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Cambiamenti nel consumo di cibo, di sostanze e dell’uso dei dispositivi digitali durante il COVID-19: uno studio francese

La riduzione della socialità dovuta al covid-19 potrebbe aver incrementato l’assunzione di sostanze, il consumo di cibo e l'uso dei dispositivi digitali

Di Sara Magliocca

Pubblicato il 23 Dic. 2020

L’indagine nazionale basata su web di Rolland e dei suoi collaboratori ha valutato il benessere mentale e le condizioni di salute, oltre che i cambiamenti delle abitudini alimentari, dell’uso dei dispositivi digitali e del consumo di sostanze nella popolazione generale francese.

 

Con l’arrivo della pandemia di COVID-19, i governi dei paesi come Italia, Francia e Spagna, per limitare la diffusione del virus, hanno preso provvedimenti straordinari riducendo la mobilità e le interazioni sociali dei cittadini (Walensky & Del Rio, 2020).

In Francia, le misure di contenimento annunciate nel Marzo 2020, obbligavano gli abitanti a chiudersi tra le mura domestiche, consentendo l’apertura di attività definite “essenziali” come quelle mediche, quelle legate all’approvvigionamento alimentare insieme alla possibilità di acquistare alcol ed il libero accesso a tabaccai.

Certamente le restrizioni imposte sono state fonte di stress, avendo impattato sulla salute mentale e sul benessere generale della popolazione. La ricerca ha dimostrato che situazioni di compromissione dei legami sociali e di scarso benessere, si associavano ad un eccessivo consumo di cibo, al sovrappeso conseguente, ad un incremento del consumo di sostanze e del tempo trascorso di fronte ad uno schermo (Lemieux & al’Absi, 2016; Sinha, 2008; Stranges et al., 2014). Dunque anche l’epidemia di COVID-19 e le misure di contenimento adottate fin dalle prime fasi, hanno esacerbato i comportamenti relativi allo spettro della dipendenza.

L’indagine nazionale basata su web di Rolland et al. (2020), ha valutato il benessere mentale e le condizioni di salute, oltre che il cambiamento nelle abitudini alimentari, dell’uso dei dispositivi digitali e del consumo di sostanze nella popolazione generale francese. I partecipanti reclutati dal 25 marzo 2020, secondo i criteri di inclusione, dovevano essere francofoni e di età superiore ai 16 anni. Oltre ad una valutazione del livello di disagio psicologico, sono stati indagati aspetti sociodemografici e ambientali, come il numero di persone con cui i partecipanti condividevano l’abitazione durante la fase più restrittiva.

Durante il periodo di confinamento, è emerso un incremento moderato di tutte le abitudini indagate; in particolare nell’assunzione di cibo calorico/salato, uso degli schemi e di sostanze (alcol, tabacco e cannabis) tra i cittadini francesi. Per tutti i comportamenti è stato riferito, sebbene in una percentuale ridotta di casi, un aumento talmente significativo da comprometterne il controllo. Ad esempio, mentre 2/3 del campione ha incrementato l’uso dei dispositivi digitali, il 15% ha notato difficoltà nel controllarne l’uso.

I risultati possono essere interpretati alla luce di modelli animali, che hanno fornito supporto nel dimostrare come la riduzione della socialità possa incrementare i livelli di stress e quindi l’assunzione di sostanze (Cheeta et al., 2001; Thielen et al., 1993) ed il consumo di cibo che a sua volta conduce al sovrappeso (Schipper et al., 2018).

Per quanto concerne il confronto con indagini epidemiologiche su esseri umani, nonostante siano limitate per la rarità con la quale si verificano brusche riduzioni dell’interazione sociale; è possibile fare analogie con studi condotti su individui arruolati nelle forze armate durante periodi di conflitto. In tali condizioni estreme, i soldati sono costretti a drastiche riduzioni delle interazioni sociali, che inducono facilmente un incremento parallelo del consumo di sostanze. Lo studio di Lee Robins (2017) condotto su soldati statunitensi inviati in Vietnam, ha rilevato che in seguito ad un calo significativo delle interazioni sociali, erano aumentate le assunzioni di oppioidi durante la permanenza sul campo, del tutto ridotte con il ritorno a casa. Nonostante non si possa effettuare un paragone tra il COVID-19 e la guerra, in generale, una brusca riduzione dei contatti sociali può aumentare i livelli di stress, noia e comportamenti di dipendenza successivi.

Tra i partecipanti che hanno riportato un incremento dei comportamenti esaminati, si possono rilevare profili comuni oltre che caratteristiche peculiari.

Un ridotto benessere mentale ed un maggiore stress erano i fattori di rischio condivisi, sottostanti a tutti i comportamenti disadattivi. Nonostante si era ipotizzato una ricaduta nei comportamenti esaminati tra i partecipanti che erano stati in terapia per una storia di dipendenza (Marsden et al., 2020), questo fattore non impattava sui cambiamenti osservati nello studio.

Tra i fattori di rischio specifici per coloro che assumevano maggiormente cibi calorici/salati, era emerso l’essere giovani donne che abitavano in contesti di vita sfavorevoli (ad es. case piccole e in solitudine). Coerentemente con ricerche precedenti, la componente emotiva nelle problematiche alimentari è comune in donne che affrontano situazioni di vita stressanti (Camilleri et al., 2014; Péneau et al., 2013).

La maggior parte delle donne con meno di 30 anni, single e isolate in area urbana senza possibilità di lavorare aveva riferito un incremento dell’utilizzo di dispositivi elettronici. Tuttavia, studi precedenti rilevano come l’eccessivo utilizzo dei dispositivi digitali sia più comune tra gli uomini che affrontano situazioni di disagio (Khalili-Mahani et al., 2019).

Probabilmente, tra i giovani, vivere in aree urbane in condizioni stressanti incrementa l’uso di internet poiché ci si trova confinati in un ambiente ristretto. L’uso dei dispositivi digitali correlava con necessità lavorative, in quanto la maggioranza degli intervistati che lo utilizzavano erano in modalità smart-working.

I fattori di rischio associati in generale al consumo di tabacco, sono gli stessi riscontrati durante la pandemia di COVID-19, ovvero l’essere una donna con meno di 50 anni, con basso status socioeconomico e livello di istruzione (Bonevski et al., 2014).

Essendo l’alcol una dipendenza meno stigmatizzata rispetto al tabacco o alla cannabis, il suo consumo era comune tra gli intervistati di mezza età e con elevato livello di istruzione.

Il consumo di cannabis aumentava tra i giovani poco istruiti, confermando la fascia della popolazione fruitrice regolare della sostanza in Francia ed il fatto che l’uso della stessa sia inversamente correlato al livello di istruzione (Legleye et al., 2016).

I risultati evidenziano come lo stress derivante dalle fasi iniziali del COVID-19 in Francia, sia il fattore di rischio trasversale che conduce all’aumento di tutte le abitudini legate alla dipendenza.

Tra coloro che assumevano cibo salato/calorico usavano i dispositivi digitali, abusavano di alcol, tabacco e cannabis; sono emerse vulnerabilità specifiche che incrementavano tali abitudini dannose, evidenziando fattori di rischio selettivi per alcune fasce della popolazione francese.

Tenendo conto di tali specificità, sarebbe utile sviluppare messaggi di prevenzione mirati a ciascun sottogruppo di individui, al fine di renderli in grado di affrontare l’insorgenza di abitudini dannose, sia durante, che nelle fasi successive del periodo di restrizioni.

 

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