Nel periodo dell’emergenza sanitaria da Covid-19, la diffusione rapida e facile del virus ha fatto scaturire ed esacerbare le paure o i disturbi mentali già presenti nella popolazione, come era stato preannunciato da numerosi esponenti sanitari. Come mai?
La pandemia da COVID-19, espandendosi dalla Cina ad ogni parte del mondo, ha costretto miliardi di persone ad un lockdown forzato, al fine di ridurre il numero di contagi giornalieri. Le conseguenze delle restrizioni e della paura trasmessa soprattutto dalle informazioni ricevute mediaticamente, variano a seconda della popolazione e della tipologia di piano restrittivo adottato dallo Stato. Comunemente però, la diffusione rapida e facile del virus ha fatto scaturire ed esacerbare le paure o i disturbi mentali già presenti nella popolazione, come era stato preannunciato da numerosi esponenti sanitari. Come mai?
Si è notato come, a causa della chiusura di una moltitudine di aziende e ditte, molti imprenditori abbiano perso la loro fonte principale di reddito, trovandosi in una situazione molto difficile da sostenere sia dal punto di vista economico che psicologico. Lo stress, l’allontanamento dall’ambiente sociale e dalle relazioni più care, l’isolamento e la percezione della paura, la sofferenza e le morti viste sia da vicino che udite dai mass media, hanno contribuito ad aumentare il tasso dei tentativi di suicidi nel periodo pandemico. Infatti, coloro che sono in terapia a causa di disturbi dell’umore, disturbi d’ansia o altre categorie di patologie, sia per ragioni economiche, sia per motivazioni intrinseche correlate alla poca aderenza al trattamento o dell’allontanamento fisico dal terapeuta, hanno visto un peggioramento la loro condizione patologica. I disturbi dell’umore e i disturbi d’ansia sono delle condizioni patologiche che determinano in chi ne è affetto una sensazione di disagio, malessere, disadattamento e, in alcuni casi, una moltitudine di disfunzioni cognitive, che non garantiscono il corretto funzionamento della persona nell’ambito sociale.
Alcune ricerche svolte da Sher e colleghi (2020) sulla percezione di benessere economico e soddisfazione personale, hanno concesso di comprendere come ci possa essere anche in senso inverso una relazione, correlando uno status socio economico basso o in decaduta ad un aumento dei pensieri e tentativi suicidari. E’ possibile comprendere come il deficit ed il crollo economico derivato dalla pandemia di coronavirus sia in parte responsabile della decisione estrema di molte persone. Se considerato anche il peggioramento delle condizioni di malattia mentale, allora si possono intendere con più chiarezza i dati che le testate giornalistiche e le fondazioni di ricerca forniscono.
I tassi di suicidio, come si nota da molte ricerche svolte anche durante le crisi degli anni addietro, aumentano in corrispondenza del mancato rapporto sociale, in carenza di sostegno ed isolamento sociale. Le politiche di distanziamento e lockdown a cui siamo stati soggetti per evitare di essere contagiati e per aiutare il Sistema Sanitario Nazionale, hanno enfatizzato le condotte suicidarie in quanto si sono basate soprattutto sull’allontanamento dalle altre persone, per costringere la diffusione del coronavirus. Da inizio Marzo, ovvero dall’inizio delle politiche di isolamento domiciliare, i suicidi e tentativi di suicidio sono stati circa 200 (banca dati Fondazione BRF, Osservatorio suicidi Covid-19).
Le difficoltà economiche rendono difficile la ricerca di un trattamento da parte di chi è in uno stato di malessere e disagio, in quanto non si ha la disponibilità finanziaria per iniziare un trattamento terapeutico.
Pertanto, la moltitudine di fattori sopraelencati lascia intendere quanto sia importante prevenire una situazione sovrastante e sostenere le persone più vulnerabili psicologicamente – e non solo – in quanto in seguito alla morte di una persona, rimangono tutti coloro che la circondavano a scontarne il dolore, provocando quasi una reazione a catena incentrata sulla sofferenza.