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Stili cognitivi e apprendimento

Nessuno stile cognitivo è migliore o peggiore degli altri, tutti gli stili cognitivi possono rivelarsi utili a seconda dei diversi compiti e contesti

Di Ilaria Di Paola

Pubblicato il 29 Mar. 2021

Aggiornato il 02 Apr. 2021 11:51

Un’interessante sfida per psicologi ed educatori è quella di variare lo stile di insegnamento, strutturare metodi di apprendimento e strumenti didattici che siano il più possibile personalizzati e vari, rispettando le caratteristiche individuali di ognuno e valorizzando punti di forza, talenti ed inclinazioni personali.

Definizione degli stili cognitivi

Per stile cognitivo s’intende la: “modalità di elaborazione dell’informazione che la persona adotta in modo prevalente, che permane nel tempo e si generalizza a compiti diversi”. (Boscolo, 1981)

È un modo di pensare preferito, ossia una propensione ad analizzare la realtà secondo i criteri ritenuti più funzionali e comodi (Sternberg, 1998).

Non si tratta di un’abilità, intesa come capacità e grado di bravura nello svolgere una determinata attività o compito, bensì della maniera attraverso cui un individuo tende e preferisce utilizzare le abilità di cui è dotato.

Non possediamo un unico stile cognitivo, bensì un profilo di stili di pensiero diversi.

Tipologie di stili cognitivi

Esistono diverse tipologie di stili cognitivi. Cornoldi et al. (Cornoldi et al., 2001) propongono la seguente suddivisione:

  • stile globale/analitico: chi ha uno stile globale predilige in primis una visione d’insieme di uno stimolo per poi spostarsi verso i particolari, mentre chi ha uno stile analitico privilegia la percezione dei dettagli che solo in un secondo momento vengono collegati al quadro di riferimento generale;
  • stile visuale/verbale: lo stile visuale si caratterizza per una propensione verso la rappresentazione visuo-spaziale ed iconica (es. immagini e schemi), mentre quello verbale per una preferenza per il codice linguistico e sonoro (es. esposizione orale e riassunti);
  • stile sistematico/intuitivo: il soggetto che adotta uno stile sistematico tende ad analizzare procedendo a piccoli passi in modo graduale, così da prendere in considerazione tutti i dettagli, mentre il soggetto che adotta uno stile intuitivo cerca di arrivare alla soluzione per prove ed errori, formulando delle ipotesi da confutare o confermare;
  • stile impulsivo/riflessivo: l’individuo impulsivo utilizza tempi decisionali brevi per svolgere un compito, mentre quello riflessivo ricorre a tempi decisionali più lunghi.

De Caroli (De Caroli, 2009) approfondisce altri stili di pensiero:

  • stile livellatore/puntualizzatore: i livellatori tendono a mescolare le nuove e le vecchie informazioni, condensando i contenuti già noti e le novità, mentre i puntualizzatori sono in grado di diversificare e mantenere distinti i vari elementi;
  • stile visuale/tattile: i soggetti con stile visuale si comportano da “spettatori” e presentano un approccio conoscitivo principalmente fondato sulle informazioni visive, mentre quelli con stile tattile partecipano più attivamente e mostrano un approccio che si basa sulla manipolazione;
  • stile innovatore/adattatore: gli innovatori sono aperti al cambiamento e sono favorevoli a sperimentare nuove soluzioni sfruttando le specifiche potenzialità del contesto, mentre gli adattatori sono più conformisti e preferiscono ricorrere a strategie già consolidate e utilizzate precedentemente;
  • stile convergente/divergente: l’individuo con stile convergente utilizza schemi di ragionamento lineari e convenzionali, mentre la persona con stile divergente si avvale di schemi più creativi e originali.

A Sternberg si deve la teoria dell’autogoverno mentale (Sternberg, 1998), nella quale le forme di governo tipiche della società umana, che secondo l’autore non esistono per caso ma sono lo specchio delle nostre menti, sono metaforicamente associate a vari stili di pensiero. La teoria di Sternberg si articola secondo 3 funzioni, 4 forme, 2 livelli, 2 sfere e 2 propensioni e suggerisce in totale 13 stili cognitivi:

  • stile legislativo: è tipico di quei soggetti che amano creare, progettare, decidere autonomamente e fare le cose a modo proprio;
  • stile esecutivo: gli individui con questo stile di pensiero preferiscono aderire alle regole indicate e ricevere istruzioni da seguire su cosa fare e come fare le cose;
  • stile giudiziario: è proprio di chi predilige giudicare, valutare, confrontare ipotesi ed esprimere opinioni;
  • stile monarchico: caratterizza quelle persone che sono trascinate da un’idea fissa e che rivolgono la propria attenzione ad un obiettivo per volta, perseguendolo con determinazione e portandolo a termine;
  • stile gerarchico: i soggetti gerarchici prendono in considerazione vari obiettivi, ma, nella consapevolezza che non tutti abbiano la stessa importanza, tendono a stabilire delle priorità, decidendo in modo organizzato e sistematico come collocare le proprie risorse;
  • stile oligarchico: è tipico di chi risulta motivato da vari obiettivi che vengono percepiti di uguale importanza;
  • stile anarchico: i soggetti con questo tipo di stile di pensiero rifiutano le regole e le procedure rigide e sono stimolati da vari obiettivi cui si approcciano in modo casuale;
  • stile globale: è proprio di coloro che preferiscono questioni ampie e astratte e vedono “la foresta piuttosto che gli alberi”;
  • stile analitico: caratterizza gli individui che amano i problemi concreti e che attenzionano i dettagli, vedendo prima “gli alberi rispetto alla foresta”;
  • stile interno: le persone interne sono tendenzialmente introverse e riservate e preferiscono lavorare da sole;
  • stile esterno: le persone esterne sono estroverse ed espansive e amano lavorare in gruppo;
  • stile radicale: contraddistingue coloro a cui piace andare oltre le regole vigenti e favorire il cambiamento;
  • stile conservatore: gli individui conservatori si conformano alle norme esistenti e cercano di mantenere la stabilità.

È importante sottolineare che nessuno stile di pensiero è migliore o peggiore rispetto agli altri, sono semplicemente diversi, ma tutti possono rivelarsi utili a seconda dei diversi compiti e contesti; è una questione di congruenza e compatibilità tra lo stile e le richieste dell’ambiente.

Per valutare gli stili cognitivi è possibile fare riferimento ai questionari presenti nei volumi Imparare a studiare 2 (Cornoldi et al., 2001) e Stili di Pensiero (Sternberg, 1998).

Stili cognitivi e apprendimento

Gli stili cognitivi influenzano notevolmente l’apprendimento e lo svolgimento di compiti, ecco perché è fondamentale tenerli in considerazione e non trascurarne il ruolo nel settore scolastico e in quello lavorativo.

In ambito lavorativo l’analisi degli stili cognitivi favorisce una più valida individuazione dei candidati che risultino maggiormente in grado a lungo termine di ricoprire un certo ruolo professionale o di svolgere una specifica mansione soddisfacendo le richieste di un’azienda, mentre in ambito scolastico ciò si traduce nel supportare gli studenti in modo appropriato: ad esempio aiutare il bambino con stile anarchico, insegnandogli l’autodisciplina, a incanalare in modo costruttivo e non distruttivo il suo potenziale creativo derivato dal suo mettere in discussione il sistema vigente, o guidare gli alunni oligarchici strutturando insieme a loro le priorità, o innestare l’argomento di interesse dei bambini monarchici in ciò che si vorrebbe che facessero, come consigliare a uno studente che ama lo sport e odia leggere un libro sullo sport, oppure prevedere attività di apprendimento sia individuale che di gruppo così da far sentire a proprio agio alunni con stile interno ed esterno. È importante variare lo stile di insegnamento, altrimenti se si usa un unico setting di lavoro si rischia di avvantaggiare alcuni alunni a discapito di altri.

Si tratta di una sfida ambiziosa per psicologi ed educatori, cui spetta il compito di strutturare metodi di apprendimento e strumenti didattici che siano il più possibile personalizzati e vari e non eccessivamente standardizzati e rigidi, affinché vi sia un incremento del rendimento complessivo stimolando interesse e motivazione, rispettando le caratteristiche individuali di ognuno e valorizzando punti di forza, talenti ed inclinazioni personali. Infatti, come scrive Pennac

ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. (Pennac, 2008)

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Boscolo, P. (1981). Intelligenze e differenze individuali. In AA.VV., Intelligenza e diversità. Torino: Loescher.
  • Cornoldi, C., De Beni, R., Gruppo MT. (2001). Imparare a studiare 2. Trento: Erickson.
  • De Caroli, M. E. (2009). Pensare, essere, fare… creativamente. Riflessioni teoriche ed indagini empiriche in età evolutiva. Milano: FrancoAngeli.
  • Pennac, D. (2008). Diario di scuola. Milano: Feltrinelli.
  • Sternberg, R. J. (1998). Stili di pensiero. Differenze individuali nell’apprendimento e nella soluzione di problemi. Trento: Erickson.
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