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Quali sono le implicazioni neurologiche nel Disturbo da stress post-traumatico (PTSD)?

Il PTSD può svilupparsi in seguito all’esposizione di un soggetto a uno o più eventi traumatici. Cosa succede all'interno del nostro cervello?

Di Cristina De Dominicis

Pubblicato il 12 Nov. 2020

Aggiornato il 13 Nov. 2020 13:48

Un evento traumatico può causare delle modificazioni neurotrasmettitoriali, determinate dai fattori ormonali attivati dallo stress, che quantificano la cronicità del disturbo e la persistenza delle conseguenze dell’esposizione del soggetto all’evento traumatico.

 

Pierre Janet asseriva:

Tutti i famosi moralisti dei tempi passati hanno posto l’attenzione al modo in cui certi eventi lasciano ricordi indelebili e stressanti, ricordi a cui chi ne è afflitto fa continuamente ritorno, e dai quali si sente tormentato giorno e notte..

Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) rappresenta una patologia di derivazione mentale molto comune, caratterizzata dall’insieme di forti e profonde sofferenze psicologiche che conseguono a un evento di tipo traumatico, catastrofico e spesso violento.

Prescindendo dal fattore scatenante, tutto ciò conduce a disagi clinicamente significativi o compromissioni nelle interazioni sociali, nella capacità di lavorare e in altre aree importanti per il normale funzionamento, accompagnati da una reattività psicologica cronica abnorme rispetto alla situazione e quindi dalla conseguente incapacità di regolare le reazioni emotive provenienti da stimoli interni o esterni.

Il PTSD può svilupparsi in seguito all’esposizione di un soggetto a uno o più eventi traumatici, come ad esempio: incidenti stradali, aerei, terremoti, aggressioni sessuali, atti di terrorismo o altri tipi di minacce che possono insorgere nella vita di un individuo.

Ma quali sono i criteri diagnostici? Riportando la quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM 5; APA, 2013), per lo sviluppo di un PTSD è necessario che:

  • CRITERIO A: La persona sia stata esposta a un trauma, quale la morte reale o una minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale facendo un’esperienza diretta o indiretta dell’evento traumatico oppure venendo a conoscenza di un evento traumatico violento o accidentale accaduto ad un membro della famiglia o ad un amico stretto. Un’altra possibile causa traumatica che può portare allo sviluppo di un PTSD è l’esposizione ripetuta o estrema a dettagli crudi dell’evento traumatico, come ad esempio succede ai primi soccorritori che raccolgono resti umani o agli agenti di polizia ripetutamente esposti a dettagli di abusi su minori.
  • CRITERIO B: Sintomi intrusivi correlati all’evento traumatico insorgano dopo l’evento traumatico, e possono manifestarsi sotto forma di ricordi del trauma ricorrenti, involontari ed intrusivi, sogni spiacevoli ricorrenti in cui il contenuto e/o le emozioni del sogno sono collegati all’evento traumatico e reazioni dissociative come flashback in cui ci si sente o si agisce come se l’evento traumatico si stesse ripresentando. Le reazioni dissociative possono arrivare alla completa perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante. Inoltre può essere presente intensa o prolungata sofferenza psicologica nonché marcate reazioni fisiologiche all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico.
  • CRITERIO C: Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico, viene messo in atto dopo l’evento traumatico. La persona evita o tenta di evitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati all’evento traumatico. Inoltre, vengono evitati fattori esterni quali persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti e situazioni che possono suscitare ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati all’evento traumatico.
  • CRITERIO D: Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associate all’evento traumatico si manifestano dopo l’evento traumatico. La persona può non ricordare qualche aspetto importante dell’evento traumatico (dovuta tipicamente ad amnesia dissociativa e non ad altri fattori come trauma cranico, alcool o droghe), sviluppare persistenti ed esagerate convinzioni o aspettative negative su se stessi, gli altri, o il mondo. Possono manifestarsi pensieri distorti e persistenti relativi alla causa o alle conseguenze dell’evento traumatico che portano a dare la colpa a se stessi oppure agli altri. Si può inoltre sperimentare uno stato emotivo negativo e provare sentimenti persistenti di paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna, una marcata riduzione di interesse o partecipazione ad attività significative, sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri o incapacità di provare emozioni positive come felicità, soddisfazione o sentimenti d’amore.
  • CRITERIO E: Marcate alterazioni dell’arousal e della reattività associate all’evento traumatico, si manifestano dopo l’evento traumatico come comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia (con minima o nessuna provocazione) tipicamente espressi nella forma di aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o oggetti, comportamento spericolato o autodistruttivo, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, difficoltà relative al sonno come difficoltà nell’addormentarsi o nel rimanere addormentati oppure sonno non ristoratore.
  • CRITERIO F: La durata delle alterazioni descritte è superiore ad 1 mese.
  • CRITERIO G: L’alterazione causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.
  • CRITERIO H: L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza come ad esempio farmaci o alcol o a un’altra condizione medica.

A seguito di un evento stressante, oltre a sviluppare un PTSD, si possono manifestare anche sintomi dissociativi non attribuibili agli effetti fisiologici di una sostanza o ad un’altra condizione medica. Questi sintomi dissociativi possono riguardare:

  • LA DEPERSONALIZZAZIONE: ci si può sentire distaccati dai propri processi mentali come se si fosse un osservatore esterno al proprio corpo (ad esempio sensazione di essere in un sogno; sensazioni di irrealtà di se stessi o del proprio corpo o del lento scorrere del tempo).
  • LA DEREALIZZAZIONE: si possono avere cioè persistenti o ricorrenti esperienze di irrealtà dell’ambiente circostante (ad esempio il mondo intorno sembra irreale, onirico, distante o distorto).

In un ottica bio-psico-sociale, risulta possibile asserire che l’ambiente in cui cresce e si sviluppa la personalità del soggetto, accompagnato dagli eventi di vita e dalla personale predisposizione genetica, costituiscono dei fattori fondamentali per lo sviluppo di una particolare modalità di risposta all’evento stressante.

Pitman, Orr e Shalev (1993) affermano che gli stimoli che conducono l’individuo a reagire in modo eccessivo possono non essere condizionati a sufficienza; una serie di cause non direttamente collegate all’esperienza traumatica possono risultare cumulative all’evento stesso, tali appunto da provocare delle reazioni estreme quali: anedonia, disturbi del sonno, evitamento e ritiro sociale, deficit di concentrazione, agitazione, irritabilità frequenti e un pattern d’eccitazione cronico. In assenza di un trascorso ricco di avversità, in seguito all’esposizione a un grave trauma, il soggetto ha la possibilità di poter sviluppare o meno il disturbo, possibilità che non è una certezza. Allo stesso modo non tutti i soggetti esposti in età infantile ad eventi di vita avversi, sviluppano la patologia. Semplicemente, alcuni eventi di vita, possono essere in grado di dar luogo a un fenotipo vulnerabile predisponente alla malattia, soprattutto se il soggetto subisce una nuova esposizione a traumi e stress.

La diretta conseguenza di vissuti ed esperienze stressanti, comporta una condizione che Hans Selye definisce “sindrome generale di adattamento” che consta di tre fasi: la prima di Allarme, in cui il soggetto cerca di allocare le risorse necessarie per far fronte alla situazione, con una conseguente attivazione del sistema nervoso autonomo e precisamente la componente del simpatico ed in particolare l’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), se lo sforzo si protrae nel tempo ha avvio la fase della Resistenza, l’individuo cerca di adattarsi ma questo può portare alla formazione di ulcere ed all’ingrossamento delle ghiandole surrenali fino a giungere alla terza fase ossia quella dell’Esaurimento, quando l’esposizione all’evento stressante si protrae in modo abnorme e l’organismo non può mantenere oltre lo stato di resistenza, così esaurisce le energie impiegate nell’adattamento rischiando danni irreversibili.

Un eccesso di risposta comporta una sovrapproduzione di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”, con alcune ricadute importanti e potenzialmente nocive sulla pressione arteriosa, sull’attività cardiaca, sulla funzione renale e sull’equilibrio glicemico. Numerosi studi, accompagnati dall’utilizzo di tecniche di neuroimaging ed indagini scientifiche, hanno riportato alcune modifiche a livello neuroanatomico, nei soggetti affetti da PTSD. Tali modifiche interessano principalmente il sistema libico ed in particolar modo l’Ippocampo, che presenta una evidente e significativa atrofia. Proprio a tal proposito, con lo scopo di spiegare la natura dell’atrofia ippocampale nel disturbo da stress post-traumatico, alcuni studi hanno individuato l’esposizione ai glucocorticoidi, ossia gli ormoni steroidei secreti durante lo stress, come il principale fattore di rischio del PTSD.

Sebbene l’origine certa, alla base dell’eziopatogenesi del disturbo, risulti ancora controversa si pensa che un ippocampo atrofico, sia il risultato di una sua prolungata esposizione ai glucocorticoidi, ricordiamo che la secrezione dei glucocorticoidi è stimolata dall’ormone adenocorticotropo (ACTH). Il cortisolo prima citato come risposta allo stress, è appunto il principale ormone glucocorticoide.

Secondo Yehuda, il meccanismo di atrofia ippocampale risulta dovuto ad un’alterazione dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), che non è causata da scarsi livelli di cortisolo, bensì da un incremento del feedback negativo dell’asse stesso. Infatti, i ridotti livelli di cortisolo, non sono altro che la conseguenza di un aumento del feedback dello stesso sulla ghiandola pituitaria e quindi sull’ipotalamo. A questo punto, è possibile affermare che all’aumentare della sensibilità dei recettori ippocampali per i glucocorticoidi, aumenterà anche la vulnerabilità ippocampale all’atrofia anche in assenza di levati livelli di cortisolo. Quindi risulterebbe l’attivazione dei recettori dei glucocorticoidi e non specificatamente i livelli di cortisolo, in grado di causare quella serie di eventi, aventi come risultato finale, una degenerazione neuronale.

Incubi, flashback, pensieri intrusivi, immagini sensoriali e altri sintomi del PTSD possono essere il risultato della continua attivazione delle informazioni immagazzinate in modo alterato.

Un blocco nell’elaborazione, ne impedisce la transizione delle informazioni riguardanti l’evento traumatico attraverso le fasi normali dell’integrazione adattiva, queste ultime arrivano al Sistema Nervoso Centrale attraverso gli organi di senso, per poi essere trasferite al talamo qui sono parzialmente integrate prima che questo, a sua volta, le invii al fine di effettuare ulteriori valutazioni sia all’amigdala che alla corteccia pre-frontale. L’amigdala conferisce un significato emotivo agli eventi, mentre l’ippocampo anatomicamente ad essa adiacente, arricchisce l’informazione attribuendo un significato verbale. Entrambi svolgono un ruolo centrale nell’acquisizione e nella fissazione dell’informazione. Quindi possiamo affermare che talamo, amigdala, ippocampo e corteccia prefrontale risultano coinvolti nei processi di interpretazione, integrazione e memorizzazione delle informazioni provenienti dagli organi di senso, tuttavia sembrano essere disturbati da elevati livelli di eccitazione. Infatti, se la moderata attivazione da parte dell’amigdala aumenta la memoria dichiarativa mediata dall’ippocampo, un alto livello eccitatorio ostacola la sua funzionalità. Esiste una sufficientemente consolidata letteratura che indica come in conseguenza ad alcune situazioni traumatiche, specialmente se queste risultano essere estreme e ripetute nel tempo, come ad esempio nel caso dell’abuso sessuale intrafamiliare, hanno luogo specifiche alterazioni neurologiche e biochimiche la cui certa implicazione non è tutt’ora compresa.

I ricordi traumatici, conducono ad un’eccessiva eccitazione da parte dell’amigdala che genera risposte emotive ed impressioni sensoriali che potrebbero basarsi unicamente su frammenti di informazione (componenti sensoriali come ad esempio immagini visive, sensazioni uditive, tattili o olfattive, oppure come vivide rappresentazioni dell’evento traumatico stesso), piuttosto che su di una percezione completa. Quando viene richiamato alla mente un ricordo traumatico, ne consegue una aumentata attività dell’emisfero cerebrale destro, che si verifica in particolar modo nelle aree coinvolte nell’eccitazione emotiva e quindi strettamente legate a quelle sezioni del sistema limbico, correlate all’amigdala. L’area di Broca, la zona dell’emisfero sinistro responsabile della verbalizzazione delle esperienze personali, sembra essere spenta, ecco perché i soggetti che subiscono un’esperienza traumatica provano una sorta di terrore muto; conseguentemente non sono in grado di tradurre l’evento traumatico in parole. Ciò deriva da un’atipica ed insolita elaborazione e fissazione dell’informazione: l’evento traumatico produce un’attivazione del locus coeruleus, la cui scarica noradrenergica a sua volta conduce all’iperattivazione dell’amigdala e della corteccia, inibendo però l’ippocampo.

A causa di una simile condizione l’informazione, che è carica di significati emotivi assegnati dall’amigdala, non può essere ampliata con i significati verbali e simbolici da parte dell’ippocampo che risulta essere strutturalmente ridotto e quindi atrofico, per l’azione dei glucocorticoidi. Il risultato è quello di un’anomala fissazione e dell’informazione, che non sarà effettuata sotto forma di ricordo, ma di vissuto. L’evento traumatico quindi, rappresenta la causa delle modificazioni neurotrasmettitoriali, determinate dai fattori ormonali attivati dallo stress che quantificano la cronicità del disturbo e la persistenza delle conseguenze dell’esposizione del soggetto all’evento traumatico. Tuttavia, ad oggi, risulta ancora largamente sconosciuto l’esatto meccanismo della sua interazione che parte dall’evento traumatico fino al manifestarsi del PTSD.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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