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Vasco Rossi, la timidezza e l’arte

Fine degli anni ’70 Vasco Rossi, allora timido adolescente, incontra spesso una ragazza alla fermata: il suo modo per esporsi è scriverle una canzone

Di Luca Calzolari

Pubblicato il 19 Ott. 2020

‘La timidezza è una malattia gravissima, che mi toglie l’energia…Io la combatto con tutte le mie forze, ma spesso vince lei’.

 

‘Invidio poca gente, ma i non timidi sì…non hanno pippe, vivono bene, non hanno scudi…..Dicono che i timidi fanno simpatia! E allora? A me la timidezza non piace, va bene? Anche perché a volte sconfina nella presunzione…Il timido deve convincersi che non è al centro dell’universo. Mi ricordo che da ragazzo, avrò avuto 15 anni, non volevo entrare al cinema con la luce accesa.. perché mi imbarazzava che la gente mi guardasse, e un mio amico mi disse: Ma pensi che stiano lì a guardare TE? Ma cosa vuoi che gliene freghi di te, non sanno nemmeno chi sei… E poi fra dieci minuti ti hanno già dimenticato…..perché inizia il film…Datti una calmata’ (V. R.).

Ovviamente non stiamo delineando alcun quadro psicopatologico ma solo la semplice presenza, come riportato nelle parole del protagonista di questo articolo, di emozioni di timidezza, di un marcato giudizio critico verso di essa e comportamenti in cui si percepisce la fatica nell’esporsi a certi contesti sociali. Questo articolo non ha alcuna pretesa clinica ma ha come scopo quello di notare, attraverso una bella storia, su quanto l’esito della lotta contro parti di noi che non ci piacciono abbiano evidentemente avuto un ruolo nella genesi di una, facciamo due, tra le canzoni d’amore italiane più famose degli ultimi decenni. Intanto qualche informazione di contesto.

Siamo alla fine degli anni ’70, provincia modenese e Zocca nello specifico, un ragazzo nel pieno dell’adolescenza, tale Vasco Rossi, incontra spesso alla fermata della corriera, una certa Giovanna, figlia del titolare del bar sotto casa. La vede andare tutti i giorni a scuola, ma qui ritornano quegli aspetti collegati alla timidezza, la guarda solamente, senza esporsi, quella timidezza lo blocca. Tutti noi in una situazione del genere avremmo potuto pensare, qualora avessimo scelto con fatica di esporci, di scriverle un messaggio, mandare un amico per parlarle, come inventarsi altre soluzioni, anche creative, perché il desiderio di conoscerla accidenti se non sarebbe stato presente come pure quella lotta con quella timidezza. Beh la creatività di questo adolescente va un po’ oltre. Il suo modo per esporsi è quello di scriverle una canzone ‘in realtà quando ho scritto la canzone non la conoscevo, ho l’immagine di lei che scende dalla corriera quando tornava dalla scuola quindi mi sono costruito l’immagine Albachiara senza neanche capire come si chiamava’.

Ed, infatti, scrive dettagli che percepisce dalla finestra cogliendo quegli aspetti di timidezza per lui familiare:

Respiri piano per non far rumore
Ti addormenti di sera
Ti risvegli con il sole
Sei chiara come un’alba
Sei fresca come l’aria
Diventi rossa se qualcuno ti guarda
E sei fantastica quando sei assorta
Nei tuoi problemi
Nei tuoi pensieri
Ti vesti svogliatamente
Non metti mai niente
Che possa attirare attenzione
Un particolare
Solo per farti guardare
E con la faccia pulita
Cammini per strada mangiando una
Mela coi libri di scuola
Ti piace studiare
Non te ne devi vergognare..

Qualche anno dopo, nel 1983, Vasco trova il coraggio di confessare alla ragazza di averlo ispirato, ricordiamoci i costi di quella lotta con la timidezza. Lei in un primo momento non ci vuole credere, poi si offende, lasciandolo molto amareggiato. E qui ci possiamo mettere un po’ della nostra storia, di come avremmo potuto reagire di fronte al comportamento di lei, ritornano i bigliettini, gli amici o la creatività, beh su quell’ultimo punto quel ragazzo che ormai non è più adolescente se ne inventa un’altra, le dedica un’altra canzone per convincerla ‘Una canzone per te’, così:

Una canzone per te
E non ci credi, eh?
Sorridi e abbassi gli occhi un istante
E dici, ‘Non credo d’essere così importante’
Ma dici una bugia
Infatti scappi via..

Tornano in questa storia prepotenti le barriere, le lotte interne, che spesso ingaggiamo con alcuni pezzi che non ci piacciono. Ma torna anche ciò che c’è dietro quella barriera, qualcosa di significativo per noi, che ci può motivare ad aprirci a quel dolore. Poi c’è il genio, ma questa è un’altra storia; qui al massimo deviamo su bigliettini, oggi magari social, o l’aiuto dell’amico fidato che rimangono comunque valide strategie nel mollare il controllo e andare verso ciò che per noi è importante

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