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La masturbazione femminile, dalla nascita dei tabù alla riscoperta dei benefici fisici e psicologici

La masturbazione femminile è una piacevole attività dagli importanti benefici fisici e psicologici. Tuttavia è ritenuta ancora molto spesso un tabù, perché?

Di Giorgio Cornacchia

Pubblicato il 08 Feb. 2021

Nonostante viviamo in una società evoluta, dove il sesso e le sue rappresentazioni sono continuamente ostentati, la masturbazione rappresenta ancora una zona d’ombra; qualcosa di cui è difficile parlare, probabilmente perché rappresenta la nostra sfera più intima e privata.

Giorgio Cornacchia – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

La masturbazione è una pratica autoerotica che consiste nella sollecitazione volontaria degli organi genitali, o di altre parti del corpo, allo scopo di ottenere piacere. È interessante osservare come il termine masturbazione possa essere contrapposto ad autoerotismo e come la loro etimologia possa essere ricondotta ad una dicotomia concettuale che si è creata a livello storico tra un’accezione negativa/positiva. Infatti l’autoerotismo (dal greco Autos: solitario e Eros: amore appassionato/desiderio sessuale) concerne l’amore per sé stessi, il desiderio e la passione vissuti solitariamente, mentre la masturbazione (dal latino Manu: mano e Stuprare: disonorare/violare) riconduce a qualcosa di sporco e di disonorevole (Stengers J., Van Neck A., 2009). Prima di procedere, mi preme sottolineare che nel corso dell’articolo utilizzerò solamente il termine masturbazione per una questione di comodità e non con un fine giudicante.

A differenza della masturbazione maschile, considerata per una serie di motivi storici, sociali e culturali un’azione consueta, la masturbazione femminile viene vista da sempre con molta meno spontaneità, nascosta da un certo alone di mistero e malizia. Essa, tuttavia, non è soltanto una pratica importante al fine di una vita sessuale soddisfacente ma una piacevole attività dagli importanti benefici sul piano fisico, psicologico e della salute globale della persona.

Nell’antichità la masturbazione era una pratica considerata normale. Nell’antica Grecia dove l’idea cattolica di “peccato” non esisteva, la sessualità veniva vissuta liberamente come un’attività sana e naturale. Non c’era nulla di proibito: il piacere sessuale era considerato necessario all’equilibrio ed era piuttosto l’assenza di attività sessuale a suscitare preoccupazione. La ricerca del piacere sessuale non era prerogativa esclusivamente maschile. I Greci conoscevano bene il desiderio femminile e in qualche modo lo temevano; per esempio, Euripide all’interno de Le Baccanti ben rappresenta questo terrore maschile che le donne, infervorate nella loro concupiscenza del piacere, potessero arrivare addirittura a smembrare l’uomo pezzo per pezzo. Secondo alcuni storici, inoltre, le donne greche praticavano liberamente la masturbazione; a sostegno di questa ipotesi viene considerato il fatto che intorno al 500 a.C., in particolare nella città di Mileto, si sviluppa una fiorente industria artigianale specializzata nella produzione di “olisboi”, peni artificiali in legno e cuoio che venivano anche esportati in tutto il mondo greco. Anche nel mondo romano il sesso non è oggetto di riprovazione sociale o morale, ma viene considerato una cosa buona, sana e normale. Almeno fino all’avvento del Cristianesimo che introducendo l’idea del peccato, degrada la sessualità ad attività impura e peccaminosa.

A mano a mano che il Cristianesimo si afferma, la libertà sessuale è sempre più repressa e il piacere carnale diventa colpa. I costumi sessuali vengono regolamentati dallo Stato e dalla Chiesa. Il sesso è accettato solo all’interno del matrimonio a scopo riproduttivo: tutto ciò che esula da questa finalità viene condannato come comportamento lussurioso. Il Cristianesimo stabilisce così una censura, destinata a caratterizzare la nostra civiltà, tra amore spirituale e amore carnale, una censura che ancora oggi è in parte presente nonostante il cambiamento dei costumi sessuali e nonostante la scienza ci abbia dimostrato come sia difficile scindere questi livelli nel vissuto individuale. Nella dottrina cristiana la condanna dell’amore carnale deriva dal peccato originale, che ha degradato l’uomo facendogli perdere la sua natura divina. La maggiore colpevole del peccato originale è Eva, la prima donna che ha disobbedito a Dio, lasciandosi sedurre dal serpente (metafora della sessualità) e inducendo Adamo ad assaggiare il frutto proibito. Durante questo periodo, a salvaguardare almeno in parte il piacere sessuale femminile dalla sua totale repressione era la credenza, tra l’altro rivelatasi erronea, che l’orgasmo femminile fosse necessario o utile alla procreazione. Già a partire da Ippocrate si era diffusa la teoria nota come “modello dei due semi”, secondo cui il concepimento avveniva grazie all’emissione di fluidi genitali procreativi sia da parte dell’uomo che della donna. L’orgasmo era considerato il segnale dell’emissione di questi fluidi e pertanto se l’orgasmo femminile non aveva luogo la donna non poteva rilasciare il proprio seme e il concepimento non avveniva. Nonostante questa teoria sia stata ben presto smentita dai fatti, per lungo tempo ha continuato a condizionare il modo di concepire il piacere femminile e le donne devono ringraziare proprio questa falsa credenza se hanno potuto godere di una vita sessuale soddisfacente nonostante tutti i limiti e le restrizioni imposti da Stato e Chiesa.

Effettuando un salto in avanti, nel Rinascimento riprendono gli studi anatomici ed è di quel periodo la scoperta fatta da uno scienziato veneziano, Matteo Realdo Colombo, di un piccolo organo che riteneva essere “principalmente il luogo del piacere femminile”. Nel suo testo De re anatomica, Colombo lo descrive così:

Se lo si tocca lo si scopre più turgido e oblungo tanto da mostrarsi come una sorta di membro maschile (…) se lo si strofina vigorosamente con un pene, o lo si tocca anche solo con un dito, a causa del piacere il seme volatile si sparge ovunque (…) senza tali protuberanze le donne non sperimenterebbero il piacere negli amplessi venerei né concepirebbero feti.

Questa “protuberanza” è oggi nota come clitoride. In epoca vittoriana, la sessualità femminile conosce un altro periodo di forte repressione. Nel 1842 l’Enciclopedia Britannica sostiene che durante il corteggiamento la donna deve mantenere un atteggiamento esteriore dolce e modesto ed esprimere i propri sentimenti solo con un “timido rossore” o “il più flebile dei sensi”. Il piacere femminile scompare anche all’interno del matrimonio: le mogli oneste, infatti, devono essere partner sessuali solerti ma prive di trasporto. Durante il sesso una signora dovrebbe rimanere immobile e acconsentirvi soltanto per compiacere il proprio marito e avere dei figli. Il fatto che una donna godesse del sesso era un sicuro segnale che si trattasse di una prostituta. La masturbazione, come facilmente immaginabile, rimane un tabù assoluto. Inoltre, come abbiamo visto fino ad ora, l’idea che l’orgasmo femminile fosse necessario al concepimento permetteva alle donne un’attività sessuale soddisfacente all’interno del matrimonio; tuttavia, le giovani donne, le vedove e le suore potevano soffrire di una serie di disturbi fisiologici derivanti da un accumulo di seme all’interno del corpo che in assenza di attività sessuale non potevano espellere. Già a partire dal IV secolo a.C. tutta una serie di comportamenti femminili giudicati deviati, come masturbazione, desiderio, fantasie, lubrificazione ma anche malinconia e irritabilità, vengono considerati come i sintomi di un disturbo tipicamente femminile: l’isteria. In altre parole, le manifestazioni del desiderio femminile inappagato vengono considerate un problema medico e come tale viene affrontato. Uno dei modi per curare questo disturbo femminile, raccomandato fin dai tempi di Ippocrate, è il massaggio delle parti genitali.

Non solo nell’antichità, ma anche nel Medioevo, nel Rinascimento e in epoca moderna il massaggio manuale della vulva da parte di un medico o di un’ostetrica rappresenta la cura d’elezione e fino agli anni Venti del Novecento è pratica usuale per qualsiasi medico di famiglia. L’orgasmo ottenuto in questo modo non veniva mai qualificato come tale. Si trattava di un intervento medico destinato a provocare una “crisi isterica” per purificare il corpo della donna dai suoi umori nocivi (Bernorio R., Passigato M., 2019). È solo all’inizio del novecento, con la nascita della Sessuologia segnata dai documenti di Havelock Ellis, dai Rapporti Kinsey e dalle ricerche di Master & Jhonson che quest’atteggiamento ostile, segnante i secoli precedenti, viene abbandonato riportando la masturbazione alla sua accezione originale di autoerotismo e quindi di amore solitario e impulso sessuale appagato tramite la stimolazione del proprio corpo. Grazie ai contributi della Kaplan (1975), inoltre, la masturbazione diventa anche un vero e proprio strumento utile al trattamento di quasi tutte le disfunzioni sessuali di carattere psicologico. La terapia sessuale da lei presentata, infatti, è caratterizzata da alcune fasi definite di Focalizzazione Sensoriale I e II attraverso le quali si attua, tramite la masturbazione (da soli o in coppia, a seconda del disturbo e delle condizioni) una riscoperta delle proprie sensazioni fisiche e psichiche.

Seguendo le teorie psicosessuologiche recenti possiamo considerare, quindi, la masturbazione come una componente molto importante nel processo di formazione della percezione di se stessi rispetto al nostro corpo. La consapevolezza del proprio corpo, delle sue forme, del suo linguaggio e delle sue possibilità di movimento e di risposta agli stimoli esterni non è una conoscenza innata o data una volta per tutte ma si costruisce nel tempo attraverso le diverse esperienze e la loro successiva memoria. Chi siamo, cosa proviamo, come orientiamo i nostri comportamenti dipende dalla consapevolezza di essere al mondo con il nostro corpo, dipende dal nostro Sé corporeo.

Naturalmente, all’inizio della vita, la prima tappa per la sua costruzione è la consapevolezza di essere un individuo separato dalla madre e dagli altri; poi, con l’apprendimento del linguaggio e della capacità di camminare e muoversi da soli nell’ambiente, il piccolo raggiunge una maggiore ricchezza di esperienze che ne modellano la personalità. Sapere che il proprio corpo è fonte di sensazioni piacevoli che si possono approfondire e riprodurre, come accade con la masturbazione, porta l’individuo a un percorso di autonomia e sviluppo e fa da base per i successivi sentimenti di autostima e autoefficacia. In sostanza, il bambino si crea un’idea del proprio valore e delle proprie capacità operative anche mediante l’esplorazione degli organi genitali. Dunque, la masturbazione rappresenta uno dei tanti modi per apprendere qualcosa di sé, non tanto e non solo sul piano sessuale, ma anche su quello psicologico (Consolo I., 2017). Mi preme sottolineare che la masturbazione rappresenta “uno dei tanti modi” di cui sopra poiché all’interno della sfera sessuale ogni individuo si muove in manierata totalmente soggettiva. A volte l’assenza della masturbazione può essere indicatrice di qualche tipo di difficoltà rispetto alla sessualità e/o rispetto alla percezione del proprio sé; altre volte l’assenza di questa può rappresentare una semplice scelta e vengono preferiti altri canali e metodi di conoscenza.

Demonizzare la masturbazione ha portato le persone nei secoli a non vivere appieno la sessualità in generale tuttavia è anche opportuno non fare della pratica masturbatoria un must. Bisogna promuovere una corretta informazione a riguardo favorendo lo sviluppo di un equilibrio nella propria vita sessuale e relazionale.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bernorio R., Passigato M. Il piacere al femminile. Miti e realtà della funzione orgasmica nella donna. Franco Angeli Editore, 2019.
  • Consolo I. Il piacere femminile. Scoprire, sperimentare e vivere la Sessualità. Giunti Editore, 2017.
  • Kaplan H., S. Manuale illustrato di terapia sessuale. Feltrinelli, 2015
  • Stengers J., Van Neck A. Storia della masturbazione. Odoya, 2009.
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