expand_lessAPRI WIDGET

Il secretive eating e il binge eating disorder

Il Binge Eating Disorder è correlato al secretive eating, che riveste un forte valore predittivo nell'identificare i casi, pur non essendo sempre presente

Di Elisa Petetta

Pubblicato il 01 Feb. 2021

Aggiornato il 08 Feb. 2024 14:58

Il Binge Eating Disorder (BED) è il disturbo alimentare che si riscontra più frequentemente (Hudson, Hiripi, Pope, & Kessler, 2007) ed è associato a gravi conseguenze sulla salute di chi ne è affetto e ad una compromissione della qualità di vita (Grilo, White, & Masheb, 2009).

Elisa Petetta – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Il secretive eating, che possiamo tradurre in italiano come ‘mangiare di nascosto’, è uno specifico pattern alimentare nel quale l’individuo consuma i pasti furtivamente, nascondendo o cancellando le prove o i resti di ciò che ha mangiato. Il fenomeno del secretive eating ha ricevuto poca attenzione in letteratura nonostante venga riconosciuto come un aspetto molto problematico dai familiari dei pazienti (Tester, Lang, & Laraia, 2016) e dai clinici (Fairburn, Cooper, Doll, & Davies, 2005).

Mangiare di nascosto o in solitudine, a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando, è uno tra i criteri richiesti per fare diagnosi di disturbo da binge eating (DSM-5, APA, 2013), insieme a:

Ricorrenti episodi di abbuffata, dove quest’ultima prevede il mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo significativamente maggiore rispetto a quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in simili circostanze, con la sensazione di perdita di controllo durante l’episodio;

Gli episodi di abbuffate si possono associare, oltre al mangiare da soli, ad almeno altri 2 o più aspetti

  • estrema rapidità,
  • mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni,
  • mangiare grandi quantità di cibo anche senza sentirsi affamati,
  • provare disgusto verso se stessi, sentirsi depressi o in colpa dopo l’episodio.

Deve inoltre essere presente marcato disagio riguardo alle abbuffate, le quali devono verificarsi almeno una volta alla settimana per 3 mesi e non devono essere seguita da condotte compensatorie inappropriate come ad esempio accade nella bulimia nervosa (DSM-5, APA, 2013).

E’ stato sottolineato in letteratura che il binge eating è correlato e concettualmente distinto dal secretive eating. Mangiare di nascosto non è necessariamente un pattern comportamentale sperimentato da tutti gli individui con BED, ma ha un forte valore predittivo nell’identificare casi di binge eating rispetto ai controlli (White & Grilo, 2010).

Inoltre, i pasti, possono essere consumati di nascosto anche quando non si denotano come abbuffate. Pertanto, nella ricerca e nella pratica clinica, è utile valutare la presenza del secretive eating ed è importante chiarire se gli episodi di abbuffata sono preclusi quando si quantifica la frequenza di pattern alimentari connessi al fenomeno (Fairburn & Beglin, 1994).

Diversi studi hanno evidenziato come nella popolazione giovanile, il secretive eating sia relativamente comune con tassi che variano tra il 18.1% al 27.2% nei bambini (Sonneville et al., 2013; Stice, Agras, & Hammer, 1999) e del 34% negli adolescenti (Knatz, Maginot, Story, Neumark-Sztainer & Boutelle, 2011) e come questo si associ spesso alla presenza di disturbi alimentari (Fairburn et al., 2005; Kass et al., 2017) e alla depressione (Kass et al., 2017) in questa fascia di popolazione. Il secretive eating può presentarsi in risposta ad emozioni di vergogna collegate all’alimentazione o alle forme del proprio corpo, ed è stato trovato in associazione alla depressione anche negli adolescenti sovrappeso o obesi in particolare (Knatz et al., 2011).

Il fenomeno è stato inoltre concettualizzato in modalità differenti, come una manifestazione clinica collegata al binge eating (Marcus & Kalarchian, 2003) e all’emotional eating (Ganley, 1989), ed è stato associato all’espressione di emozioni di vergogna e messo in relazione ad episodi di abbuffate e comportamenti compensatori nella bulimia nervosa (Kass et al., 2017).

Molte evidenze empiriche quindi, suggeriscono che il secretive eating potrebbe essere un fattore di rischio e/o un indicatore precoce di sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare conclamato (Fairburn et al., 2005; Kass et al., 2017; Marcus & Kalarchian, 2003).

Nonostante la rilevanza clinica di questo fenomeno, riscontrata nei bambini e negli adolescenti, questo particolare pattern ha ricevuto ancora pochissima attenzione, da parte della ricerca, presso la popolazione adulta, inclusa quella affetta da un disturbo del comportamento alimentare.

In uno studio di stampo qualitativo del 2016 Tester e colleghi hanno indagato alcuni pattern alimentari presso famiglie con problemi di sicurezza alimentare. Molti genitori riportavano che i loro bambini mangiavano in segreto e nascondevano o accumulavano cibo, rivelando poi che essi stessi erano coinvolti nei medesimi pattern alimentari.

In uno studio prospettico di due anni di Fairburn e colleghi (2005) su individui a dieta considerati a maggior rischio di sviluppare un DCA, il secretive eating è stato trovato essere un segnale di futura psicopatologia in ambito alimentare.

Una ricerca di Wilfley e colleghi (2000), che ha impiegato un campione aggregato di soggetti affetti da DCA alla ricerca di trattamento, aveva come obiettivo identificare le caratteristiche cliniche di pazienti adulti affetti da binge eating (includendo tra le variabili indagate anche il secretive eating). I risultati hanno messo in luce come gli episodi di alimentazione nascosta erano più frequenti presso gli adulti con BED piuttosto che in quelli affetti da anoressia nervosa o bulimia, che a loro volta avevano un maggior numero di  episodi caratterizzati da tale pattern rispetto ai soggetti di controllo sani.

Rilevando questa carenza di evidenze empiriche sul secretive eating presso la popolazione adulta e la potenziale sovrapposizione tra tale fenomeno e il binge eating, un recente studio (Lydecker & Grilo, 2019) ha voluto esaminare le differenze esistenti tra adulti che presentavano o meno il secretive eating, in un ampio campione di pazienti affetti da BED in cerca di trattamento.

Gli autori, basandosi sui risultati emersi nelle precedenti ricerche sulla popolazione giovanile e su quelle che avevano comparato adulti con diagnosi di BED con soggetti sani, avevano ipotizzato che quei soggetti che dichiaravano di attuare il secretive eating potessero essere caratterizzati da quadri psicopatologici più severi (maggiori restrizioni dietetiche, maggiori preoccupazioni riguardo l’alimentazione, il peso, le forme del corpo, depressione e episodi di abbuffate più frequenti) rispetto a quei soggetti affetti da BED che non lo presentavano.

I partecipanti allo studio erano 755 soggetti tra i 18 e i 65 anni con diagnosi di BED in base ai criteri del DSM-IV per tale disturbo. Il 74,2% era costituito da donne e il 76,8% da bianchi, appartenenti a varie classi sociali. Gli autori hanno impiegato, oltre ai criteri richiesti dal DSM per fare diagnosi, anche altri strumenti di valutazione: il Beck Depression Inventory (BDI, Beck & Steer, 1987), l’indice di massa corporea (BMI) e l’Eating Disorder Examination interview (EDE, Fairburn & Cooper, 1993) per confermare la diagnosi e caratterizzare in maniera più dettagliata il quadro alimentare psicopatologico. Quest’ultima è un’intervista semistrutturata che indaga in maniera approfondita anche la frequenza di tre tipologie di pattern alimentari disfunzionali: gli episodi di abbuffate oggettivi (OBEs, ossia mangiare inusuali grandi quantità di cibo sperimentando perdita di controllo), gli episodi di abbuffata soggettivi (SBEs, descritti come mangiare piccole o normali quantità di cibo percependo la perdita di controllo) e gli episodi di oggettivi eccessi alimentari (OOEs, che corrispondono al mangiare grandi quantità di cibo senza percepire la perdita di controllo su quanto si sta mangiando). L’EDE viene impiegata anche per discriminare gli OBEs e gli OOEs dagli episodi di secretive eating concettualizzati come episodi in cui l’atto del mangiare è svolto in maniera furtiva e che i pazienti tentano di celare perché non vogliono essere visti mangiare.

I risultati dello studio hanno evidenziato innanzitutto come il secretive eating sia un pattern molto comune nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare, sperimentato da più della metà dei soggetti adulti affetti da BED (411 vs. 341) in cerca di trattamento .

Lo studio provvede inoltre a fornire nuove informazioni circa il fenomeno.

I soggetti con BED  e secretive eating ad esempio risultano avere in generale un quadro psicopatologico più grave (misurato attraverso il punteggio di gravità globale (Global severity score) dell’EDE e presentano maggiori preoccupazioni relative alla forma fisica, al peso e alla dieta (corrispondenti  alle 3 sottoscale dell’EDE che indagano questi ultimi fattori), mentre non differiscono dai soggetti che non presentano secretive eating  per la sottoscala della “restrizione”. Presentano inoltre livelli più elevati di depressione rispetto ai  pazienti che non si ingaggiano nel fenomeno.

Anche se i pazienti che manifestano secretive eating mostrano quadri più gravi del disturbo alimentare, è importante sottolineare che non si sono riscontrate differenze statisticamente significative per quanto riguarda il BMI tra i soggetti che manifestano e non manifestano secretive eating, né nella frequenza degli OBEs  e degli OOEs. I soggetti con secretive eating riportano più SBEs invece rispetto ai secondi. Da notare che non tutti i pazienti che dichiarano SBEs riportano anche episodi di secretive eating (24,2% del campione), mentre il 31,4 % riporta entrambi.

In conclusione, i dati preliminari di questa ricerca, suggeriscono quindi che il secretive eating sia un pattern distinto dal BED dal momento che non è sempre presente. Tuttavia, laddove lo sia, conduce a quadri psicopatologici più severi per quanto concerne alcune caratteristiche del disturbo come le preoccupazioni per il cibo, il peso e  per la forma fisica.

Prendere in considerazione, in fase di assessment, anche la presenza di questo particolare pattern alimentare, potrebbe essere un fattore utile per i clinici, per determinare la severità del disturbo e per impostare poi il piano per il trattamento.

 

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association  (2013). DSM-5: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina Editore.
  • Beck, A.T, & Steer,R. (1987). Manual for revised Beck Depression Inventory. New York: Psychological Corporation.
  • Fairburn, C.G, & Beglin, S.J. (1994). Assessment of eating disorders: Interview or self-report questionnaire? International Journal of Eating Disorders, 16, 363–371.
  • Fairburn, C.G, Cooper, Z., Doll, H.A, & Davies, B.A. (2005). Identifying dieters who will develop an eating disorder: A prospective, population-based study. American Journal of Psychiatry, 162, 2249–2255.
  • Fairburn, C.G., & Cooper, Z. (1993). The Eating Disorder Examination In Fairburn CG & Wilson GT (Eds.), Binge Eating: Nature, Assessment, and Treatment. New York: Guilford Press.
  • Ganley, R.M. (1989). Emotion and eating in obesity: A review of the literature. International Journal of Eating Disorders, 8, 343–361.
  • Grilo, C.M, White, M.A, & Masheb, R.M. (2009). DSM-IV psychiatric disorder comorbidity and its correlates in binge eating disorder. International Journal of Eating Disorders. 42(3), 228–234.
  • Hudson, J.I., Hiripi, E., Pope, H.G., & Kessler, R.C. (2007). The prevalence and correlates of eating disorders in the National Comorbidity Survey Replication. Biological psychiatry, 61(3), 348–358.
  • Kass, A.E, Wilfley, D.E, Eddy, K.T, Boutelle, K.N, Zucker N, Peterson CB, … Goldschmidt, A.B (2017). Secretive eating among youth with overweight or obesity. Appetite, 114, 275–281.
  • Knatz, S., Maginot, T., Story, S., Neumark-Sztainer, D., & Boutelle, K. (2011). Prevalence Rates and Psychological Predictors of Secretive Eating in Overweight and Obese Adolescents. Childhood Obesity, 7(1), 30–5.
  • Lydecker, J.A., & Grilo, C.M. (2019). I didn’t Want Them to see: Secretive Eating among Adults with Binge-Eating Disorder. Int J Eat Disord, 52(2), 153–158.
  • Marcus, M.D., & Kalarchian, M.A. (2003). Binge eating in children and adolescents. International Journal of Eating Disorders, 34 Suppl, S47–57.
  • Sonneville, K.R, Rifas-Shima,  S.L, Haines, J., Gortmake,  S., Mitchel,  K.F., Gillman, M.W., & Taveras, E.M. (2013). Associations of parental control of feeding with eating in the absence of hunger and food sneaking, hiding, and hoarding. Childhood Obesity, 9, 346–349.
  • Stice,E., Agras, W.S, & Hammer, L.D. (1999). Risk factors for the emergence of childhood eating disturbances: a five-year prospective study. Int J Eat Disord, 25(4), 375–87.
  • Tester, J.M., Lang, T.C., & Laraia, B.A. (2016). Disordered eating behaviours and food insecurity: A qualitative study about children with obesity in low-income households. Obes Res Clin Pract, 10, 544–552.
  • White, M.A, & Grilo, C.M. (2011). Diagnostic efficiency of DSM-IV indicators for binge eating episodes. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 79, 75–83.
  • Wilfley, D.E., Schwartz, M. B, Spurrell, E.B., & Fairburn, C.G. (2000). Using the eating disorder examination to identify the specific psychopathology of binge eating disorder. International Journal of Eating Disorders, 27, 259–269.
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Emotional Eating, Binge Eating Disorder e intolleranza alle emozioni negative
Emotional Eating, Binge Eating Disorder e intolleranza alle emozioni negative

Chi soffre di Binge Eating Disorder si sente incapace di gestire le emozioni negative con strumenti diversi dal cibo, preferendo una soddisfazione immediata

ARTICOLI CORRELATI
Stare a tavola con la propria famiglia: quali sono i possibili benefici?

Le cene e i pranzi in famiglia possono essere un terreno scomodo per molti individui, ma vi possono essere anche degli effetti benefici?

Vorrei, ma non posso. Come resistere alla tentazione degli alimenti poco salutari

L'ACT e il mindful eating possono essere utili per gestire le voglie alimentari verso cibi poco salutari e favorire un rapporto più sano con il cibo

cancel