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La Functional Analytic Psychotherapy – FAP

La Functional Analytic Psychotherapy parte dall'idea che nella relazione terapeutica il cliente metta in atto comportamenti simili a quelli della sua vita

Di Katia Manduchi, Melina Di Blasi, Domenica Pannace

Pubblicato il 14 Dic. 2020

La Functional Analytic Psychotherapy (FAP; Kohlenberg & Tsai, 1991) è una delle terapie comportamentali definite da Hayes di terza generazione (Hayes, 2004).

 

Si presenta come un approccio idiografico appartenente alla tradizione comportamentale contestualista (Vilardaga, Hayes, Levin, & Muto, 2009). In questo modello terapeutico, lo strumento primario per una psicoterapia è la creazione di una relazione intensa e genuina tra terapeuta e cliente. Durante la sessione, il terapeuta rinforza in maniera naturale e contingente i comportamenti funzionali del cliente ed estingue quelli disfunzionali (Horvath, 2005; Kohlenberg & Tsai, 1994; Kohlenberg, Yeater e Kohlenberg, 1998; Tsai, Kohlenberg e Kanter, 2010).

I principi teorici della FAP

La FAP è stata concettualizzata negli anni ’90 da Robert Kohlenberg e Mavis Tsai che, dopo aver notato un’associazione clinicamente significativa tra i risultati raggiunti dal cliente in sessione e la qualità della relazione terapeutica, hanno iniziato a creare un modello teorico basato sui principi dell’analisi del comportamento contestualista nella relazione terapeutica. Le sue fondamenta fanno riferimento al comportamentismo radicale (ad es. Skinner, 1974), oggi situato nel quadro più ampio del funzionalismo contestuale (Hayes, Barnes-Holmes e Wilson, 2012; Hayes, Barnes-Holmes e Biglan, 2016).

Nel 1991, con l’uscita dell’omonimo manuale scritto da Robert Kohlenberg e Mavis Tsai, la FAP entra così a far parte delle terapie del comportamento di terza generazione (Hayes, 2004).

La FAP parte dall’assunto che tra i comportamenti del cliente che emergono durante la sessione e nella relazione con il terapeuta, e quelli che avvengono fuori dalla sessione ci sia un parallelismo; in altre parole, si parte dal presupposto che nella relazione terapeutica il cliente metterà in atto comportamenti funzionalmente simili a quelli che agisce nella sua vita di tutti i giorni. Quindi una delle prime osservazioni che un terapeuta FAP può mettere in atto è quella di individuare e distinguere, tra i comportamenti che il cliente emette in sessione e nella relazione terapeutica, quelli che potrebbero essere i comportamenti disfunzionali (CRB1- comportamento clinicamente rilevante di tipo 1) e quelli che potrebbero essere i comportamenti funzionali (CRB2 – comportamento clinicamente rilevante di tipo 2).

Nello specifico, l’enfasi viene posta sulla descrizione del comportamento in termini di funzione piuttosto che di topografia (Hayes & Follette, 1992). La descrizione funzionale serve a scoprire quali sono gli elementi del contesto che accrescono, diminuiscono o creano l’occasione per l’emissione di un certo comportamento.

Infatti, i comportamenti clinicamente rilevanti sono raggruppabili in classi funzionali di risposte. Una ‘classe funzionale’ viene definita come un insieme di comportamenti che hanno in comune gli stessi antecedenti e medesime conseguenze. Basandosi su questo principio, l’analisi del comportamento presuppone che alcuni comportamenti disfunzionali, che si verificano in sessione, siano basati sugli stessi antecedenti e conseguenze che sono comuni a quelli che si verificano nella vita quotidiana del cliente (Kuczynski et al., 2020).

Tre principi della FAP

Alla base del contesto clinico terapeutico della FAP, Mavis Tsai (2009) descrive tre principi che emergono, guidano la relazione terapeutica, possono essere evocati e favoriscono il cambiamento terapeutico: consapevolezza, coraggio e amore terapeutico (Awarness, Courage, Love).

Consapevolezza

Tsai et al. (2009) hanno definito la consapevolezza in termini di attenzione piena e consapevole alle proprie reazioni emotive, ai propri comportamenti e obiettivi terapeutici ma anche alle emozioni e al comportamento dell’altro individuo all’interno dell’interazione. Secondo la FAP la consapevolezza consente di prestare attenzione ai comportamenti dell’altro individuo, aumentando la probabilità di successo della relazione terapeutica (Kuczynski et al., 2020).

Coraggio

Tsai et al. (2009), descrivono una vasta gamma di comportamenti interpersonali coraggiosi come quei comportamenti che sono importanti perché coerenti con i valori, l’identità e i punti di vista del cliente. Per agire questi comportamenti, terapeuta e cliente scelgono di andare oltre i propri limiti, uscendo dalla propria zona di comfort e assumendosi il rischio di emettere comportamenti relazionali non in ‘automatico’ per valutarne poi il possibile effetto positivo, resistendo alla paura ed alle difficoltà.

Amore (terapeutico)

Il termine ‘Love’, che tradotto in italiano è ‘amore’, in questo modello terapeutico viene utilizzato per descrivere le qualità della propria risposta al comportamento emesso dal cliente. Il terapeuta utilizza il rinforzo verso i CRB2 che il cliente manifesta in sessione al fine di promuovere la generalizzazione del comportamento funzionale emerso nei contesti di vita rilevanti per il cliente. Tale rinforzo avviene in modo contingente, naturale e autentico con espressioni di empatia e rispetto (Tsai et al., 2009). L’amore terapeutico è etico, è sempre nell’interesse dei clienti ed è genuino. Essere terapeuticamente amorevoli implica cura e vicinanza relazionale verso il cliente (Kohlenberg &Tsai, 2012; Tsai et al., 2012).

Le cinque regole della FAP

Kohlenberg e Tsai (1991) hanno formulato cinque regole che guidano il terapeuta durante la sessione clinica con il cliente.

Regola 1: Osservare ed identificare i CRB

È fondamentale che il terapeuta sia attento al momento in cui si verifica un CRB (comportamento clinicamente rilevante) nel cliente poiché ciò avrà effetti significativi sulla concettualizzazione del caso, sulla natura e sul focus dell’intervento (Tsai, Kohlenberg et al., 2009).

Riconoscere i CRB consente al terapeuta di avviare un intervento individualizzato e orientato sul cliente.

Regola 2: Evocare i CRB

La regola n. 2 presuppone l’importanza di evocare i comportamenti relazionali e non solo verbali del cliente che avvengono in sessione. Questa osservazione è in costante aggiornamento per promuovere il rinforzo dei comportamenti funzionali, i CRB2. In questa fase il terapeuta, gradualmente più consapevole dei CRB 1 e 2 del cliente, può evocare nella relazione l’emissione dei CRB. L’atteggiamento del terapeuta quindi presuppone che anche per egli stesso sia importante emettere comportamenti funzionali a tale emissione.

Regola 3: Rinforzare naturalmente i CRB2

Il terapeuta rinforza in modo naturale e contingente i comportamenti funzionali del cliente (CRB2). Ciò, al fine di aumentare la probabilità che questi nuovi comportamenti siano maggiormente emessi in sessione e generalizzati fuori dal contesto terapeutico. Rinforzare in modo naturale significa esprimere amore, coraggio e consapevolezza verso il cliente, contemporaneamente all’attenzione al ‘timing’ ovvero la contingenza di questo rinforzo, per massimizzarne l’efficacia.

Regola 4: Osservare gli effetti rinforzanti del comportamento del terapeuta sui CRB del cliente

Seguendo questa regola il terapeuta osserva l’effetto che il rinforzo emesso verso il CRB2 ha avuto sul comportamento del cliente. È importante che il terapeuta osservi scrupolosamente ed indaghi con curiosità quali conseguenze ha avuto la sua risposta rinforzante sul cliente, tenendo conto che alcune risposte, ‘ipoteticamente’ rinforzanti, possano essere rinforzanti per alcuni clienti e non per altri.

Regola 5:  Fornire correlazioni analitiche funzionali, ed osservare la generalizzazione

Durante una sessione FAP, il terapeuta fa riferimento più volte alle analogie fra ciò che avviene in sessione col cliente e ciò che il cliente vive nella sua quotidianità. Queste continue ed esplicite analogie fra la vita quotidiana e le sedute di terapia hanno un duplice scopo. Da una parte, consentono al terapeuta di notare se il cliente ha emesso anche in sessione un comportamento problematico tipico dei suoi contesti di vita (un CRB1); dall’altra parte, segnalano al cliente ed al terapeuta la possibilità di generalizzare in quegli stessi contesti i miglioramenti già avvenuti in sessione. Per fare ciò il terapeuta FAP presta attenzione alla funzione dei comportamenti, al fine di estinguere i CRB1 e rinforzare i CRB2 in seduta per massimizzare la probabilità che il cliente li possa emettere nei diversi contesti di vita. La generalizzazione costituisce l’obiettivo condiviso nella terapia stessa. Ciò è possibile attraverso l’utilizzo di una serie di strategie tra le quali l’invito al cliente di mettere in atto, al di fuori del contesto della terapia, un CRB2 che ha appena emesso in sessione.

L’applicazione delle regole FAP non è rigida. Quando si assiste ad una sessione FAP, quello che possiamo osservare sin da subito è un’intima, coraggiosa e autentica interazione di due persone che scelgono di mettersi in gioco e lavorano con amore, coraggio e consapevolezza per migliorare la qualità della vita e il benessere relazionale del cliente. Nello stesso tempo il terapeuta arricchisce la propria esperienza e soddisfazione professionale. Entrambi avvertono una sensazione di efficacia terapeutica.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Hayes, S. C., & Follette, W. C. (1992). Can functional analysis provide a substitute for syndromal classification? Behavioral Assessment.
  • Hayes, S. C. (2004). Acceptance and commitment therapy, relational frame theory, and the third wave of behavioral and cognitive therapies. Behavior therapy, 35(4), 639-665.
  • Hayes, S. C., Barnes-Holmes, D., & Wilson, K. G. (2012). Contextual behavioral science: Creating a science more adequate to the challenge of the human condition. Journal of Contextual Behavioral Science, 1(1–2), 1–16.
  • Hayes, S. C., Barnes-Holmes, D., & Biglan, A. (2016). The Wiley handbook of contextual behavioral science. R. D. Zettle (Ed.). Chichester, UK: Wiley Blackwell.
  • Horvath, A. O. (2005). The therapeutic relationship: Research and theory: An introduction to the Special Issue. Psychotherapy Research, 15(1-2), 3-7.
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  • Kohlenberg, R. J., & Tsai, M. (1994). Functional analytic psychotherapy: A radical behavioral approach to treatment and integration. Journal of Psychotherapy Integration, 4(3), 175.
  • Kohlenberg, B. S., Yeater, E. A., & Kohlenberg, R. J. (1998). Functional analytic psychotherapy, the therapeutic alliance, and brief psychotherapy.
  • Kohlenberg, R. J., & Tsai, M. (2012). Functional analytic psychotherapy: Creating intense and curative therapeutic relationships. Springer Science & Business Media.
  • Kuczynski, A. M., Kanter, J. W., Wetterneck, C. T., Olaz, F. O., Singh, R. S., Lee, E. B., ... & Manbeck, K. E. (2020). Measuring intimacy as a contextual behavioral process: Psychometric development and evaluation of the Awareness, Courage, and Responsiveness Scale. Journal of Contextual Behavioral Science, 16, 199-208.
  • Skinner, B. F. (1974). About behaviorism. Alfred A. Knopf.
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  • Tsai, M., Kohlenberg, R. J., Kanter, J. W., Holman, G. I., & Loudon, M. P. (2012). Functional analytic psychotherapy: Distinctive features. Routledge.
  • Vilardaga, R., Hayes, S. C., Levin, M. E., & Muto, T. (2009). Creating a strategy for progress: A contextual behavioral science approach. The Behavior Analyst, 32(1), 105-133.
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