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Monogamia e tradimenti: la storia naturale della vicenda amorosa. Perché ci si innamora? – Una serie di Roberto Lorenzini

L'innamoramento per alcuni è il motore della vita nell'universo, per altri è influenzato da una predisposizione genetica, ma perché ci si innamora?

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 20 Nov. 2020

Oggi pubblichiamo la terza parte del settimo lavoro della serie di Roberto Lorenzini, dedicata al tema della monogamia e delle sue implicazioni psicologiche, affettive, relazionali e, perché no, sessuali. Lorenzini propone una tesi forte: la monogamia non funziona. E prosegue il suo racconto esplorando lo sviluppo della vicenda amorosa e la sua prima fase: l’innamoramento.

MONOGAMIA E TRADIMENTI – (Nr. 7.1.3) La storia naturale della vicenda amorosa. Perché ci si innamora?

7. La storia naturale della vicenda amorosa

7.1.3 Perché ci si innamora?

E perché ci si innamora? (Branden 2010, Galimberti 2004). Se non ci si accontenta della saggia prospettiva di De André secondo cui “l’amore ha l’amore come solo argomento” secondo la quale non si devono cercare cause perché l’amore non ne ha essendo lui stesso il motore immobile della vita nell’universo, si possono trovare alcuni tipici fattori favorenti ed altri scatenanti. Tra i primi sono da annoverare certamente aspetti genetici (Lorenzini e Sassaroli, 1995). Esistono evidenti differenze individuali ereditarie non solo nei caratteri somatici, ma anche negli aspetti psicologici come la tendenza ad essere paurosi o coraggiosi, la tendenza ad essere conservatori oppure esplorativi e alla ricerca di novità, o, ancora all’estroversione o all’introversione. Più gli studi sul genoma e l’ereditarietà procedono, più gli aspetti ereditari del comportamento sono considerati determinanti dopo che nel ‘900 soprattutto le cause ambientali e culturali erano state ritenute decisive. Tra le varie caratteristiche innate possiamo certamente elencare: la predisposizione all’esperienza dell’innamoramento così come l’importanza della sessualità che sia negli uomini che nelle donne è diversa da persona a persona e, infine, la capacità innata di entrare facilmente in relazione con l’altro che potremmo anche chiamare “simpatia o seduttività naturale”. È molto probabile che tra le due ci sia un rinforzo reciproco perché spesso diamo importanza a ciò che ci riesce bene e, di contro, ci riesce bene ciò cui diamo importanza. Una prova indiretta dell’ereditarietà di tali aspetti la si ritrova ricostruendo le storie plurigenerazionali delle famiglie. In alcune famiglie prevalgono unioni monogamiche mentre in altre la norma è la presenza di molteplici storie affettive contemporanee e non (Lorenzini e Sassaroli, 2000). Un’altra prova di una tendenza innata sta nel fatto che l’andamento delle precedenti storie affettive di un soggetto è il predittore più attendibile dell’andamento delle future. Si potrebbe persino costruire un algoritmo che a partire dai dati sulle storie già vissute dai due protagonisti di una coppia ne preveda evoluzione e durata. Una conoscenza implicita di tale regola la si ritrova nelle affermazioni di reciproca sospettosità nelle coppie coniugali originate da una precedente relazione adulterina (ognuno sa che l’altro è un potenziale traditore avendolo già fatto).

Altro fattore predisponente, in parte anch’esso genetico, è una personalità “dipendente” che essenzialmente consiste nel bisogno assoluto di un altro e potremmo dire, nell’avere il baricentro della propria identità ed esistenza spostato fuori di sé (Lorenzini e Sassaroli, 1995).

Un fattore scatenante e assolutamente contingente ma che viene messo in primo piano nei conflitti che spesso accompagnano una chiusura con lo scopo di ribaltarne la responsabilità sull’altro è la presenza di qualche eventuale importante bisogno inevaso nella relazione presente che il nuovo oggetto d’amore va a colmare.

Infine, un altro fattore favorente l’innamoramento sono dei particolari momenti di passaggio esistenziale in cui un nuovo assetto identitario va definito e di cui l’altro diventa testimone. Mentre nell’amore (ovvero nella forma cronicizzata) l’altro è il testimone di una vita (come vedremo più avanti), nell’acuzie dell’innamoramento l’altro è il validatore assoluto del presente.

Fasi particolarmente esposte saranno dunque l’adolescenza in cui si passa da una identità fondata sulla famiglia d’origine ad una fondata sul mondo esterno e il gruppo dei pari; l’inizio dell’età adulta con la conquista dell’autonomia e la creazione di un nuovo nucleo familiare e infine il passaggio alla terza età proverbiale per le crisi da menopausa e andropausa quando più forte emerge il bisogno di riconoscimento per un corpo e una identità anche di ruolo sociale che cambia drasticamente. Non è dato sapere se l’innamoramento sia esperienza frequente anche subito dopo il passaggio nell’al di là che tra tutti è il più radicale, vedremo a suo tempo se ci innamoreremo di qualche angelo o di una diavolessa procace. Una volta compreso il ruolo di validazione del sé che l’innamoramento può avere, non solo nelle personalità narcisistiche dove tale reciproca ricarica è in primo piano nella genesi e nel mantenimento, non sarà difficile immaginare che innamoramenti possono essere scatenati da cambiamenti della propria condizione (gli esiti di una grave malattia, tracolli economici, pensionamento, perdita di importanti legami). Quando ci si scopre diversi si ha bisogno di qualcuno che validi e stabilizzi la nuova identità.

Una volta innescato l’innamoramento funzionano da rinforzo le emozioni positive che si sperimentano nello stare insieme e da rinforzo negativo le pene indicibili dell’assenza. Spesso le persone si interrogano se una certa scelta, ed in particolare quelle affettive, siano state fatte razionalmente o siano frutto di condizionamenti come se non fossimo noi stessi il frutto della nostra storia, dei nostri incontri e fosse possibile e auspicabile essere una “tabula rasa”. Altro non siamo se non l’insieme dei nostri determinanti genetici e ambientali (Pinker 2006).

L’innamoramento che è esclusivo, nel doppio significato che non lo si può essere di due oggetti contemporaneamente né si può tollerare che l’altro lo sia, se vissuto pienamente con una full immersion può attenuarsi progressivamente fino a cessare del tutto o trasformarsi nella forma cronica normalmente chiamata “amore” che perde quasi del tutto la caratteristica dell’esclusività e smussa molti degli aspetti assolutistici sopradescritti diventando altro di cui parleremo più avanti.

Si può verificare anche una evoluzione negativa, cronica e dannosa dell’innamoramento che è il cosiddetto “innamoramento interruptus”. A somiglianza del lutto non elaborato, fissa l’immagine dell’oggetto in una teca intoccabile e paralizza l’esistenza del soggetto in un presente che non ha futuro e non riesce a diventare passato (i terribili incorruttibili amori eterni che sottraggono libido all’esistenza di cui è ricca la letteratura di tutti i tempi): i segni più evidenti di questo blocco sono i ricordi intrusivi e la perdita di interesse per il presente reale, una sorta di depressione cronica che può condizionare tutta la vita. Per la fenomenologia delle varie fasi dell’esperienza amorosa si veda Roland Barthes Frammenti di un discorso amoroso un saggio in bilico tra scienza, fenomenologia e poesia del semiologo francese organizzato per 80 voci ordinate alfabeticamente, il libro è uscito per le Éditions du Seuil nel 1977 e tradotto da per Einaudi nel 1979.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Branden N. 2010 “La psicologia dell’amore romantico”. Ed. Corbaccio
  • Galimberti U.2004 “Le cose dell’amore” ed. Feltrinelli.
  • Lorenzini R., Sassaroli S. 1995 “Attaccamento, conoscenza e disturbi di personalità” Ed. Raffaello Cortina, Milano.
  • Lorenzini R., Sassaroli S. 2000 “La mente prigioniera: strategie di terapia cognitiva” Ed. Raffaello Cortina, Milano.
  • Pinker S. 2006 “Tabula rasa” ed Mondadori Milano
  • Barthes R. 1979 “Frammenti di un discorso amoroso” ed. Einaudi.
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