Per anni i riflessi neonatali sono stati considerati secondo un’ottica stimolo-risposta, data dall’immaturità cerebrale e la prevalenza delle aree sottocorticali su quelle corticali, ma gli ultimi studi sembrerebbero ribaltare tali ideologie sui riflessi neonatali, a favore della visione di neonato competente.
Secondo quest’ottica si tratterebbe di comportamenti funzionali, risultato di un’iniziativa autonoma del feto/neonato nella sua interazione con l’ambiente uterino ed extrauterino (Milani Comparetti,1982)
Il Grasping Reflex è indubbiamente uno dei riflessi più affascinanti e appaganti per il neo genitore. Si evoca comprimendo la regione medio palmare della manina del neonato, che, flettendo le dita, afferra il dito dell’adulto. È un movimento che tende a scomparire intorno i 3/4 mesi, lasciando spazio alla prensione volontaria di oggetti. Tale riflesso si configura come un’attività ben sperimentata e funzionale già nella vita intrauterina: infatti il feto, giocherellando con il cordone ombelicale, automatizza tale movimento, che dunque continua a compiere nelle prime settimane di vita (Boris M. Petrikovsky,1993).
Il movimento che il neonato compie non appena le sue superfici plantari sfiorano un piano, nominato riflesso della marcia automatica, è molto simile a quello che caratterizza la deambulazione: una flesso-estensione degli arti inferiori, con schema alternato. Tale attivazione muscolare durante la vita intrauterina, nelle prime settimane gestazionali, viene sfruttata dal feto per “camminare” sulle pareti dell’utero così da cambiare posizione.
A non comparire in epoca prenatale come i due precedenti è Il riflesso di Moro. Quest’ultimo si manifesta in risposta all’assenza di gravità con iniziale adduzione rapida ed estensione degli arti superiori, seguita da abduzione. Alle risposte motorie, si associano segnali di comunicazione non verbale nel neonato, come movimenti di rotazione del capo, di direzione dello sguardo verso il care-giver, faccia angosciata e spesso pianto. Ciò ha permesso agli studiosi di ipotizzare che sia un riflesso legato alla paura (Pierre V Rousseau et al ,2017), che il neonato non esperirebbe nella vita intrauterina grazie al contenimento stesso dell’utero.
Questi aspetti sottolineano, quindi, il potenziale adattivo e non di semplice substrato sottocorticale alla base dei riflessi. Infatti, seppur vero che si tratti di gesti perlopiù sempre uguali a sé stessi, è vero anche che questi contestualizzati al vissuto del neonato assumono un significato del tutto nuovo, all’avanguardia e al passo con la visione ben lontana da quella di scatola vuota, da dover plasmare.