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Disturbo bipolare: i benefici di una buona alleanza di lavoro

Uno studio si propone di indagare gli effetti della alleanza di lavoro tra paziente e curanti in un campione di soggetti con disturbo bipolare

Di Catia Lo Russo

Pubblicato il 19 Giu. 2020

Nonostante il trattamento, molti pazienti affetti da disturbo bipolare soffrono di una compromissione del funzionamento e di una diminuzione della qualità della vita. Una buona collaborazione tra paziente e figure professionali potrebbe certamente influenzare positivamente gli esiti del trattamento.

 

Il disturbo bipolare è un disturbo cronico dell’umore, caratterizzato da ricorrenti episodi depressivi e maniacali o ipomaniacali (AAI, 2000). La prevalenza a vita per questo tipo di disturbo va dall’ 1.5% al 2.4% (De Graaf, Ten Have, Van Gool,& Van Dorsselaer, 2011), comportando un funzionamento marcatamente alterato ed una diminuzione della qualità della vita. Inoltre, i pazienti considerano i sintomi depressivi più pesanti e debilitanti rispetto a quelli maniacali (IsHak et al., 2012).

Nello specifico, è stato sviluppato un programma di assistenza collaborativa (Collaborative Care Program) per questa tipologia di pazienti, il quale pone una forte enfasi sulla qualità dell’alleanza di lavoro. Le ricerche sugli effetti dell’alleanza di lavoro, tra professionista della salute mentale e pazienti con disturbo bipolare, sugli esiti dei trattamenti è limitata, sebbene rivelino che una buona alleanza si associa ad una diminuzione del tempo trascorso nella fase depressiva (Gaudiano & Miller, 2006), ad una diminuzione dei pensieri suicidari (Ilgen et al., 2009) e ad una migliore aderenza al trattamento (Perrone et al., 2009). Pertanto, questo studio si focalizza sui benefici dell’alleanza di lavoro terapeutico e su quali aspetti del terapeuta contribuiscono positivamente o negativamente al recupero da un episodio depressivo.

I partecipanti alla ricerca sono stati reclutanti per mezzo di dati LCM (Life Chart Method) raccolti dagli esaminatori attraverso i colloqui telefonici. Esso è uno strumento di autovalutazione per pazienti con disturbo bipolare, che si propone di indagare la gravità dei sintomi. I criteri di esclusione sono stati i seguenti: presenza di mania o depressione molto grave, un decorso stabile della malattia nell’ultimo anno, non in grado o disposto a dare il consenso informato.

Tutti i pazienti ritenuti idonei (N=18) sono stati invitati, a loro volta, a partecipare allo studio attuale. Di questi, quattro hanno interrotto il colloquio e non hanno completato la ricerca. A questo punto, a ciascun partecipante è stata somministrata un’intervista semi-strutturata basata su una lista di temi fondamentali. L’intervista è iniziata, in primo luogo, con la raccolta delle caratteristiche di background e della malattia; successivamente è stato valutato il quadro depressivo attuale, esplorando, in particolare, l’ultimo episodio depressivo sperimentato dal paziente, a partire dalla domanda: “Può dirmi di più su come ha vissuto quell’episodio?”; infine, è stato approfondito il tema dell’alleanza di lavoro con il terapeuta durante l’episodio depressivo. Nello specifico, gli argomenti si sono basati su due fonti: (1) gli items del Working Alliance Iventory Scale, basate sulle tre dimensioni di Bordin (obiettivi, compiti e legami), per misurare la qualità dell’alleanza (Horvath & Greenberg,1989), e (2) le caratteristiche tipiche dell’alleanza di lavoro secondo il programma Collaborative Care , come la natura specifica della collaborazione tra paziente e clinico, l’identificazione strutturata e la valutazione degli obiettivi del trattamento.

Il terapeuta di riferimento crea un “ambiente di accoglienza” (“Holding Environment” di Winnicott, 1965), è affidabile, presente, empatico, accoglie e accetta con atteggiamento non giudicante (Meyer, 1993; Winnicott, 1965). In questo modo egli permette al paziente di comprendere quanto sta accadendo nella sua vita, riducendone lo stato di confusione. Così facendo, inoltre, il paziente viene incoraggiato ad assumere un atteggiamento attivo nel processo di riabilitazione. Per costruire una buona e forte alleanza di lavoro, i pazienti devono sentire che il clinico si prende del tempo per conoscerli come persone, al di là della malattia (Kirsh & Tate,2006).

Inoltre, il programma di assistenza collaborativa (CC) sottolinea l’importanza di collaborare e di creare buone alleanze all’interno del team (Van der Voort et al., 2015).  Nello specifico, i pazienti dello studio hanno confermato i principali elementi del programma CC, in relazione all’alleanza di lavoro: gli sforzi attivi del terapeuta di adattare il trattamento alle esigenze del paziente, la posizione del clinico come responsabile dell’assistenza, del suo coordinamento e della sua continuità, ma al contempo a disposizione del paziente. Uno dei moduli di intervento più apprezzato del programma CC, da parte dei pazienti dello studio, è quello relativo al problem solving: operatore e paziente hanno l’opportunità di collaborare alla soluzione di problemi personali, stimolando il ritrovamento del senso di controllo e, al contempo, promuovendo una buona alleanza di lavoro.

In conclusione, i risultati rivelano che i temi fondamentali che hanno caratterizzato il supporto che gli operatori della salute mentale hanno offerto ai pazienti durante la convalescenza sono: la creazione di un ambiente sicuro e di supporto e il fornire chiarimenti circa il disturbo.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and statistical manual of mental disorders: DSM-IV-TR (4th ed.). Washington: American Psychiatric Association.
  • de Graaf, R., Ten Have, M., van Gool, C., &van Dorsselaer, S. (2011). Prevalence of mental disorders, and trends from 1996 to 2009. Results from NEMESIS-2. Tijdschrift voor Psychiatrie, 54(1), 27–38.
  • Gaudiano, B., &Miller, I. (2006). Patients' expectancies, the alliance in pharmacotherapy, and treatment outcomes in bipolar disorder. Journal of Consulting and Clinical Psychology, 74(4), 671.
  • Horvath, A., Greenberg, L. (1989). Development and validation of the Working Alliance Inventory. Journal of Counseling Psychology, 36(2), 223.
  • Ilgen, M., Czyz, E., Welsh, D., Zeber, J., Bauer, M., &Kilbourne, A. (2009). A collaborative therapeutic relationship and risk of suicidal ideation in patients with bipolar disorder. Journal of Affective Disorders, 115(1), 246–251.
  • IsHak, W., Brown, K., Aye, S., Kahloon, M., Mobaraki, S., &Hanna, R. (2012). Health-related quality of life in bipolar disorder. Bipolar Disorders, 14(1), 6–18.
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  • Meyer, W. (1993). In defense of long-term treatment: On the vanishing holding environment. Social Work, 38(5), 571–578.
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  • van der Voort, T. Y., van Meijel, B., Goossens, P. J., Hoogendoorn, A. W., Draisma, S., Beekman, A., & Kupka, R. W. (2015). Collaborative care for patients with bipolar disorder: randomised controlled trial. The British Journal of Psychiatry, 206(5), 393-400.
  • Winnicott, D. (1965). The maturational processes and the facilitating environment (1st ed.). New York: International Universities Press.
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