Il senso comune ci esorta a compiere scelte importanti a “mente fredda”, mediante un procedimento razionale scevro da ogni tipo di emozione; l’emozione, nel processo di decision making, potrebbe portarci a compiere scelte avventate. Evidenze scientifiche mostrano il contrario, o perlomeno, la mera ragione non sempre permette di compiere scelte responsabili.
Il ruolo dell’emozione sulla ragione
Il sistema emozionale si presenta come un sistema di emergenza: deve essere capace di dare una prima immediata risposta agli stimoli del mondo circostante, seppure imprecisa (Darwin, 1872). Darwin vede nelle emozioni un sistema adattativo, le nostre reazioni emozionali ci informano sull’eventuale pericolosità delle situazioni in cui ci troviamo coinvolti. LeDoux (1986), d’accordo con Darwin, sostiene come ognuno di noi alla vista di un oggetto ambiguo che si presenta sul nostro percorso reagisce istantaneamente con paura e, solo successivamente, ad una più accurata valutazione dello stimolo, subentra la consapevolezza dell’adeguatezza della risposta attuata. Possiamo vedere come abbiamo una doppia elaborazione dello stimolo osservato: una immediata e un’altra secondaria, più lenta.
Il modello a due vie di Papez (1937) ci permette di considerare il ruolo del sistema nervoso centrale nell’elaborazione degli stimoli emotigeni. Secondo Papez, l’elaborazione dell’informazione avviene attraverso due vie principali:
- la via corticale, più lenta, in cui è coinvolta l’area visiva e ci permette l’elaborazione conscia dello stimolo;
- la via sottocorticale, veloce, che prevede un’elaborazione emotiva dell’evento osservato e invia feedback alla via corticale, permettendo la regolazione emotiva.
Papez individua così un’elaborazione su più livelli di consapevolezza degli stimoli presenti nel mondo circostante.
Il modello di LeDoux (1986) parte proprio dalle basi date dalla teoria di Papez. Attraverso diversi studi, LeDoux ha individuato nell’amigdala, l’area sotto corticale implicata nell’elaborazione delle informazioni. L’amigdala si occupa della prima elaborazione inconscia degli stimoli. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale e mostrando ai soggetti immagini subliminali della durata di millisecondi (Brooks et al., 2012), si è osservato come le immagini cerebrali mostravano un’attivazione dell’amigdala, seppure questi stimoli non erano percepiti a livello conscio, rappresentando una prima istantanea elaborazione dello stimolo osservato.
L’amigdala presenta collegamenti fondamentali (LeDoux, 2002), quali:
- la connessione con le regioni ipotalamiche e con il sistema nervoso autonomo, che permette di controllare le reazioni corporee istantanee;
- la connessione con l’ippocampo, regione fondamentale per la memoria, in particolare la memoria visiva;
- la connessione con la corteccia cerebrale, in particolare con le regioni orbito frontali, che permettono il collegamento tra emozioni e processi decisionali consci.
Fondamentale risulta il ruolo della corteccia orbito frontale, una sorta di collegamento tra il processo di elaborazione dello stimolo osservato conscio e inconscio (Barrett e Barr, 2009). Mentre l’amigdala si occupa della prima, inconscia, elaborazione dell’evento osservato, Damasio (2005) evidenzia il ruolo della corteccia orbito frontale, deputata appunto all’elaborazione dell’informazione ai livelli più consci.
Su tali basi, l’osservazione di uno stimolo, tramite l’elaborazione sensoriale del talamo, comporta una prima attivazione dell’amigdala, i suoi collegamenti con il sistema nervoso autonomo generano una cascata immediata di risposte fisiologiche e l’esperienza emozionale. L’informazione sensoriale percorre quindi prima la via veloce “TALAMO SENSORIALE – AMIGDALA”. Il collegamento più lento del talamo sensoriale con la corteccia orbito frontale genera una valutazione conscia dello stimolo per poi, tramite l’ippocampo, permetterne un immagazzinamento nella memoria a lungo termine, esplicita.
La risposta allo stimolo emotigeno ha, dunque, più livelli: dal livello fisiologico a un livello intermedio implicito, fino alla completa consapevolezza del livello esplicito.
Nella teoria esposta si può osservare il ruolo dell’emozione sul decision making. L’emozione, nel caso suddetto la paura, permette di valutare la pericolosità di uno stimolo esterno e attuare le dovute conseguenze comportamentali. La paura permette di attuare una risposta veloce in una situazione d’emergenza, la stessa velocità che non si potrebbe osservare se richiedesse l’intervento della ragione.
Damasio ha largamente indagato il ruolo dell’emozione sul decision making, arrivando a teorizzare l’ipotesi del marcatore somatico.
L’ipotesi del marcatore somatico
Antonio Damasio (1994), partendo da studi su pazienti con lesioni cerebrali, evidenziò il ruolo dell’emozione sul ragionamento: l’emozione dà il suo contributo nel processo di decision making, non solo, in alcune circostanze si sostituisce alla ragione, come nel caso della presenza di un pericolo nel nostro ambiente in cui è la paura a farci assumere le dovute precauzioni.
Il neurologo portoghese cominciò a mettere in discussione la scissione tra ragione ed emozione a partire dal caso di Phineas Gage, un uomo che in seguito ad una lesione cerebrale subì un’alterazione della capacità di decision making, oltre che della capacità di esperire emozioni e sentimenti, invece erano rimasti intatti tutti gli strumenti che fino ad allora si associavano al ragionamento.
Phineas Gage, caposquadra di un’impresa di costruzione, fu trafitto da una barra metallica nella parte frontale del cervello, la regione ventromediana del lobo frontale. Da quell’episodio, Gage sorprendentemente sopravvisse, ma si osservò un cambiamento drastico della sua personalità, incapace di rispettare le regole, di scegliere la condotta più vantaggiosa o di pianificare il futuro.
Più tardi, Damasio osservò nel suo studio un caso simile: un altro soggetto, Elliot, al quale era stata danneggiata la corteccia ventromediana frontale. Elliot appariva freddo e distaccato, capace di raccontare vicende dolorose che lo vedevano protagonista restando impassibile.
Entrambi i casi avevano in comune la lesione della regione cerebrale responsabile del processo di decision making. Dunque la lesione di questa regione del cervello comprometteva la capacità di decidere, oltre che la capacità di esperire emozioni e sentimenti.
C’era una parte della corteccia in cui ragione ed emozione si incontravano.
Alla luce degli studi su pazienti come Gage ed Elliot, Damasio arrivò ad avanzare l’esistenza di due modalità diverse di ragionare, differenziando così la “ragione alta” dall’”ipotesi del marcatore somatico”.
La ragione alta è una razionalità scevra dalle emozioni, caratteristica di una mente fredda, che procede nel valutare i diversi scenari possibili di un problema, analizzando ciascuno di questi mediante un’analisi costi/benefici. Si può facilmente dedurre che questa modalità di ragionamento comporterebbe la necessità di una quantità di tempo immane e sembra caratterizzare principalmente i soggetti con lesioni frontali piuttosto che i soggetti normali.
Ragionare secondo l’ipotesi del marcatore somatico prevede, al contrario, l’intervento delle emozioni. Una particolare sensazione corporea negativa ci porterà ad escludere un’opzione a favore di un’altra, tale sensazione è stata definita da Damasio “stato somatico” e siccome interviene a marcare una determinata immagine, “marcatore”. Sarà quindi una stretta allo stomaco a guidare la nostra ragione e solo successivamente si potrà procedere con la ragione alta, solo dopo che molti degli scenari possibili del problema in questione saranno stati eliminati dal ricordo – conscio o inconscio – di una sensazione corporea a questi collegati.
Se, infatti, si fa riferimento alla paura di volare di alcuni soggetti, l’ipotesi della ragione alta cade. Infatti se ciascuno ragionasse facendo appello esclusivamente a calcoli di probabilità e statistica riconoscerebbe la minore probabilità di morire su un aereo piuttosto che in auto.
Tale errore di valutazione è determinato dal cosiddetto “errore di disponibilità”, i disastri aerei seppur si verificano in minor misura, catturano maggiormente la nostra attenzione con tutto il carico emotivo che ne consegue, inoltre è più difficile uscire indenni da un aereo precipitato piuttosto che da un incidente automobilistico.
Delle volte, ragionare a mente fredda come i pazienti con lesione alle regioni frontali può rivelarsi però vantaggioso. Damasio racconta, infatti, di un paziente che nonostante la strada ghiacciata non aveva riscontrato problemi nel raggiungere lo studio, differentemente da altri automobilisti che erano stati coinvolti in diversi incidenti. Questi ultimi, proprio in seguito al panico, avevano frenato bruscamente, scelta azzardata dato il manto scivoloso. Il paziente, al contrario, era riuscito ad attuare la giusta strategia a mente fredda e con altrettanta freddezza la riportava al dottore.
Lo stesso paziente però si dimostrò incapace di esprimere una preferenza riguardo la data del prossimo appuntamento. Damasio racconta, infatti, che il soggetto aveva cominciato ad analizzare costi e benefici per ogni data, valutando diversi fattori come ad esempio le condizioni meteorologiche, la probabilità di incontrare traffico, andando avanti così per mezz’ora senza riuscire a prendere una decisione.
Lo studio di questi soggetti con lesioni frontali apportava sempre più elementi a favore del contributo dell’emozione sulla ragione, quando l’emozione non poteva contribuire al ragionamento come nel caso dei pazienti di Damasio, il decision making era compromesso, i soggetti si mostravano competenti nell’analizzare tutti gli scenari possibili, ma totalmente incapaci nel trasformare tale analisi meticolosa in una scelta.
Il prossimo passo consisteva nel dare una base scientifica a tali intuizioni.
L’ipotesi del marcatore somatico ed evidenze sperimentali
Antonio Damasio costruì un paradigma sperimentale che permettesse di ottenere una prova empirica della sua ipotesi del marcatore somatico.
Il protocollo prevedeva il confronto tra un gruppo di soggetti con lesioni frontali, soggetti con lesioni cerebrali localizzate in altre regioni cerebrali e soggetti normali. Tutti questi soggetti dovevano osservare diversi stimoli emotigeni e neutri in un ordine randomizzato, nel frattempo veniva registrata la risposta elettrodermica.
Grazie a tale paradigma sperimentale si osservò come il tracciato della conduttanza cutanea di soggetti normali o con lesioni cerebrali in regioni diverse da quelle frontali subiva una sostanziale modifica in risposta agli stimoli emotigeni; invece, il tracciato dei soggetti con lesioni frontali restava piatto.
La registrazione dell’indice fisiologico avvenne anche all’interno di un paradigma sperimentale differente. Stavolta i soggetti erano impegnati a voltare le carte di 4 mazzi diversi (A, B, C, D), ogni carta permetteva guadagni o perdite in termini economici. Partendo da un budget iniziale dovevano proseguire in modo da massimizzare i guadagni e ridurre al minimo le perdite, cercando di ottenere un aumento della quantità di soldi posseduta all’inizio del “gioco”. I primi due mazzi avevano perlopiù carte con guadagni elevati e perdite altrettanto cospicue; i mazzi C e D, invece, avevano guadagni modesti e perdite minime.
Si osservò una risposta elettrodermica in tutti i soggetti nel momento immediatamente successivo a ricompense e perdite, ciò che differenziava, invece, i diversi soggetti era la risposta anticipatoria ad ogni mossa successiva. Mentre i soggetti senza lesioni mostravano una risposta della conduttanza cutanea quando si accingevano a girare carte di mazzi “pericolosi”, il tracciato dei pazienti con lesioni frontali restava piatto, non erano in grado di apprendere dall’esperienza.
Conclusioni
Concludendo, le emozioni, le sensazioni corporee ad esse collegate, ci aiutano a ragionare e, più nello specifico, nel prendere le nostre decisioni e pianificare il futuro.
Ledoux sottolinea la possibilità di compiere scelte “urgenti” proprio grazie all’attivazione dell’amigdala e allo sperimentare paura; Damasio con la sua ipotesi del marcatore somatico riserva all’emozione un ruolo più ampio. Dinanzi ad ogni scelta sarà l’emozione, mediante una sensazione corporea consapevole o meno, ad essere interrogata per prima, solo dopo subentrerà l’analisi meticolosa della ragione.
Differentemente da quanto si pensa, l’emozione non intralcia la ragione, anzi!