La dilatazione del tempo è un rallentamento temporale ben consolidato, percepito da parte dei soggetti nell’esperienza consapevole. Questo fenomeno può essere sperimentato dalle persone affette da depressione.
Nella teoria della relatività, Einstein (1920) osserva come il tempo sembra scorrere più lentamente in determinate contingenze: la “dilatazione del tempo” è stata coniata nel campo della fisica (Kent, Van Doorn & Klein, 2019). Nel campo psicologico, la dilatazione del tempo non viene misurata in intervalli di secondi, minuti o ore, bensì viene misurata in termini di
velocità o rallentamenti percepiti individualmente con il passare del tempo. (Kent, Van Doorn & Klein, 2019)
È noto come la depressione sia in grado di influenzare la percezione in generale e la percezione del tempo (Bech, 1975; Dilling & Rabin, 1967; Hawkins et al., 1988; Mezey & Cohen, 1961). Alcuni ricercatori si sono focalizzati sulla valutazione compromessa del tempo da parte di soggetti depressi (Bech, 1975; Bschor et al., 2004; Aneto & Rabin, 1967; Gallagher, 2012; Kornbrot, Msetfi & Grimwood, 2013), mentre altri hanno evidenziato come il tempo “passa più lentamente” quando si è depressi (Kent, Van Doorn & Klein, 2019; Kitamura & Kumar, 1982; Stanghellini et al., 2017; Thönes & Oberfeld, 2015). Questo effetto è noto come “dilatazione del tempo depressivo” ed è un rallentamento temporale ben consolidato, percepito da parte dei soggetti nell’esperienza consapevole (Kent, Van Doorn & Klein, 2019; Thönes & Oberfeld, 2015).
Thönes e Oberfeld (2015) hanno misurato la percezione del tempo nella depressione attraverso una scala analogica visiva: quest’ultima ha un continuum che parte da “molto veloce” a “molto lento”. Secondo il modello della percezione del tempo “dell’orologio interno” (Allman et al., 2014; Burle & Casini, 2001; Treisman, 1963; Zakay & Block, 1995), dilatazione e accelerazione possono essere interpretate grazie a due fattori che contribuiscono alla durata percepita (Glicksohn, 2001), cioè la 1) “dimensione” delle unità di tempo e il 2) “numero” di unità di tempo percepite (Kent, Van Doorn & Klein, 2019). In sostanza, si presume che la durata percepita sia un multiplo di questi due fattori (Kent, Van Doorn & Klein, 2019).
Un fenomeno curioso è come la percezione di unità del tempo più grandi sia vissuta in modo rallentato (come se il tempo scorresse più lentamente), mentre la percezione di unità di tempo più piccole richiedono più tempo per essere percepite (come se il tempo scorresse più velocemente; Kent, Van Doorn & Klein, 2019). Nella depressione, il passaggio dalla dilatazione e all’accelerazione del tempo implica che le unità fluiscono più rapidamente, oppure diventano più piccole man mano che gli intervalli di tempo si allungano (Kent, Van Doorn & Klein, 2019).
Nonostante le persone depresse vivano il tempo come lento, Kent e colleghi (2019) hanno svolto una meta analisi per osservare come mai le persone depresse riescono a sovra produrre brevi durate di tempo e a sotto produrre durate di tempo più lunghe. Escludendo due studi su sei, Kent e colleghi (2019) hanno osservato l’accelerazione del tempo in soggetti depressi: il tempo soggettivo accelera (1 secondo circa) dalla dilatazione iniziale alla successiva accelerazione all’interno della memoria di lavoro (con una durata di circa 30 secondi). Gli autori suggeriscono come l’effetto dell’accelerazione si verifichi a causa della congruenza dell’umore tra lunghi intervalli, noia e depressione: questa congruenza dell’umore porta al richiamo automatico di memorie autobiografiche intrusive a lungo termine, memorie negative e non specifiche che sono state utilizzate per giudicare gli intervalli dall’esperienza precedente (Kent, Van Doorn & Klein, 2019). Nonostante gli studi revisionati siano pochi, questa metanalisi fornisce la spiegazione di un potenziale legame tra il giudizio soggettivo in persone depresse e l’esperienza del tempo accelerato all’interno dello stesso modello esplicativo (Kent, Van Doorn & Klein, 2019).