Uno studio recente (Heirings et al., 2019) ha sottoposto 723 giovani reclusi presso il Missouri State Division of Youth Services (DYS) a un’indagine sul rapporto tra i tratti personologici di psicopatia e il suicidio.
Tra le cause di morte per gli adolescenti statunitensi il suicidio è secondo solo agli incidenti automobilistici (Centers for Disease Control and Prevention, 2011). Se il dato sul rischio suicidario è vero per la popolazione giovanile in generale, questo è ancor più pronunciato all’interno della cerchia della delinquenza giovanile, arrivando a costituire la prima causa di morte tra i giovani in reclusione (Bureau of Justice Statistics, 2017).
Una spiegazione per l’alto tasso di suicidio tra i giovani con tendenze ad attuare condotte criminali risiede nella presenza di psicopatologie, spesso legate anche all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Tra gli aspetti personologici, il legame che la psicopatia ha con il rischio suicidario è controverso: da una parte, i deficit nella comprensione delle emozioni, l’assenza di reazione a stimoli stressanti/ansiogeni e la limitata empatia sembrerebbero avere un ruolo protettivo nei confronti dell’attitudine suicidaria; dall’altra parte, l’impulsività, la rabbia, il desiderio di manipolazione e sfruttamento dell’altro sembrerebbero costituire viceversa un fattore di rischio (Boduszeket al., 2016; Perez et al., 2016; Shagufta et al., 2015).
Ciononostante, la maggior parte della letteratura scientifica si è soffermata sul tema soprattutto indagando l’aspetto dal punto di vista della popolazione adulta.
Per far luce sul tema tra gli adolescenti, uno studio recente (Heirings et al., 2019) ha sottoposto 723 giovani reclusi presso il Missouri State Division of Youth Services (DYS) a un’indagine sul rapporto tra i tratti personologici psicopatici e il suicidio.
L’ideazione suicidaria è stata misurata utilizzando la sottoscala Traumatic Experience del Massachusetts Youth Screening Inventory (MAYSI-2; Grisso et al., 2001); i tentativi di suicidio – se presenti – sono stati indicati direttamente dai partecipanti attraverso un self-report (il 25,5% di loro aveva effettivamente tentato il suicidio).
Per la misurazione dei tratti psicopatici è stato utilizzato il Psychopathic Personality Inventory – Short Form (PPI-SF; Lilienfeld & Hess, 2001).
Dai risultati si è riscontrato che la psicopatia si è rivelata un fattore di rischio sia per l’ideazione suicidaria, sia per i tentativi di suicidio – seppur quest’ultima associazione si sia rivelata meno robusta quando si sono moderati i risultati includendo la diagnosi di depressione e l’utilizzo di antidepressivi. Inoltre, mentre alcune caratteristiche legate all’affettività – come l’appiattimento emotivo e l’assenza di reazione a stimoli stressanti/ansiogeni sembrerebbero avere un ruolo protettivo nei confronti del suicidio, altre componenti comportamentali e di stile di vita – tra cui l’impulsività, l’audacia, l’anti-conformismo, la colpevolizzazione degli altri – sono state trovate positivamente associate all’ideazione suicidaria.
Questi risultati sono coerenti con quelli evidenziati in letteratura sinora: la psicopatia sembrerebbe in effetti una dimensione personologica determinata dalla presenza di due aspetti psicopatologici distinti dove, a una dimensione più fredda e anaffettiva, ne corrisponde una seconda più impulsiva e distruttiva: mentre quest’ultima componente sarebbe associata a un più alto rischio suicidario, la prima sembrerebbe assicurare un ruolo protettivo (Boduszeket al., 2016; Perez et al., 2016; Shagufta et al., 2015).
I risultati di questa ricerca sono utili non solo per confermare la presenza di una bifattorialità personologica nella psicopatia nei confronti della propensione al suicidio in una popolazione giovane, ma anche per i professionisti che hanno in cura o sorvegliano i giovani nei centri di detenzione e di collocamento residenziale, dove il suicidio rappresenta la principale causa di morte.