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Di catcalling e pappagallismo: la molestia di strada

Il catcalling è un’attenzione indesiderata unilaterale da parte di uno sconosciuto verso una passante che in quel momento esiste come preda sessuale.

Di Annamaria Nuzzo

Pubblicato il 26 Apr. 2021

Fischi, battute sessiste, allusioni sessuali, domande invadenti, insulti offensivi, suoni di clacson, inseguimenti per strada o in macchina. Sono l’insieme di molestie di strada, ribattezzate in inglese con il termine catcalling e in italiano rese dal termine pappagallismo.

 

Nell’ottobre del 2014, il gruppo di attivisti per la violenza domestica “Hollaback!” ha pubblicato un video su YouTube per evidenziare la prevalenza delle molestie di strada e la conseguente oggettificazione del corpo femminile. Attraverso le riprese di una telecamera nascosta, si osserva la giornata di una giovane donna, in jeans e maglietta nera a girocollo, che cammina per le strade di New York per dieci ore. Nel corso della giornata, la telecamera ha registrato oltre 100 casi di comportamento oggettivante diretto verso di lei, comprese offese verbali, commenti volgari, sguardi fissi, ammiccamenti, fischi e gesti rudi. Questo video, diventato rapidamente virale – al momento conta 50 milioni di visualizzazioni su YouTube – descrive con chiarezza il fenomeno del catcalling (Holland, Koval, Stratemeyer, Thomson, & Haslam, 2017).

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10 HOURS OF WALKING IN NYC AS A WOMAN – Guarda il video:

Origine del termine

Fischi, battute sessiste, allusioni sessuali, domande invadenti, insulti offensivi, suoni di clacson, inseguimenti per strada o in macchina. Sono l’insieme di molestie di strada, ribattezzate in inglese con il termine catcalling per rievocare i versi emessi per attirare (call) l’attenzione dei gatti (cat). In realtà, all’origine di questa espressione ci sarebbe uno strumento, il “catcall”, utilizzato nel teatro inglese nel XVII secolo; era una sorta di fischietto che il pubblico impiegava per esprimere disapprovazione, rispetto allo spettacolo o agli attori, attraverso un suono stridulo e sgradevole, come il verso di un gatto (cat) arrabbiato.

Si parla anche di “stranger harassment” perché è una tipologia di molestia che implica interazioni brevi e unilaterali in luoghi pubblici (per esempio, strade, mezzi di trasporto, parchi pubblici) caratterizzate dal fatto che la vittima e l’autore del catcalling non si conoscono (Fairchild e Rudman, 2008).

In italiano potrebbe essere reso dal termine pappagallismo che, secondo il Treccani, rimanda al comportamento proprio di chi, in modo insistente e grossolano, importuna le donne per la via (i cosiddetti “pappagalli della strada”), ma la sostanza non cambia: si tratta di una molestia a sfondo sessuale, perpetrata ai danni di donne e ragazze, da parte di passanti di sesso maschile di tutte le età.

Dati allarmanti

Uno studio interculturale ideato dal movimento Hollaback! e dalla Cornell University, condotto in 22 paesi su oltre 16.000 donne, ha rilevato che l’84% subisce per la prima volta molestie di strada prima dei 17 anni (Hollaback!, 2016). Rispetto al contesto nazionale, il 69% delle donne italiane intervistate ha dichiarato di essere stata pedinata da un uomo o da un gruppo di uomini e conseguentemente di essersi sentita in pericolo, e più della metà delle intervistate ha dichiarato di aver subito carezze e palpeggiamenti indesiderati da parte di sconosciuti. A conferma di questi dati, l’ultima indagine Istat sulla percezione della sicurezza stradale, che risale al 2018, delinea un quadro preoccupante: quasi 4 donne su 10, una percentuale pari al 35%, non si sentono al sicuro quando escono di casa da sole nelle ore serali e infatti ben il 36, 6% di loro non escono da sole di notte per paura.

Complimento o molestia?

In mancanza di chiari segnali di disponibilità, ossia in mancanza del consenso dell’altra persona, ogni commento non richiesto rivolto all’aspetto fisico, all’abbigliamento o all’atteggiamento della vittima, ogni fischio e ogni strombazzata dall’auto, ogni invasione del proprio spazio personale con avvicinamenti e pedinamenti sospetti, costituiscono delle vere e proprie molestie, ai danni di donne sconosciute, incrociate casualmente per strada.

Per dirlo con le parole di Michela Murgia in Stai zitta (2021),

non è un playboy quello che fa un complimento da una macchina, ma un estraneo convinto di avere il diritto di esprimere sul tuo corpo un parere che non gli hai assolutamente richiesto.

Il tentativo di sminuire la portata del catcalling e ridurlo a tentativo maldestro di approccio, alla stregua di un goffo complimento, implica ignorare le norme sociali che regolano gli scambi di corteggiamento.

Per conoscere e approcciare qualcuno, esistono contesti e momenti di socializzazione adeguati, soprattutto modalità rispettose dell’altro, che implichino un chiaro consenso.

Il flirt è un gioco relazionale che avviene all’interno di un contesto chiaro e leggibile da entrambi i partner, durante il quale l’espressione di un complimento è accettabile in quanto parte dell’intento relazionale, cioè volto a manifestare interesse e apprezzamento per l’altra persona. Nel catcalling, invece, non c’è un contesto riconoscibile e manca il consenso da ambo le parti in quanto si tratta di un’attenzione indesiderata unilaterale, da parte di uno sconosciuto verso una passante che, in quel momento, non esiste in quanto persona, ma come preda sessuale di sesso femminile.

Nella società italiana, l’espressione del consenso mediante chiari segnali di disponibilità costituisce un tema spinoso in quanto spesso non ritenuto un elemento importante e decisivo nell’interazione sociale e sessuale, per cui il rifiuto dello scambio stesso genera rabbia e frustrazione da parte degli uomini. Inoltre, è comune, purtroppo anche tra le donne, romanticizzare la molestia definendo l’uomo molestatore incrociato per strada come un corteggiatore maldestro e l’atto del catcalling come un’attenzione lusinghiera di cui andare fiere; tutto ciò è molto pericoloso perché significa legittimare questi atti chiaramente discriminatori, espressione di una mentalità sessista e svalutante.

In realtà, qualsiasi attenzione sessuale indesiderata rivolta a donne sconosciute, incontrate per strada, attraverso comportamenti verbali e fisici, costituisce una molestia perché non ha nulla a che fare con un tentativo consensuale di corteggiamento, motivato dal piacere e dall’apprezzamento per l’altra persona, bensì costituisce una manifestazione della violenza di genere, motivata dalla volontà di prevaricazione verso il sesso femminile. Durante il catcalling si cerca di ristabilire le dinamiche di potere uomo-donna, di mantenere alto il vessillo della mascolinità davanti al gruppo di amici, e non si tratta di rivolgere un complimento sincero alla passante di turno.

In Italia, così come in molti altri paesi, questo fenomeno non è ancora considerato un reato, complice la tendenza comune a ritenere che qualificare tentativi di approcci in strada come comportamenti penalmente perseguibili sia lesivo della libertà individuale di avanzare proposte ai fini del corteggiamento.

Tuttavia, come ha precisato la dott.ssa Andreoli nel corso del suo intervento al Tempo delle Donne 2020, che cosa sia identificabile come molestia o meno è un fatto, in quanto presenta delle caratteristiche chiare, codificabili e ripetibili, e perciò non può diventare un argomento lasciato alla sensibilità individuale o all’opinione personale:

che cosa sia l’invasione della dignità, dello spazio, della libertà, del corpo di una persona non può essere oggetto di dibattito.

L’oggettivazione sessuale

La teoria dell’oggettivazione sessuale funge da quadro utile per la comprensione degli effetti del catcalling così come di altre forme di molestie sessuale. Proposta per la prima volta da Fredrickson e Roberts nel 1997, questa teoria mira a spiegare gli effetti del vivere in un contesto socioculturale in cui le donne sono costantemente oggettivate sessualmente, oppure ridotte a corpi da usare e/o valutare, piuttosto che essere considerate come persone a pieno titolo. Nell’ambito di questa teoria, il catcalling può essere considerato a tutti gli effetti come una forma di oggettivazione sessuale interpersonale (Fisher, Lindner & Ferguson, 2017)

Nonostante l’oggettivazione sessuale possa esprimersi in una pluralità di forme, oltre le attenzioni sessuali indesiderate sperimentate nelle molestie di strada, (come la pornografia, i massmedia e le pubblicità),

il filo conduttore che attraversa tutte le forme di oggettivazione sessuale è l’esperienza di essere trattati come un corpo (o un insieme di parti del corpo ) valutato prevalentemente per il suo utilizzo (o il consumo da parte di) altri. (Fredrickson & Roberts, 1997, p. 174)

La reiterazione di tali esperienze e la continua esposizione all’oggettivazione sessuale portano le donne a interiorizzare una visione oggettivata del proprio corpo, anche detta auto-oggettivazione, con conseguente spiacevoli: l’auto-oggettivazione è associata a sentimenti di vergogna per il proprio corpo, a un monitoraggio costante del proprio aspetto esteriore e a disagio psicologico (ad es. Fuller-Tyszkiewicz et al. 2012; Kozee et al. 2007; Szymanski e Feltman 2014), in particolare si riscontrano sintomi di disturbi alimentari, depressione e disfunzione sessuale (ad esempio, Calogero 2009; Calogero e Thompson 2009; Lindner et al. 2012; Noll e Fredrickson 1998; Tiggemann e Kuring 2004).

Le conseguenze psicosociali della molestia di strada

Diversi studi hanno documentato gli effetti psicologici avversi del catcalling: una cattiva immagine corporea, sintomi di ansia e depressione, un decremento nella percezione di sicurezza e un incremento del timore dello stupro (ad esempio, Davidson et al. 2016, 2015; Fairchild e Rudman 2008; MacMillan et al. 2000; McCarty et al. 2014; Schneider et al. 1997).

Le molestie in strada da parte di estranei possono indurre delle importanti modificazioni comportamentali. Una delle conseguenze più frequenti del catcalling è infatti l’evitamento: cambiare strada e percorso, non prendere più quel mezzo di trasporto, evitare posizioni geografiche particolari, non frequentare determinati luoghi, non uscire di sera e di notte (Livingston, 2015). A tal proposito, secondo lo studio condotto da Hollaback! nel 2016, più dell’88% delle donne italiane ha riportato di prendere una strada diversa per tornare nella propria abitazione per timore di incorrere in una molestia.

L’impatto emotivo fortemente negativo ha accomunato tutte le intervistate alla presente indagine (Hollaback, 2016): secondo i dati elaborati dal gruppo di ricerca, l’essere molestate verbalmente per strada evoca forti reazioni di rabbia, paura e ansia; queste iniziali reazioni emotive possono condurre a effetti a lungo termine quali depressione e bassa autostima. La principale reazione emotiva è sicuramente la paura, che conduce ad attuare manovre di evitamento che limitano fortemente l’espressione libera e personale nella vita quotidiana.

Similmente, un recente studio di O’Leary (2016) ha riportato che la maggior parte delle donne descrive il catcalling come scortese o offensivo e che le risposte emotive più frequenti comprendono la rabbia, l’essere infastiditi, imbarazzati e sentirsi a disagio e/o nervosi.

Spesso le donne elaborano tecniche e strategie per evitare situazioni potenzialmente rischiose e sentirsi meno vulnerabili alla vittimizzazione: ad esempio, indossare occhiali da sole, un cappuccio della giacca, vestirsi “in modo” semplice o rendersi meno attraenti; o anche assumere posture particolari per sembrare cattive, per esempio spalle fisse o faccia accigliata (Escove, 1998). Appare chiaro che il rischio di subire una molestia e/o averla già subita influenza pesantemente le donne nel quotidiano, dalla scelta di cosa indossare alla valutazione su quale strada prendere e in che fascia oraria uscire.

La maggior parte delle donne risponde alle molestie di strada con comportamenti non assertivi, come evitare il contatto visivo o ignorare completamente l’autore se chiamate in causa (Fairchild & Rudman, 2008; Folkman, Lazarus, Gruen, & DeLongis, 1986; Magley, 2002), che possono portare ad atteggiamenti auto-colpevolizzanti (si parla di victim blaming) come una forte vergogna e critica del proprio aspetto fisico ed estetico e una tendenza all’auto oggettivazione sessuale (Calogero e Jost, 2011; Fairchild e Rudman, 2008). Anche Escove (1998) ha riportato che i comportamenti più comunemente usati per rispondere ai molestatori consistono in metodi passivi o meno diretti, come ignorare lo sconosciuto, dare risposte non verbali (come lanciare occhiate piccate), e spostare la direzione del proprio corpo, allontanandosi dal molestatore.

StandUp!

Nell’attesa di un provvedimento legislativo che definisca a chiare lettere la molestia di strada, un importante progetto internazionale ideato da Hollaback! e L’Oréal Paris è stato avviato anche in Italia grazie alla collaborazione del Corriere della Sera e dell’Associazione Alice Onlus: si tratta di Stand Up, un programma di formazione e sensibilizzazione contro le molestie in luoghi pubblici che offre a donne e uomini informazioni chiare su come prendere posizione in maniera sicura quando subiscono o sono testimoni di un atto di molestia.

Appena il 25% delle donne vittime di molestia sessuale in luogo pubblico afferma di essere stata aiutata da qualcuno e l’86% non sa cosa fare quando è testimone di un episodio di molestia. Sono i risultati di una ricerca internazionale, condotta nell’Aprile del 2019 da Ipsos in collaborazione con i ricercatori della Cornell University e L’Oréal Paris, che ha coinvolto oltre 15.000 partecipanti di tutte le età, provenienti da 8 paesi differenti.

È qui che interviene il corso di formazione online di circa un’ora, basato sul metodo delle 5D’s di Hollaback!: Distrarre, Delegare, Documentare, Dare sostegno e Dire. Nel corso del webinar online, della durata di un’ora, vengono forniti degli strumenti pratici e sicuri con cui intervenire durante una molestia: si può distrarre (per esempio, avviando una conversazione fingendo di essere un amico della persona molestata), delegare (parlare con qualcuno, chiedere l’intervento di una persona che detiene l’autorità come il conducente del mezzo), documentare (filmare la molestia e/o fare da testimone in caso di denuncia), dare sostegno (parlare per verificare se la vittima sta bene e confortarla) o affrontare il molestatore direttamente a parole (dire).

In conclusione, a causa della normalizzazione e della mancanza di conseguenze legali per gli estranei che attuano molestie di strada, il catcalling continua a verificarsi con un ritmo costante. Questa subdola forma di molestia è talmente pervasiva nella vita pubblica da far parte radicalmente del tessuto sociale italiano e sarà quindi molto difficile sradicarla senza un’adeguata sensibilizzazione e formazione.

 

 

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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