosse associato a un sollievo dei sintomi nel Disturbo Disforico Premestruale (Weise et al., 2019).

Attualmente, però, non sono state indagate le relazioni, momento per momento, tra le cognizioni e l’umore durante la vita quotidiana nelle donne con Disturbo Disforico Premestruale. Al fine di indagare tali fenomeni, l’inquadramento ecologico istantaneo (Ecological Momentary Assessment; EMA) potrebbe essere il metodo più appropriato. Difatti, le valutazioni in tempo reale consentirebbero di indagare la variabilità dell’umore e delle cognizioni momentanee e la loro relazione temporale (Trull & Ebner- Priemer, 2013).

È bene sottolineare che esiste una crescente letteratura sull’EMA che esamina gli effetti dei processi cognitivi momentanei sull’umore e viceversa, in altre popolazioni cliniche. Per esempio, la ruminazione momentanea ha predetto i successivi livelli di NA (Negative Affect) in campioni clinici (Kircanski et al., 2018). La NA è stata a sua volta seguita da un aumento dei livelli di ruminazione, suggerendo una relazione reciproca tra queste due variabili. Inoltre, gli effetti dei processi cognitivi momentanei sulle emozioni positive sono stati documentati nel contesto della mindfulness. Un recente studio di Timm e colleghi (2018) ha dimostrato che il training di mindfulness ha portato a un miglioramento dell’umore positivo (Positive Affect; PA) e dell’accettazione di sé in pazienti depressi.

A seguito di queste scoperte, ruminazione e NA, così come auto-accettazione e PA, sembrano essere strettamente legati nella vita quotidiana. Data la forte componente affettiva presente nel Disturbo Disforico Premestruale, appare rilevante indagare l’influenza dei processi cognitivi sull’umore. Basandosi sulla letteratura esistente, Beddig e colleghi (2020) hanno reclutato 122 donne, proponendosi di esplorare le variazioni degli stati affettivi e cognitivi, legate al ciclo mestruale, durante la vita quotidiana e di esaminare le associazioni temporali tra questi stati in donne con PMDD e controlli sani.

I dati EMA hanno mostrato che le donne con PMDD manifestano un considerevole deterioramento dell’umore durante la fase luteale del ciclo mestruale. Inoltre, esse hanno al contempo riportato i più alti livelli di ruminazione e i più bassi livelli di auto-accettazione durante la suddetta fase mestruale. Al contrario, i controlli non hanno mostrato alcuna variazione ciclo-dipendente né a livello dell’umore e né delle cognizioni.

Inoltre, si è visto come nella tarda fase luteale le donne con Disturbo Disforico Premestruale hanno reagito agli alti livelli di ruminazione con un aumento dei livelli di NA. Pertanto, la ruminazione sembra avere un particolare effetto sull’umore verso la fine del ciclo in queste donne. Concentrandosi sulle cognizioni di stato, il presente studio ha mostrato che, in risposta a stati negativi, le donne con Disturbo Disforico Premestruale tendono a ruminare più frequentemente dei controlli sani.

Inoltre, i livelli momentanei di bassa auto-accettazione hanno portato a una maggiore diminuzione della PA (Positive Affect) e viceversa nelle donne con Disturbo Disforico Premestruale rispetto ai controlli. Queste osservazioni indicano inoltre una maggiore sensibilità delle donne affette da Disturbo Disforico Premestruale agli effetti dei pensieri negativi o della mancanza di pensieri positivi di auto-accettazione.

In generale, i risultati rafforzano le ricerche precedenti che evidenziano il ruolo dei fattori psicologici nei disturbi premestruali (Craner, Sigmon, & Young, 2016; Weise et al., 2019).

I risultati dello studio potrebbero essere rilevanti per le prospettive terapeutiche del Disturbo Disforico Premestruale. Difatti, lo studio ha rivelato che le donne con PMDD sembrano essere più inclini a utilizzare la ruminazione come una strategia di regolazione emotiva, durante le fasi del ciclo ma, al contempo, alti livelli di ruminazione sembrano innescare il deterioramento dell’umore, in particolare nella tarda fase luteale. Va da sé che la ruminazione potrebbe rappresentare un potenziale obiettivo terapeutico per ridurre il peso del PMDD.

A tal proposito, gli interventi basati sulla mindfulness sembrano essere promettenti (Petersen et al., 2016). Difatti, studi effettuati su differenti campioni clinici (Timm et al., 2018) hanno mostrato che il training mindfulness riduceva i pensieri negativi e migliorava quelli positivi, nonché l’umore.

In parallelo, uno studio ha esaminato gli effetti della terapia cognitivo-comportamentale online per il Disturbo Disforico Premestruale ed ha dimostrato che l’utilizzo di strategie di coping attivo, nella gestione dei sintomi premestruali, mostrava migliori risultati, sottolineando così l’importanza di intervenire sulle suddette strategie nel trattamento delle donne affette da Disturbo Disforico Premestruale (Weise et al., 2019), affinché la qualità di vita di queste pazienti possa essere migliorata.

 

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