Per gli studenti con una malattia cronica, come un’allergia o un’intolleranza alimentari, il periodo di transizione rappresentato dall’università può comportare responsabilità aggiuntive, relative all’autogestione della malattia, che possono avere un impatto negativo sul benessere generale.
L’università è un importante periodo di transizione per molti giovani adulti, durante il quale questi ultimi ottengono un’indipendenza senza precedenti e affrontano sfide di adattamento significative, come lo sviluppo di nuove relazioni (Ravert, Boren, & Wiebke, 2015) e l’adattamento all’elevata domanda accademica (Ross, Niebling, & Heckert, 1999). Tali sfide possono aumentare la loro vulnerabilità e portare a problemi di salute mentale legati allo stress come ansia e depressione (Shin & Liberzon, 2009). Secondo alcuni studi, i sintomi depressivi sono associati a una diminuzione delle prestazioni accademiche (American College Health Association, 2014) e ad un aumento del rischio di autolesionismo (Taliaferro e Muehlenkamp, 2014) tra gli studenti universitari. Gli studenti con sintomi ansiosi hanno maggiori probabilità di soffrire di malattie infettive acute (Adams et al. 2008) rispetto alle loro controparti meno ansiose. In effetti, la ricerca mostra che la prevalenza di depressione e ansia è in aumento tra gli studenti universitari (Schwanz et al. 2016), colpendo circa il 22,1% (ansia) e il 18,1% (depressione) dei giovani accademici statunitensi (American College Health Association, 2015). In particolare, per gli studenti universitari con una malattia cronica, come un’allergia alimentare (ing. Food Allergies, FA) o un’intolleranza, questo periodo di transizione può comportare responsabilità aggiuntive relative all’autogestione della malattia, che possono avere un impatto negativo sul benessere generale (Greenhawt, 2016; Warren et al. 2016).
L’allergia alimentare è una malattia cronica derivante da reazioni immunitarie avverse a specifiche proteine alimentari che possono variare da lievi eruzioni cutanee ad anafilassi potenzialmente letali (Herbert, Shemesh & Bender, 2016). Simile all’FA, l’intolleranza alimentare è una reazione avversa a specifici cibi, che può portare a una vasta gamma di sintomi come indigestione e diarrea (Nettleton et al., 2010). Alcuni studi hanno rivelato che gli adulti con FA e/o intolleranza sono a maggior rischio di sviluppare ansia e/o sintomi depressivi (Dunjic, 2015; Molzon et al., 2011; Yang et al., 2013).
Chen e colleghi hanno incentrato il loro studio del 2020 sulle implicazioni psicologiche negative correlate ad allergie e/o intolleranze alimentari (Chen et al., 2020). L’obiettivo dello studio era quello di determinare la prevalenza di allergie e intolleranze alimentari e di stimare le associazioni di queste con ansia e depressione in un campione di 1574 giovani universitari. I risultati ottenuti da questa ricerca hanno indicato come la prevalenza di FA diagnosticate dal medico era del 7,6% (n = 119), mentre il 14,6% (n = 227) ha riportato un’intolleranza alimentare. Le allergie più segnalate sono state noci (3,1%) ed arachidi (2,6%). Dalle analisi è emerso che l’FA era associata a punteggi più alti dei sintomi depressivi, mentre le intolleranze alimentari erano associate a punteggi più alti di sintomi depressivi e ansia. Questa ricerca ha mostrato come il gruppo di universitari statunitensi che conviveva con una specifica allergia al cibo e/o con un’intolleranza presentava maggiori sintomi interiorizzati di tipo depressivo o ansioso (Chen et al., 2020).
Il meccanismo attraverso il quale la FA e l’intolleranza sono collegati ad ansia e/o a depressione rimane poco chiaro. È possibile che, poiché queste patologie sono associate a livelli di stress più elevati (Dunjic, 2015), ciò possa predisporre gli adulti a maggiori rischi di sviluppare ansia e depressione (Khan & Khan, 2017; Shin e Liberzon, 2009). Una teoria dominante sull’associazione tra FA e depressione è l’ipotesi delle citochine proinfiammatorie, molecole proteiche generalmente prodotte in risposta a un qualche stimolo, che svolgono un ruolo importante nello sviluppo della depressione (Maes et al., 2008). In effetti, è stata osservata una maggiore produzione di citochine proinfiammatorie tra pazienti allergici ad alimenti (Bartuzi et al., 2000). Il mantenimento di un microbioma intestinale sano promuove il normale sviluppo e funzionamento del sistema immunitario (Purchiaroni et al., 2013). Recenti studi su modelli animali hanno dimostrato che la disregolazione del microbioma intestinale è associata a una varietà di condizioni psichiatriche tra cui ansia e depressione (Sharon al., 2016). L’intolleranza alimentare può disturbare il normale microbioma intestinale attraverso l’induzione di sintomi fisiologici avversi come diarrea e generazione di sostanze tossiche (Campbell et al., 2010), fornendo una potenziale spiegazione della sua associazione con depressione e ansia.
Per quanto riguarda la connessione tra intolleranze alimentari ed ansia, è possibile ipotizzare un’ulteriore spiegazione assumendo un punto di vista psico-fisiologico, per cui le sensazioni fisiche di fastidio e/o dolore provocate dalle intolleranze potrebbero essere male interpretate da chi le sperimenta, che potrebbe confonderle con sintomi ansiosi o di panico, innescando un vero e proprio stato d’ansia. È infatti noto che l’ansia può manifestarsi sotto forma di somatizzazione corporea, tale per cui la sofferenza psicologica può emergere mediante sensazioni fisiche: il soggetto con intolleranze a specifici cibi potrebbe male interpretare i segnali corporei provenienti dall’addome risultanti dall’ingestione di cibi tossici per il suo organismo, etichettandoli come sintomi ansiosi, oppure correlati ad un attacco di panico.
Ad ogni modo è importante tenere a mente che ad intolleranze alimentari ed FA potrebbero conseguire sintomi ansiosi e depressivi; in tal caso sarebbe bene rivolgersi a specialisti nel settore psicologico per intraprendere un percorso psicoterapeutico in grado di ripristinare il benessere soggettivo percepito.