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Schermare

In tempo di covid come ovviare al problema delle distanze contrapposto al forte desiderio di socialità? La risposta risiede in uno schermo.

Di Elena Ritratti

Pubblicato il 18 Mag. 2021

Con la pandemia la tecnologia ha assunto un ruolo fondamentale nelle nostre vite, ma, a lungo andare, come accade nell’assunzione di droghe, più si fa uso di questa tecnologia, più se ne rimane assuefatti, più la si cerca in quantità sempre maggiori, in un circolo vizioso che ha un’unica conseguenza: l’isolamento.

 

 Quel Mostro invisibile che proprio per questa ragione diventa un mostro spaventoso, ha invaso l’intero mondo da ormai oltre un anno. L’invasione è evidente, perché questo Mostro orribile non permette più all’uomo di avere spazi di vita sociale a cui è predisposto in maniera del tutto innata da sempre, dalle origini della sua esistenza. Ogni singolo centimetro del nostro relazionarsi è occupato da una macchia vischiosa che si allarga vertiginosamente, ogni singolo centimetro è intoccabile, impossibile da perlustrare, anche per i più temerari, perché il toccarlo permette solamente all’Invasore di acquisire forza e ulteriore spazio. È invisibile e, dunque, anche privo di forma e tutto questo rende il suo essere mostruoso ancora più inquietante. Una forma, per quanto possa essere raccapricciante, evidenzia la sua esistenza, il suo peso e dunque anche la sua definizione e possibilità di contenimento. Ed è proprio vero: quello che non riusciamo a delineare fa paura, crea il panico, il caos, perché ci rende impotenti.

L’uomo, essere sociale, è limitato dal suo potersi relazionare se non con un pezzo di stoffa o con uno strato di materiali idrorepellenti sul viso, quella mascherina che, soprattutto nella nostra cultura occidentale, si è sempre associata all’immagine di sala operatoria, di ospedale, di malattia, anche di morte. Un pezzo di tessuto che nasconde tutta quella fondamentale comunicazione non verbale su cui autori esperti nei campi più disparati, dalla sociologia, alla psicologia, alla scienza politica hanno dato e continuano a dare preziosi contributi in letteratura. Le parole possono essere ingannevoli, ma la comunicazione corporea non lo può fare, perché incapace di tradire il nostro mondo interiore e, aggiungerei, per fortuna. E pensando alla mascherina, mi rendo conto che il significato attribuito potrebbe essere diverso e mutevole per ogni singola persona: un disagio per chi è abituato a proiettarsi verso l’esterno, un alleato, invece, per chi ha bisogno di nascondersi.

L’uomo, però, si distingue per la sua straordinaria capacità di adattamento che ricollego sempre alla meravigliosa plasticità di quella sostanza gelatinosa, rosea, di circa 1350 grammi, in grado di attuare cambiamenti interni a sé stessa, in quella via Lattea infinita, ma anche esterni, in un reciproco scambio che non smette di influenzare e influenzarsi. E, dunque, come ovviare al problema delle distanze contrapposto al forte desiderio di socialità, che non è solo svago, ma anche lavoro, quotidiano, vita: ecco qui uno SCHERMO.

 Abbiamo modo di non rimanere isolati e di non fermare tutto il nostro operato attraverso lo schermo che ci permette di lavorare, che ci permette di continuare i nostri tirocini, che ci permette di svagarci, condividendo momenti di vita. Addirittura quello schermo, a cui mai ho pensato fino ad ora, ci permette di fare una cosa straordinaria: comunicare senza quel pezzo di tessuto sul viso, sentirci liberi di essere, dimenticandoci almeno per un po’ del distanziamento, del gel disinfettante, della paura di ridere o perfino di starnutire. Lo Schermo come nostro alleato? Ma l’etimologia stessa non porta certo a pensieri rassicuranti: derivazione di schermire dal germanico skirmjan che significa proteggere, fare da scudo. Togliamo la mascherina, ma continuiamo a difenderci, la nostra innata propensione verso il mondo esterno è nuovamente bloccata, ma non lo percepiamo consciamente, mentre entra in atto un processo di abituazione che inconsapevolmente ci porta verso un’introversione pericolosa. Quanti bambini preferiscono rimanere chiusi in casa, anche se un genitore chiede loro di uscire dopo la DAD, quanti adolescenti rimangono inaspettatamente dentro le mura domestiche e comunicano “in tutta sicurezza” schermati dal video dei propri smartphone, tablet, pc portatili. Certo una benedizione la tecnologia, ma, a lungo andare, come accade nell’assunzione di droghe, più si fa uso di questa tecnologia, più se ne rimane assuefatti, più la si cerca in quantità sempre maggiori, in un circolo vizioso che ha un’unica conseguenza: l’isolamento.

Dunque questo Mostro invisibile, spaventoso, informe, vischioso ha fatto davvero una strage: non solo tanti malati e tanti morti, ma anche tanti isolati, diffidenti, introversi. Tanti isolati, diffidenti, introversi che quotidianamente vanno contro la loro stessa natura di essere sociale, diventando un tutt’uno con la propria mascherina, con il gel per le mani, con lo schermo, gli unici strumenti che permettono loro di delineare, delimitare, contenere, in una situazione, invece, impossibile da definire.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Eagleman, D. (2011). In incognito. La vita segreta della mente. Mondadori: Milano
  • Treccani, G. Spa, Il vocabolario on line. Istituto della Enciclopedia Italiana: Roma
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