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Terapia metacognitiva nella riabilitazione cardiaca

La Terapia Metacognitiva si focalizza sul modificare i processi cognitivi e sembrerebbe la più indicata con pazienti sottoposti a riabiliazione cardiaca

Di Anna Maria Mirto

Pubblicato il 11 Mag. 2020

Un modello evidence-based potenzialmente efficace e adatto al trattamento di ansia e depressione in pazienti cardiaci è la Terapia Metacognitiva (TMC). Tale modello, appartenente agli approcci cognitivo-comportamentali di terza generazione, sostiene che un maladattivo stile di pensiero e di coping sia responsabile del mantenimento nel tempo di stati emotivi disfunzionali (Wells., 2008).

Mirto Anna Maria – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

Numerose sono le evidenze scientifiche che sostengono il ruolo cruciale dei fattori psicologici nell’insorgenza delle patologie cardiovascolari. È stato difatti dimostrato come i classici fattori di rischio, quali genetica (es. storia familiare di patologie cardiovascolari), comportanti non salutari (es. fumo, alimentazione non adeguata, inattività fisica), condizioni socioeconomiche di svantaggio, spieghino meno del 50% della varianza nell’insorgenza di disturbi cardiovascolari (Futterman e Lemberg, 1998). La restante varianza trova spiegazione nel legame individuato tra indici di salute cardiovascolare e fattori cognitivi-emotivi (Chida e Steptoe, 2009). In particolare è stato riscontrato come gli stati emotivi negativi (depressione, rabbia, ostilità e ansia) correlino con valori elevati di frequenza cardiaca, pressione sistolica e diastolica, rappresentando pertanto fattori di rischio soprattutto per le patologie coronariche (Suls, 2018; Haas e coll., 2005). Tra le variabili psicologiche si è visto come anche la ruminazione giochi un ruolo nell’amplificare la risposta cardiovascolare da stress (Gerin e coll., 2012). Secondo l’ipotesi dei processi cognitivi perseverativi, difatti, la ruminazione, così come gli altri stili di pensiero ripetitivi, mantiene nel tempo l’attivazione del sistema nervoso simpatico (Brosschot, Gerin e Thayer , 2006). Alcune ricerche suggeriscono come tale risposta fisiologica allo stress, se prolungata, abbia un impatto negativo sul sistema cardiovascolare maggiore rispetto a quello associato ai normali picchi di attivazione simpatica di breve durata (Glynn, Christenfeld e Gerin,  2002). Pertanto la ruminazione, se permane successivamente al recupero del problema cardiaco, potrebbe rappresentare un fattore di rischio per ulteriori complicanze cardiache maggiore rispetto alla riattivazione della risposta fisiologica acuta allo stress.

Tali dati hanno contribuito all’inclusione della figura dello psicologo all’interno delle equipe multidisciplinari nei reparti di riabilitazione cardiaca.

Da una recente meta-analisi (Biondi-Zoccai e coll., 2016) si è riscontrato come tra gli interventi psicoterapici più frequentemente impiegati coi pazienti affetti da patologie cardiache vi sia la Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC), la quale ha dimostrato efficacia nel trattamento della sintomatologia ansiosa e depressiva. Tuttavia, non si è riscontrato un mantenimento nei follow-up degli effetti della TCC su tale sintomatologia (Writing Committe for ENRICHED Investigators, 2003). Ciò potrebbe essere imputato alla scarsa appropriatezza della TCC, e in particolare al richiamo al dato di realtà, nel contesto clinico con pazienti che vivono una realtà di disabilità, in cui il rischio di morte improvvisa e prematura è oggettivo (Taylor-Ford, 2014). Un altro modello evidence-based potenzialmente efficace e adatto al trattamento di ansia e depressione in pazienti cardiaci è la Terapia Metacognitiva (TMC). Tale modello, appartenente agli approcci cognitivo-comportamentali di terza generazione, sostiene che un maladattivo stile di pensiero e di coping, caratterizzato dai processi di (1) ripetitività, (2) focus attentivo rivolto a potenziali minacce (es. sensazioni fisiche), e (3) tentativi disadattavi di controllo dei pensieri indesiderati, sia responsabile del mantenimento nel tempo di stati emotivi disfunzionali (Wells., 2008). Pertanto, la TMC interviene modificando i processi che mantengono il distress emotivo (Wells, 2012). Tale approccio è stato riscontrato essere altamente efficace nel trattamento di ansia e depressione e aver effetti che si mantengono anche nei follow-up (Normann, Van Emmerik e Morina, 2014). Uno studio recente di McPhillps e collaboratori  (2019) ha eseguito un’analisi qualitativa sul distress emotivo in pazienti cardiaci, basandosi su quanto riportato dai soggetti in un’intervista strutturata ad hoc in cui si richiedeva di descrivere nel dettaglio il distress esperito, in particolare il contenuto dei pensieri disturbanti, la natura del distress emotivo, quando esperivano tali emozioni e pensieri e come reagivano ad essi.

Dai risultati è emerso che i contenuti delle preoccupazioni erano principalmente catastrofici e riguardavano il rischio continuo per le loro vite, la scarsa fiducia verso il recupero dell’energia, i vincoli legati alla riduzione dell’energia, il continuo trattamento e cure mediche cui sono sottoposti e le sfide attuali e future, anche non correlate alla salute fisica, che li attendono. Di fronte a tali preoccupazioni, associate a sintomi depressivi e ansiosi, i pazienti riportavo stili di pensiero ripetitivi, quali ruminazione e rimuginio, messi in atto con la credenza di utilità rispetto alla comprensione del perché abbiano esperito l’evento cardiaco e a come prepararsi in futuro per prevenire eventuali recidive. Successivamente all’analisi qualitativa, i ricercatori hanno messo a confronto la concettualizzazione del distress dei pazienti secondo le prospettiva cognitivo-comportamentale e metacognitiva. In particolare gli autori sostengono che sia difficile decidere quanto un pensiero disfunzionale, legato al problema cardiaco, sia realistico o meno, tenendo conto dell’oggettiva maggiore fragilità fisica che tali pazienti presentano. Pertanto la TCC, poiché focalizzata sulla messa in discussione dei contenuti dei pensieri disfunzionali sulla base del dato di realtà, risulterebbe essere poco efficace nel trattamento del distress emotivo nel pazienti cardiaci. Di contro, la TMC, essendo focalizzata sulle modificazione dei processi cognitivi, si ipotizza essere più efficace e adeguata in questa popolazione clinica.

In conclusione, stati emotivi di distress, come ansia, depressione, rabbia, e stili di pensiero ripetitivi sono frequenti in pazienti con patologie cardiache. Le linee guide raccomandano l’importanza dell’inclusione di attività psicologiche psicoterapiche nei contesti di riabilitazione cardiovascolare, al fine di migliorare la qualità della vita dei pazienti riducendo il rischio di recidive. La TMC si mostra come approccio adeguato a tale contesto in quanto, modificando i processi cognitivi ripetitivi, ha una ricaduta positiva a livello fisiologico poiché riduce la causa cognitiva responsabile del mantenimento nel tempo dell’attivazione simpatica, pertanto ridurrebbe uno dei fattori di rischio maggiori presenti nei pazienti affetti da patologie cardiache.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Brosschot, J., Gerin, W., & Thayer, J. (2006). The perseverative cognition hypothesis: a review of worry, prolonged stress-related physiological activation, and health. Journal of Psychosomatic Research, 60, 113-124.
  • Chida, Y., & Steptoe, A. (2009). The association of anger and hostility with future coronary heart disease: a meta-analytic review of prospective evidence. Journal of the American College of Cardiology, 53, 936-946.
  • Futterman, L. & Lemberg, L. (1998). Fifty percent of patients with coronary artery disease do not have any of the conventional risk factors. American Journal of Critical Care, 7, 240-244.
  • Gerin, W., Zawadzki, M., Brosschot, J., Thayer, J., Christenfeld, N., Campbell, T., &Smyth, J. (2012). Rumination as a mediator of chronic stress effects o nhypertension: a causal model. International Journal of Hypertension, 2012, 453-465.
  • Glynn, L., Christenfeld, N., & Gerin, W. (2002). The role of rumination in recovery from reactivity: cardiovascular consequences of emotional states. Psychosomatic Medicine, 64, 714-726.
  • Haas, D., Davidson, K., Schwartz, D., Rieckmann, N., Roman, M., Pickering, T., Gerin, W., & Schwartz, J. (2005). Depressive symptoms are independently predictive of carotid atherosclerosis. American Journal of Cardiology, 95, 547-550.
  • McPhillips, R., Salmon, P., Wells, A., & Fisher, P. (2018). Qualitative Analysis of Emotional Distress in Cardiac Patients From the Perspectives of Cognitive Behavioral and Metacognitive Theories: Why Might Cognitive Behavioral Therapy Have Limited Benefit, and Might Metacognitive Therapy Be More Effective?. Frontiers in psychology, 9.
  • Normann, N., van Emmerik, A. A., & Morina, N. (2014). The efficacy of metacognitive therapy for anxiety and depression: A meta‐analytic review. Depression and Anxiety, 31(5), 402-411.
  • Suls, J. (2018). Toxic affect: Are anger, anxiety, and depression independent risk factors for cardiovascular disease?. Emotion Review, 10(1), 6-17.
  • Taylor-Ford, M. (2014). Clinical considerations for working with patients with advanced cancer. J. Clin. Psychol. Med. Settings. 21, 201–213.
  • Wells, A. (2008). Metacognitive therapy: Cognition applied to regulating cognition. Behavioural and cognitive psychotherapy, 36(6), 651-658.
  • Wells, A. (2012). Terapia metacognitiva dei disturbi d'ansia e della depressione (Vol. 7). Eclipsi.
  • Writing Committee for the ENRICHD Investigators (2003). The effects of treating depression and low perceived social support on clinical events after myocardial infarction: the Enhancing Recovery in Coronary Heart Disease Patients (ENRICHD) randomized trial. JAMA 289, 3106–3116. doi: 10.1001/jama.289.23.3016
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