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Schizofrenia e attività fisica

Quali effetti ha l'attività fisica sulla cognizione globale, la cognizione sociale, la memoria di lavoro e l'attenzione delle persone con schizofrenia?

Di Viola Vigani

Pubblicato il 30 Giu. 2021

Lo scopo del presente articolo è l’esplorazione di una modalità di potenziamento, a basso costo, dell’attività cognitiva delle persone con schizofrenia che agisce sul volume ippocampale, cioè l’attività fisica.

 

 La schizofrenia è una patologia grave e cronica che compromette il funzionamento della persona in ambito lavorativo, delle relazioni interpersonali e della cura del sé.

È caratterizzata da sintomi positivi quali i deliri, le allucinazioni, la disorganizzazione del pensiero ed il comportamento bizzarro o disorganizzato. I sintomi negativi compaiono nella fase prodromica della malattia e sono: l’apatia, l’appiattimento affettivo, il deficit nella produttività e fluidità dell’eloquio, la perdita d’iniziativa, la povertà ideativa, la difficoltà a mantenere l’attenzione e la compromissione dei rapporti interpersonali, del funzionamento sociale e lavorativo.

La schizofrenia ha un CoI (Cost of Illness – costo della malattia) elevato, costituito dai costi indiretti, inerenti alla perdita di produttività dei pazienti e delle loro famiglie, e dai costi diretti di trattamento. Questi comprendono la residenzialità, cioè l’ospedalizzazione nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), in strutture pubbliche (comunità terapeutiche, appartamenti protetti) o private. Inoltre le persone con schizofrenia vengono assistite dai Centri di Salute Mentale e possono afferire ai Centri Diurni. I costi diretti di trattamento riguardano anche la farmacoterapia, trattamento d’elezione la cui efficacia aumenta se combinata ad altri tipi di trattamento.

In termini di recovery è importante utilizzare ogni risorsa disponibile per arginare le limitazioni dovute alla schizofrenia.

La psicoeducazione, consiste nel fornire al paziente informazioni relative al disturbo (come i sintomi, il decorso, l’utilizzo della farmacoterapia) in modo da aiutarlo a gestire la sintomatologia.

Il trattamento cognitivo comportamentale è focalizzato sui sintomi positivi della schizofrenia, ed ha come obiettivi il loro riconoscimento mediante psicoeducazione, il distanziamento critico e la gestione dei sintomi, attraverso la formulazione di ipotesi alternative, l’utilizzo di strategie che consentono di padroneggiare i sintomi e l’incremento delle abilità sociali attraverso social skills training.

Inoltre la Cognitive Remediation Therapy (CRT) è finalizzata a implementare le funzioni esecutive, l’attenzione e la memoria mediante un programma di training cognitivo.

Scopo del presente articolo è l’esplorazione di una modalità di potenziamento, a basso costo, dell’attività cognitiva delle persone con schizofrenia aumentando il volume ippocampale, cioè l’attività fisica.

La conoscenza delle basi biologiche che determinano i sintomi consentono anche di conoscere le risposte ai trattamenti e le modalità da impiegare per il potenziamento della cognizione.

I terminali sinaptici sono diversi: è stata utilizzata l’immunocitochimica per studiare le proteine ​​presinaptiche complexin II – complexin I, le quali sono risultate inferiori nell’ippocampo di persone con schizofrenia (Sawada, Barr et al., 2005).

Un altro studio sull’attività ippocampale (Tregellas, Smucny, Harris, et al., 2014) ha indagato la diminuzione della memoria, delle funzioni linguistiche, della velocità di elaborazione e dell’attenzione, mediante MATRICS Consensus Cognitive Battery (MCCB), in un gruppo di 28 pazienti schizofrenici confrontati con un gruppo di controllo. È stato utilizzato lo scanner per la risonanza magnetica con campo elevato (3T) e l’attività dell’ippocampo destro è risultata essere due volte più elevata nei pazienti schizofrenici rispetto al gruppo di controllo.

Infatti è stato dimostrato che la neurogenesi, cioè la capacità del cervello di produrre nuovi neuroni, può avvenire anche in età adulta (Fernández, Pedraza & Gallo, 2013) e determinare miglioramenti delle funzioni cognitive anche se compromesse, pertanto è necessario comprendere come aumentare la neurogenesi e di conseguenza le prestazioni cognitive.

 La neurogenesi e le prestazioni cognitive sono correlate ad un aumento di BDNF, che è il fattore di crescita più abbondante nel cervello umano e viene stimolato dall’esercizio aerobico. Il fatto che la concentrazione di BDNF in pazienti schizofrenici sia risultata ridotta in diverse aree cerebrali, quali la corteccia dorsolaterale e frontale (Weickert, Hyde, Lipska et all., 2003; Toyooka, Asama, Watanabe et al.,2002) sta portando i ricercatori ad indagare i benefici neurocognitivi dell’esercizio fisico, dato che vi sono studi secondo cui il BDNF risulta essere un mediatore dei miglioramenti cognitivi dovuti all’esercizio fisico in pazienti con schizofrenia.

A tal proposito è stata condotta una meta-analisi (Firth, Stubbs, Rosenbaum, et al., 2017), su dieci studi con 385 partecipanti, per rilevare gli effetti dello sforzo fisico sul funzionamento cognitivo nelle persone con schizofrenia. Di questi la maggioranza ha utilizzato interventi che prevedevano esercizio aerobico.

I risultati evinti suggeriscono che l’esercizio migliora notevolmente la cognizione globale delle persone con schizofrenia rispetto al gruppo di controllo, (p = 0.065) soprattutto se associato ad una maggiore durata settimanale dell’esercizio; nello specifico i cambiamenti riguardano la cognizione sociale (g = 0.71), la memoria di lavoro (g = 0.39) e l’attenzione (g = 0.66).

Inoltre la supervisione da parte di professionisti dell’attività fisica e livelli più alti di esercizio settimanale promuoverebbero i benefici cognitivi dell’esercizio.

Un RCT (Cassilhas, Attux, Cordeiro, et al., 2015) ha indagato gli effetti di un protocollo di allenamento di 20 settimane sui sintomi della schizofrenia. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale ad uno dei tre gruppi differenziati per il carico degli esercizi: il gruppo di controllo (CTRL n. 13) svolgeva esercizi con un carico minimo (es. bassa velocità di tapis roulant, 4km/h, due serie di 15 ripetizioni con un minuto di riposo); il gruppo di resistenza (RESEX n. 12) seguiva un programma di allenamento di resistenza progressiva rivolto alle diverse fasce muscolari; mentre i pazienti del gruppo CONCEX (n. 9) praticavano sia esercizi di resistenza che di forza.

Sono state rilevate differenze significative a 10 settimane dall’inizio dell’intervento e post- (20 settimane) alla scala PANSS (usata per valutare la gravità dei sintomi positivi e negativi). Nello specifico nei gruppi RESEX e CONCEX, i sintomi della malattia sono migliorati dopo 10 settimane (RESEX; p = 0.002; CONCEX; p = 0.026) e 20 settimane (RESEX; p <0.001; CONCEX: p = 0.003), mentre nel gruppo CTRL, sono rimasti stabili. Inoltre nel gruppo RESEX i sintomi negativi sono migliorati dopo 10 settimane (p = 0.001) e dopo 20 settimane (p = 0.002).

Altri cambiamenti significativi concernono il punteggio al questionario SF-36 sulla qualità della vita, il quale esamina il funzionamento fisico e le limitazioni dovute allo stato di salute. Dopo 20 settimane di intervento, il gruppo RESEX  e il gruppo CONCEX  sono migliorati rispetto all’inizio dell’intervento (rispettivamente p = 0.011 e p = 0.014).

Questi risultati confermano diversi studi, tra cui un RCT (Scheewe, Backx, Takken, et al., 2013) in cui sessantatré pazienti con schizofrenia sono stati assegnati in modo casuale ad un protocollo di allenamento (n. = 31) o ad una terapia occupazionale (n. = 32). Il protocollo di allenamento era costituito da esercizi di resistenza rivolti a diversi gruppi muscolari a settimana, le sessioni avevano la durata di 1 ora e si sono svolte due volte a settimana per 6 mesi. Al termine si è evinto che la terapia fisica ha ridotto i sintomi di schizofrenia (p = 0.001) misurati dalla scala PANSS, la depressione (p = 0.012), misurata mediante la scala di valutazione della depressione di Montgomery e Åsberg, il bisogno di cure (p = 0.050), individuato attraverso la valutazione dei bisogni di Camberwell, e l’aumento della forma cardiovascolare (p <0.001), misurato mediante l’indice di massa corporea, la percentuale di grasso corporeo e la sindrome metabolica (MetS), rispetto alla terapia occupazionale.

In un RCT (Pajonk, Wobrock, Gruber, et al., 2010) sono stati confrontati pazienti maschi che hanno fatto allenamento aerobico, ciclismo, (n. 8) o calcio balilla (n. 8) con un gruppo di controllo che ha svolto esercizio aerobico (n. 8) per un periodo di 3 mesi.

Dalla risonanza magnetica è risultato che il volume dell’ippocampo è aumentato in modo significativo sia nei pazienti attivi (12%) che nel gruppo di controllo (16%), invece il gruppo di pazienti che ha praticato calcio balilla non ha subito variazioni. Benché la gravità dei sintomi totali della schizofrenia, misurata dalla scala PANSS, si sia ridotta nel gruppo che ha svolto esercizi, e sia aumentata nell’altro, non sono emerse correlazioni tra il cambiamento dei punteggi e le variazioni del volume dell’ippocampo, che invece sono correlate con il miglioramento dei punteggi ai test per la memoria a breve termine (test di Corsi e test di Rey).

Questi risultati indicano che sia nei soggetti parte del campione di controllo, sia nelle persone con schizofrenia, il volume dell’ippocampo cambia in risposta all’esercizio aerobico svolto.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cassilhas, R.,C., Attux, C., Cordeiro, Q., et al. (2015). A 20-week program of resistance or concurrent exercise improves symptoms of schizophrenia: results of a blind, randomized controlled trial. Revista Brasileira de Psiquiatria.
  • Fernández, R., D., M., Pedraza C., Gallo, M., (2013). Neurogénesis hipocampal adulta y envejecimiento cognitivo, Escritos de Psicología / Psychological Writings; 6(3):14-24.
  • Firth, J., Stubbs, B., Rosenbaum, S., Vancampfort, D., Malchow, B., Schuch, F., Elliott, R., Nuechterlein, K., H.,Yung, A., R., (2017). Aerobic Exercise Improves Cognitive Functioning in People With Schizophrenia: A Systematic Review and Meta-Analysis. Schizophrenia Bulletin vol. 43 no. 3 pp. 546–556.
  • Pajonk, F., G., Wobrock, T., Gruber, O., Scherk, H., Berner, D., Kaizl, I., Kierer, A., Müller, S., Oest, M., Meyer, T., Backens, M., Schneider-Axmann T., Thornton A., E., Honer, W., G., Falkai, P., (2010). Hippocampal Plasticity in Response to Exercise in Schizophrenia Arch Gen Psychiatry;67(2):133-43.
  • Sawada, K., Barr, A., M., Nakamura, M., Kunimasa, A., Young C., E., Andrew J., Falkaj P., Phillips, A., G., Honer W., J., (2015). Hippocampal Complexin Proteins and Cognitive Dysfunction in Schizophrenia, Arch Gen Psychiatry. 62(3):263-272.
  • Scheewe , T., W.,  Backx, F., J., G.,  Takken, T.,  Jörg, F., Van Strater, A., C., P.,  Kroes, A., G., Kahn, R., S., Cahn W., (2013). Exercise therapy improves mental and physical health in schizophrenia: a randomised controlled trial. Acta Psychiatr Scand; 127(6):464-73.
  • Tregellas, J.,R., Smucny, J., Harris, J., G., Olincy, A., Maharajh, K., Kronberg, E., Eichman, L., C., Lyons, E., Freedman, R., (2014). Intrinsic hippocampal activity as a biomarker for cognition and symptoms in schizophrenia. Am J Psychiatry. 1;171(5):549-56.
  • Toyooka K., Asama K., Watanabe Y., Muratake T., Takahashi M., Someya T., et al. (2002). Decreased levels of brain-derived neurotrophic factor in serum of chronic schizophrenic patients. Psychiatry Res; 110:249-57.
  • Weickert C., S., Hyde T., M., Lipska B., K., Herman M., M., Weinberger D., R., Kleinman J., E., (2003). Reduced brain-derived neurotrophic factor in prefrontal cortex of patients with schizophrenia. Mol Psychiatry;8:592-610.
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