La conversazione nell’era digitale è un testo che fornisce in modo estremamente esauriente una serie di importanti nozioni sul funzionamento del cervello e della comunicazione, in particolare su come la tecnologia stia modificando le nostre competenze sociali.
Il titolo stesso ci fornisce un immediato spunto di riflessione, ovvero aiuta a comprendere che se da un lato la comunicazione grazie alle nuove tecnologie viene estremamente facilitata e semplificata, dall’altro il fenomeno della conversazione subisce una serie di sottrazioni paralinguistiche fondamentali per l’evoluzionismo filantropico.
Non è mia intenzione aprire l’ennesima polemica sugli aspetti negativi per la psiche umana di questo impoverimento comunicativo, mi propongo soltanto di attivare un forte pensiero critico rispetto al fenomeno. Per fare ciò è necessario avere accesso ad una serie di informazioni sul funzionamento della mente.
Con concetti semplici ed efficaci, fruibili anche ai “non addetti ai lavori”, ma utilissimo se adottato dai professionisti del settore, questo manuale fornisce una prima rassegna di teorie sullo sviluppo, filogenetico e ontogenetico, della psiche sociale e del cervello relazionale.
Una volta creato un framework teorico, il lettore avrà la possibilità di riflettere sui processi psicologici e le funzioni mentali che vengono attivati, o disattivati, dinanzi a questo nuovo adattamento (o disadattamento); ed è proprio nell’ultimo capitolo che l’Autrice si sofferma sulla necessità di recuperare quelle competenze sociali che costituiscono da sempre la base di uno dei bisogni primari dell’essere umano, quello della socializzazione: funzioni metacognitive e metaemotive, accudimento ed empatia, condivisione, trasmissione analogica delle emozioni e degli affetti.
L’interazione, in fisica, viene definita come
la reciproca azione fra le particelle, corpi o sistemi, che porta a una modifica del loro stato e della loro energia. (Vocabolario Treccani)
Il cervello, in psicologia, viene considerato come un sistema che per sopravvivere deve scambiare energia con gli altri sistemi, se questo non avviene si raggiungerebbe uno stato definito entropia della mente (Scrimali T., 2006).
Il libro spiega, quindi, la necessità di contrastare l’impoverimento dell’interazione, di recuperare le sue originali connotazioni non verbali.
L’argomento è estremamente attuale e si affianca ai numerosi progetti di psicoeducazione volti a prevenire e gestire non solo le dipendenze dalle nuove tecnologie, ma soprattutto a modificare l’aridità comunicativa che caratterizza le nuove generazioni nel rapporto con i pari e con le figure di attaccamento.
Un libro piacevole da leggere, interessante dal punto di vista teorico e accademico, di ispirazione dal punto di vista dell’intervento professionale.