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La funzione nascosta del bambino nel lettone – Moms, una rubrica su maternità e genitorialità

Sono più le volte che un figlio è nel letto dei genitori per essere coccolato o per assumere una funzione protettiva nei confronti dei genitori?

Di Eleonora Damiani

Pubblicato il 24 Feb. 2021

Tutti i bambini almeno una volta nella vita hanno dormito nel letto dei genitori. Non tutti però sanno quale parte giocano all’interno del legame di coppia quando ciò accade. Il seguente articolo si propone di delineare alcune delle motivazioni non consapevoli che inducono un genitore a portare il figlio nel letto matrimoniale con sé.

Moms – (Nr.9) Moms – La funzione nascosta del bambino nel lettone

 

Dormire con i propri figli è un’esperienza unica perché attraverso questo incontro si può venire a contatto con la parte più tenera di sé. La morbidezza, il profumo e la sensazione di calore e contenimento che caratterizzano quel momento sono un’ottima medicina rispetto alla stanchezza che riempie tante giornate di un genitore. Come ogni farmaco però può avere qualche effetto collaterale. L’ottavo episodio della prima stagione di Workin’ Moms ne individua una in particolare: la possibile compromissione dell’intimità nella coppia.

I personaggi di Frankie e Jenny presentano due motivazioni del tenere il bambino in mezzo al lettone. Nel primo caso Frankie è una donna che sente il bisogno di avere rapporti sessuali con la propria partner, ma questo le viene impedito perché Giselle, la compagna, mette sempre la figlia in mezzo a loro nel letto. Quando Frankie riesce a comunicare i propri bisogni a Giselle, emerge il motivo più profondo per cui la compagna tiene la figlia Rhoda nel loro letto. A differenza di Frankie, Giselle non è la madre biologica di Rhoda. La differenza rispetto al legame di sangue fa sentire Gisele in difetto e per colmare il divario che sente dedica tutto il tempo che ha alla figlia, giorno e notte. La posizione occupata da Rhoda in questo caso è riempitiva della differenza che Giselle sente tra il suo ruolo e quello di Frankie. Solo portando alla consapevolezza i vissuti di entrambe e comunicandoseli, riescono a fare un piccolo passo in avanti e a dedicarsi dei momenti d’intensa intimità e di soddisfacimento dei propri bisogni sessuali.

Jenny, al contrario di Frankie, è la madre che sceglie di mettere la figlia in mezzo nel letto, non solo per la sensazione terapeutica che dona questo incontro, quanto per la relazione infelice con il marito. La donna esprime consapevolmente il bisogno di avere un terzo nel letto non avendo più piacere ad entrare in intimità con il partner. La relazione tra Jenny e il marito Ian non può permettersi una vicinanza così stretta, perché piena di non detti, rancore e delusione non comunicati. Prima ancora della sessualità, è il vissuto intrapsichico ed interpersonale quello su cui entrambi dovrebbero lavorare. È come se Ian e la figlia fossero gli estremi più vicini di un triangolo isoscele dove Jenny rappresenta l’estremo sempre più lontano, un po’ perché è stata allontanata e un po’ perché lei stessa si è fatta fuori. Ian è un padre a tempo pieno, tanto da non lasciare lo spazio a Jenny di essere né madre né moglie; Jenny lavora così tanto da non riuscire ad essere presente nella vita del marito e della figlia. Più i due fingono che vada bene così e più la figlia si trova a riempire il divario tra i due anche nel letto matrimoniale.

Il figlio nel letto dei genitori diviene un Giano Bifronte perché se da un lato permette ai partners di non affrontare temi caldi ed entrare in conflitto esplicito, dall’altro blocca l’eruzione necessaria di un vulcano che permetterebbe nel tempo la possibilità di confronto e forse il ritrovamento dell’intimità nella coppia. Pertanto, sono più le volte che un figlio è nel letto per essere coccolato o per assumere una funzione protettiva nei confronti dei genitori?

 

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