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L’influenza della leadership nel processo di crisis management nel settore shipping

Sembra che lo stile di leadership determini ed influenzi la risposta proattiva del team all’evento di crisi, migliorando il processo di Crisis Management.

Di Chiara D`Agnese

Pubblicato il 18 Mag. 2021

Nelle ultime settimane è divenuta nota la vicenda della nave mercantile “EverGiven”, rimasta incagliata nel canale di Suez. Un evento di tale portata, attiva ciò che viene definito Crisis Management, cioè il processo attraverso cui l’organizzazione affronta un evento imprevisto che minaccia di compromettere l’organizzazione ed i suoi stakeholder.

 

 Una crisi è un evento straordinario, improvviso, non comune che potrebbe generare stress nei soggetti coinvolti, in quanto include esperienze di minaccia o di perdita di persone, oggetti o valori importanti per un individuo o l’intero gruppo. Gli individui hanno la sensazione di non poter superare la crisi da soli, utilizzando i consueti meccanismi di coping. Riassumendo, la crisi si caratterizza per 4 elementi:

  • La minaccia per l’organizzazione
  • L’elemento sorpresa, in quanto si tratta di un evento imprevisto
  • Breve tempo decisionale
  • Necessità di cambiamento

Nel settore shipping, la crisi può essere causata da potenziali eventi traumatici quali episodi di pirateria, incidenti gravi come collisioni o disastri ecologici. Le statistiche affermano che l’80% degli incidenti marittimi è causato da fattori umani. Negli ultimi anni si è posto sempre più l’attenzione sulla gestione ottimale delle crisi, per cui sono state introdotte dall’IMO, Convenzioni Internazionali quali la SOLAS (Safety of life at Sea), la MARPOL (Convenzione Internazionale per la prevenzione dell’Inquinamento causato da Navi) che prevedono l’utilizzo di procedure standardizzate, esercitazioni periodiche, compilazione di check-list e piani di emergenza. Quest’ultimi migliorano le abilità di teamwork dell’intero equipaggio, aumentano il livello di fiducia in sé stessi nel poter affrontare una situazione imprevista, permettono di acquisire familiarità con i potenziali eventi di crisi in quanto “sapere cosa fare” li aiuta a focalizzarsi e rispondere, sia a livello cognitivo che comportamentale, a tali eventi con prontezza ed efficienza. Inoltre la consapevolezza di essere competenti per fronteggiare un evento straordinario, riduce i livelli di stress, che se elevati, impattano negativamente sul processo decisionale del soggetto, in particolar modo sulla sua capacità di prendere decisioni chiare e lucide, in un momento di emergenza e forte pressione psicologica, e sulle abilità psicofisiche, tra cui la velocità dei tempi di reazione, la coordinazione, il mantenimento di adeguati livelli di allerta e performance, prerequisiti fondamentali per la sicurezza della nave. Oltre alle azioni preventive elencate, esiste un’altra variabile che influisce sulla qualità della risposta del team alla situazione di emergenza, cioè la leadership.

Secondo le più recenti definizioni, la leadership è quel processo di interazione interpersonale, attraverso cui la performance e le caratteristiche di personalità di un individuo, influenzano ed incoraggiano i comportamenti dei membri del team al fine di raggiungere un obiettivo organizzativo comune (Liang and Wei, 2015). La leadership può essere considerata anche come quel processo necessario per attrarre i membri del team, i quali sono completamente e volontariamente impegnati in una nuova e sostenibile direzione di azione, al fine di raggiungere gli obiettivi comuni, condividendo valori comuni (Yates M., 2018)

Affinché il costrutto di leadership venga considerato una skill efficace all’interno dell’organizzazione, non si esaurisce al solo raggiungimento degli obiettivi aziendali, ma deve comprendere altre dimensioni, le quali producono un effetto positivo o negativo sul funzionamento del gruppo e sul clima generale. Huang et al. (2016), individuano tre dimensioni:

  1. Lo stile di leadership: si intende la modalità attraverso cui il comportamento di leadership viene espresso. Si riferisce anche al grado di democrazia adottato, riguarda la trasparenza relazionale, caratterizzata da modalità comunicative assertive e prive di aggressività passiva, la capacità di comprendere gli interessi e le esigenze dei dipendenti, di stabilire relazioni armoniose tra i membri del gruppo, incoraggiando la cooperazione, di stimolare il gruppo a decidere sulle questioni di ordine generale, di esplicitare chiaramente e concretamente i propri criteri di valutazione.
  2. Autorità Professionale: con questa non si intende solo la posizione ed il potere che detiene il leader ed il grado di subordinazione dei membri del gruppo a questo, ma il grado di fiducia, stima, che un professionista, grazie a doti, formazione, qualità o meriti, acquisisce in un campo di attività, infondendo così nel team un senso di sicurezza.   Borgersen, Hystad, Larsson e Eid (2014) hanno evidenziato una correlazione tra leadership autentica e lo sviluppo di un adeguato safety climate, inteso come l’ambiente psicologico costituito dall’insieme delle percezioni dei lavoratori sul modo in cui l’organizzazione gestisce e dà priorità alla sicurezza. Viene considerata anche la capacità di restare fedele alle proprie decisioni, nonostante i pareri contrari, ma al tempo stesso creare un clima in cui i dipendenti si sentano incoraggiati ad esprimere le proprie opinioni, favorendo la comprensione dei punti di vista altrui e di agire, prendere decisioni e adottare politiche aziendali che siano in linea con i propri valori etici e morali.
  3. Tecniche di consueling: oltre all’orientamento al lavoro, un leader dovrebbe porre il suo focus sulla salute fisica e mentale del proprio team, ponendo attenzione alle differenze individuali di ciascun membro, considerando le loro risorse e favorendo la costruzione di un clima positivo il quale accrescere nei dipendenti la consapevolezza e l’importanza di adottare dei comportamenti sicuri (Zohar, 2008). Inoltre, più un individuo percepirà in modo rassicurante, accogliente e positivo il clima aziendale, tanto più svilupperà un senso di appartenenza ed impegno al lavoro, in quanto si sentirà parte attiva del processo lavorativo.

La struttura delle relazioni lavorative a bordo è perlopiù caratterizzata da un sistema gerarchico e multiculturale, infatti talvolta gli ufficiali subordinati devono seguire i consigli o gli ordini dei propri superiori, nonostante non siano completamente d’accordo con questi, creando dei conflitti di valori. L’equipaggio è caratterizzato da multi nazionalità e multiculturalità, che talvolta, se non gestite adeguatamente, possono creare difficoltà di comunicazione all’interno del team per via dell’utilizzo di lingue differenti, ma anche per le eccessive differenze nel background culturale e religioso, le quali possono aumentare gli stereotipi e i pregiudizi culturali, innescando dei conflitti. Tuttavia un ambiente multiculturale non è sempre fonte di conflitti, infatti è stato osservato che equipaggi multinazionali possono operare con estremo successo, purché si verifichino alcune condizioni tra cui alti livelli di fluidità nella lingua utilizzata in ambito lavorativo dagli ufficiali, politiche aziendali che promuovono attività sociali e ricreazionali che coinvolgano tutti i membri del gruppo, minimizzare la circolazione di materiale potenzialmente offensivo che rinforza gli stereotipi e i pregiudizi culturali (Oldenburg, Baur, and Schlaich, 2010). La gestione dei conflitti è fondamentale per la costruzione di un team, definito come l’insieme di due o più persone che eseguono compiti altamente interdipendenti, basati su competenze distribuite e responsabilità chiaramente assegnate. Tali team lavorano in un ambiente dinamico, condividono valori ed obiettivi comuni, quali ad esempio garantire la sicurezza della nave. La complessità del lavoro a bordo sottolinea l’importanza di costruire un team in cui i membri devono integrare, sintetizzare e condividere informazioni, ed attivare un processo coordinato che combina le risorse cognitive, motivazionali\ affettivo e comportamentali di ciascun individuo, al fine di cooperare per portare a termine con successo i tasks. Affinché il team cooperi proattivamente ed efficacemente, è necessaria la presenza di un leader che coordini e guidi le operazioni.

Tradizionalmente esistono due tipi di leadership, i quali differenziano i leader che danno ordini e che si aspettano che le attività vengano completate e che le linee guida e le istruzioni fornite siano seguite, dai i leader che, oltre a fare ciò, mostrano una visione più ampia e flessibile, sono disposti ad ascoltare attivamente ogni singolo membro del team, considerandone le risorse e potenzialità

La prima tipologia di leadership, definita transazionale, si basa su uno scambio tra leader e “follower”, che lascia presupporre un’autorità indiscussa e riposta in una delle due parti e l’impossibilità di creare una condivisione (La Verghetta, 2017). L’enfasi è posta sull’autorità ed il potere, al fine di raggiungere gli obiettivi finali che consistono nella pianificazione e l’esecuzione di un compito di lavoro definito. Secondo questa prospettiva il leader, determinato dall’autorità, dal potere e dalla fiducia in sé stesso, premia ogni attività completata con successo e punisce le attività eseguite senza successo, non richiede contributi aggiuntivi ai subordinati, ma soddisfa esclusivamente i requisiti formali del lavoro, il che si traduce nella demotivazione dei dipendenti. Tuttavia questa tipologia di leadership non considera alcuni aspetti relazionali e motivazionali fondamentali per sostenere l’impegno dei dipendenti all’interno dell’organizzazione quali l’empatia, la promozione e l’identificazione con i valori dell’azienda affinché i membri sviluppino un senso di appartenenza a questa e si sentano parte attiva del processo di realizzazione del progetto comune, il riconoscimento delle proprie potenzialità, risorse, la promozione di un clima di supporto in cui tutti si sentano ascoltati attivamente nei propri bisogni (La Verghetta, 2017). Quest’ultimi elementi caratterizzano la leadership trasformazionale, la quale aumenta la consapevolezza dei subordinati dell’importanza e del valore di obiettivi determinati e stabiliti, la cooperazione e la proattività.

Storicamente, nel passato le navi sono state dominate dalla leadership transazionale. Oggi, anche se non con poche difficoltà, l’enfasi è rivolta ad una leadership trasformazionale.  La letteratura esistente concorda sul fatto che la leadership più funzionale alla gestione della crisi è quella transazionale, in quanto richiede una chiara dimostrazione di autorità, determinazione e fiducia in sé stessi. Tuttavia affinché i membri del team integrino, sintetizzino e condividano le informazioni per attivare un processo coordinato al fine di portare a termine con successo i tasks, sono necessari elementi della leadership trasformazionale, quali una buona comunicazione assertiva, lo sviluppo della fiducia dei membri del team, incentivando così la cooperazione e la proattività.

Un buon “Bridge Resource Management” è fondamentale per la gestione della crisi, in quanto è stato evidenziato che un leader che agisce da solo ha una possibilità del 23% di commettere errori. Agendo all’interno del Bridge Team, considerando la loro esperienza, conoscenza e la loro consapevolezza della situazione, l’area di rischio si riduce al 10% (Polic’, 2019).  Ciò permette di prendere decisioni tempestivamente, di agire rapidamente, riducendo il margine di rischio di errore. In tal senso, lo stile di leadership determina ed influenza la risposta proattiva del team all’evento di crisi, migliorando il processo di Crisis Management.

 

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