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Ridere in terapia: le funzioni della risata in psicoterapia

Ridere in psicoterapia: per un terapeuta è importante essere consapevole del significato delle risate di un paziente e della loro funzione

Di Alberto Dionigi

Pubblicato il 23 Set. 2020

La risata rappresenta un arcaico segnale comunicativo di grande rilevanza per le interazioni sociali ed è spesso associata a diversi costrutti come il temperamento, lo stato emotivo e l’empatia. Come si colloca la risata nel contesto della psicoterapia?

 

Negli ultimi decenni l’umorismo è stato oggetto di una sempre maggiore attenzione da parte della comunità scientifica, specialmente nel campo della psicologia (Martin & Ford, 2018). Soggettivo, ma culturalmente onnipresente, l’umorismo nella comunicazione umana è stato ampiamente studiato da diversi approcci, principalmente analisi del discorso e psicologia e uno degli ambiti in cui esso può essere presente è quello della psicoterapia (Sultanoff, 2013). Tuttavia, un aspetto che viene spesso confuso e assimilato totalmente con l’umorismo è quello della risata: per diverso tempo lo studio empirico ha fatto coincidere i due termini, vedendo la seconda come strettamente connessa con il primo. Va però sottolineato come solo il 10-15% delle risate durante le interazioni sociali siano legate all’umorismo (Provine, 2004). La risata rappresenta un arcaico segnale comunicativo di grande rilevanza per le interazioni sociali spesso associata a diversi costrutti come il temperamento, lo stato emotivo e l’empatia (Ruch et al., 2019). Ci sono numerose evidenze che mostrano come la posizione della risata in una conversazione non sia casuale (Glenn & Holt, 2017) ed è quindi importante identificare le funzioni e l’azione di sequenze a cui è associata.

Funzioni della risata nella conversazione

La risata è spesso il risultato di una attività cooperativa di conversazione fra due o più interlocutori, non necessariamente legata all’umorismo. Fra le diverse funzioni della risata troviamo: (1) servire da “invito” a ridere, producendo risate condivise (Jefferson, 1979); (2) mostrare una comprensione di ciò che l’interlocutore sta dicendo (Schegloff, 2007); (3) enfatizzare la volontà di collaborare alla chiusura o definire una particolare traiettoria della conversazione (Holt, 2010). Inoltre, può anche verificarsi indipendentemente dall’umorismo in diversi contesti, come segno di imbarazzo o nervosismo in situazioni in cui le persone parlano dei loro problemi (Jefferson, 1979) o in conversazioni conflittuali in quanto viene utilizzata come strategia di mitigazione (Norrick & Spitz, 2008). Oltre alle diverse funzioni che la risata può servire, essa è strettamente legata all’asimmetria dei ruoli in contesti istituzionali: ad esempio è stato rilevato come i medici tendano a non ricambiare le risate dei pazienti, dato il loro ruolo e il compito che devono svolgere (Hakaana, 2010).

Ridere in psicoterapia

L’interesse per lo studio del ridere in psicoterapia è aumentato nel corso degli ultimi dieci anni, sebbene già di interesse di Sigmund Freud. Secondo il padre della psicoanalisi la risata rappresenta una scarica di energia psichica derivante da una tensione inibita che viene liberata attraverso il ridere (Freud, 1905). Inoltre, secondo la teoria psicoanalitica l’umorismo rappresenta un meccanismo di difesa maturo che aiuta una persona a prendere le distanze da eventi e ricordi dolorosi.

A tal proposito, uno studio statunitense (Marci et al., 2004) ha esaminato le interazioni fra terapeuti e pazienti in dieci sessioni di psicoterapia psicodinamica, attraverso l’analisi della conversazione delle videoregistrazioni delle sedute, mostrando come gli psicoterapeuti hanno mostrato un numero notevolmente minore di risate rispetto ai loro pazienti. La maggior parte delle risate sono state prodotte dagli stessi pazienti dopo aver pronunciato contenuti sensibili e non in risposta a commenti o frasi del terapeuta. I pazienti hanno riso più del doppio rispetto ai terapeuti, spesso ricorrendo alle cosiddette “risate nervose”, per mitigare l’ansia inerente il tema trattato. Da questo studio emerge come il significato delle risate di un paziente possa essere estremante diverso da quello di uno psicoterapeuta in quanto spesso funziona come meccanismo di difesa per proteggere l’individuo da una situazione imbarazzante o che provoca ansia. In un altro studio, Gibson e Tantam (2017) hanno suggerito l’ipotesi che la risata di invito da parte dei pazienti possa rappresentare una richiesta masochistica in quanto si ricercherebbe inconsciamente l’umiliazione del terapeuta.

Un recente studio italiano ha indagato il ruolo della risata in ambito cognitivo-comportamentale (Dionigi & Canestrari, 2018). In linea con altri studi sulla stessa materia, la ricerca italiana ha rivelato che ridere in psicoterapia assolve una grande varietà di funzioni, non solo legate al divertimento. Parte delle risate dei pazienti ha avuto la funzione di mitigare il disaccordo con quanto detto dal terapeuta e solo in un numero minore di casi la risata ha avuto la funzione di mostrare un accordo con il terapeuta. Questi risultati sono in linea con precedenti studi che, sempre utilizzando un approccio di ricerca basato sull’analisi conversazionale, hanno mostrato come vi siano sono costanti corrispondenze e disallineamenti nelle interazioni tra terapeuta e paziente durante una sessione di psicoterapia (Peräkylä, 2008).

Sempre nello studio di Dionigi e Canestrari (2018) si è evidenziato come le risate vengano spesso utilizzate dai pazienti quando parlano di problematiche delicate, strettamente legate al motivo per cui hanno chiesto una consultazione terapeutica. Una possibile spiegazione di questo fenomeno è che quando si parla di questioni sensibili, i pazienti menzionano aspetti di sé stessi che li ritraggono in una luce sfavorevole. Questo potrebbe rappresentare una possibile “frattura” del loro io ideale e il ridere sottolineerebbe un momento di imbarazzo. Inoltre, ridere quando si parla di un problema delicato può essere visto come un segnale meta-comunicativo relativo alla consapevolezza del paziente della propria situazione. Anche la posizione della risata non è casuale: la risata nervosa spesso appare alla fine del turno di conversazione, consentendo al paziente di “scaricare” la propria ansia per la situazione che sta vivendo.

Dal punto di vista applicativo, per un terapeuta è importante essere consapevole che le risate di un paziente possono accompagnare l’introduzione di un tema delicato, in modo da guidare il focus del colloquio. Dopo una risata nervosa del paziente, infatti, si possono utilizzare generalmente due strategie: chiedere maggiori informazioni in merito a quanto detto o rimanere silenti, in attesa che il paziente stesso continui a parlare del tema delicato. Cambiare argomento rappresenta invece una interruzione del flusso comunicativo (Dionigi & Canestrari, 2018).

Infine, uno studio recentissimo ha evidenziato anche aspetti disfunzionali del reciprocare la risata dei pazienti da parte dei terapeuti. Ridere insieme ai pazienti che usano l’umorismo in modo difensivo potrebbe rafforzare l’evitamento emotivo, in quanto non in grado di riconoscere il dolore sottostante la risata. A questo proposito è importante che i terapeuti valutino il tenore della risata dei pazienti, in modo da decidere se ridere con i pazienti, creando un senso di condivisione empatica oppure non reciprocare la risata e indagare in maniera più approfondita il tema presentato (Hussong  & Micucci, 2020).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Dionigi, A., & Canestrari, C. (2018). The role of laughter in cognitive-behavioral therapy: case studies. Discourse Studies, 20(3), 323-339.
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  • Gibson, N., & Tantam, D. (2017). The Best Medicine? The Nature Of Humour And Its Significance For The Process of Psychotherapy. Existential Analysis: Journal of the Society for Existential Analysis, 28(2), 272-287.
  • Haakana, M. (2010). Laughter and smiling: Notes on co-occurrences. Journal of Pragmatics, 42(6), 1499-1512.
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  • Jefferson, Gail (1979) A technique for inviting laughter and its subsequent acceptance/declination. In G. Psathas (Ed.) Everyday language: Studies in ethnomethodology, pp.79-96.
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  • Sultanoff, S. M. (2013). Integrating humor into psychotherapy: Research, theory, and the necessary conditions for the presence of therapeutic humor in helping relationships. The humanistic psychologist, 41(4), 388-399.
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