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Basta un abbraccio! Ma davvero tutti gli abbracci sono uguali? Non per i neonati

Uno studio ha cercato di verificare se l’abbraccio di un genitore fosse distinguibile da quello di un altro adulto, valutandone i diversi effetti.

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 23 Apr. 2020

Nella nostra cultura gli abbracci, e il contatto fisico più in generale, non sono qualcosa a cui ci apriamo indiscriminatamente, ma veicola l’idea di un legame di conoscenza (e presumibilmente di fiducia) con l’altra persona coinvolta. Come vivono gli abbracci i neonati?

 

A seguito del tragico attentato avvenuto nel 2013 durante la maratona di Boston, Ken E. Nwadike Jr., documentarista americano e attivista per la Pace, ha fondato il movimento Free Hugs Project (n.d.t. progetto abbracci gratuiti), nel tentativo di ridurre gli episodi di violenza durante le proteste e le manifestazioni politiche. L’iniziativa ha presto guadagnato moltissima popolarità. Un abbraccio, seppure offerto da uno sconosciuto, comunica “Tu non sei una minaccia, non ho paura di starti vicino. Posso rilassarmi, sentirmi a casa. Sono protetto, e qualcuno mi comprende”.

Tuttavia, non tutti sono disposti a farsi abbracciare da uno sconosciuto: le motivazioni possono spaziare da una semplice disposizione individuale verso il contatto fisico ad usanze culturali, dal pregiudizio verso l’altro individuo al ragionevole istinto di autoconservazione che ci mette in guardia verso ciò che non conosciamo. Di fatto, nella nostra cultura gli abbracci, così come il contatto fisico più in generale, non sono qualcosa a cui ci apriamo indiscriminatamente, ma veicola l’idea di un legame di conoscenza (e presumibilmente di fiducia) con l’altra persona coinvolta.

La vita dei bambini, specialmente se molto piccoli, rappresenta però una violazione di questo assunto di base; spesso infatti, le neomamme si trovano a dover fronteggiare la miriade di richieste di conoscenti, parenti più o meno alla lontana, se non addirittura perfetti sconosciuti che avanzano la pretesa di toccare, stringere, cullare o baciare il loro bambino, noncuranti dell’effetto che l’incontro con un Altro, estraneo, possa avere sul piccolo. Di fatto, anche la letteratura scientifica presenta delle lacune considerevoli in questo senso e solo di rado ci si è discostati dalla ricerca confermativa circa l’importanza della relazione con il caregiver (Bowlby, 1969, 1977; Sullivan et al., 2011), per mettere invece in luce le potenziali “controindicazioni” rappresentate dal contatto non sollecitato con altre figure che gravitano nella vita del bambino nei suoi primi mesi di vita.

Dal momento che i neonati dipendono quasi interamente dagli adulti per la propria sopravvivenza, le occasioni di contatto fisico, siano esse durante l’allattamento al seno o artificiale, in occasione degli spostamenti o delle interazioni quotidiane sono estremamente frequenti: è stato documentato inoltre come l’essere presi in braccio mentre il genitore cammina abbia un effetto calmante generalizzato sui neonati nei primi mesi, che interrompono quasi subitaneamente il pianto e i movimenti volontari (Esposito et al., 2013). L’abbraccio tuttavia, esula dalle pratiche di accudimento legate ai bisogni fisiologici del bambino, ma si configura come un’espressione di affetto, vicinanza e amore esclusivamente finalizzato alla formazione di un legame emotivo bidirezionale tra il genitore e la propria prole.

Un recente studio condotto da Yoshida e colleghi (2020) ha cercato di verificare empiricamente se l’abbraccio di un genitore fosse distinguibile da quello di un altro adulto, valutandone i diversi effetti, in particolare scegliendo di analizzarne i battiti cardiaci, intesi come riflesso dell’attivazione fisiologica del neonato, così come i movimenti corporei del bambino in risposta alle diverse stimolazioni ricevute.

I recettori cutanei vanno formandosi già tra la 4 e la 7 settimana di gestazione, seguiti dallo sviluppo delle funzioni somatosensoriali (Bremner & Spence, 2017), pertanto i bambini sono naturalmente in grado di apprezzare la differenza tra l’essere semplicemente presi in braccio, l’essere abbracciati o l’essere stretti forte al petto, tre condizioni che i ricercatori hanno scelto di valutare.

Inoltre, si è scelto di condurre l’esperimento coinvolgendo entrambi i genitori, per valutare l’eventuale differenza di genere e verosimilmente delle cure genitoriali, che prevedono primato quasi inconfutabile della madre rispetto al padre, specialmente laddove sia presente l’allattamento al seno nonché della presenza garantita dal congedo di maternità che raramente incontra un corrispettivo paterno che consenta una distribuzione più egualitaria delle cure nei primi mesi. Come ulteriore condizione sperimentale sono state coinvolte delle donne con esperienze pregresse di genitorialità che però non fossero familiari ai bambini, per verificare se il supposto effetto calmante di un abbraccio, permanesse anche in questo caso.

I risultati hanno dimostrato come non vi fossero differenze apprezzabili nelle reazioni dei bambini dai quattro mesi in su quando venivano abbracciati dal padre o dalla madre, registrando una diminuzione nella frequenza dei battiti e un effetto calmante equiparabile; al contrario invece di quanto avveniva nei primi quattro mesi di vita, periodo in cui non vi erano differenze apprezzabili tra il tocco di un genitore o quello di un’estranea e l’unica discriminante nel determinare l’effetto calmante era rappresentato dall’aumento della pressione esercitata sul corpo del bambino (essere semplicemente tenuti in braccio vs. essere abbracciati). Questo risultato è in linea con la maturazione tardiva dell’attività parasimpatica (Eyre et al. 2014; Massin et al., 1997) che spiegherebbe come l’effetto calmante garantito dall’abbraccio di un genitore diventi apprezzabile verso l’età di quattro mesi, mentre fino a quel momento si possa rilevare con chiarezza solo l’effetto dell’attivazione del sistema simpatico ovvero quando la stretta da parte dell’adulto, fosse esso familiare o sconosciuto, superava i livelli di gradevolezza, come nella condizione dell’”venire stretto forte” al petto. Inoltre, l’effetto calmante dell’abbraccio sembra essere bidirezionale, in quanto anche nei genitori è stata riscontrata una diminuzione dell’attività cardiaca quando stringevano il proprio bambino.

Le analisi statistiche condotte sulla qualità dei movimenti dei neonati hanno rivelato come a partire dai quattro mesi, momento in cui l’attività motoria diventa maggiormente autonoma e volontaria, un maggior rilevamento di movimenti della testa, indice dell’attività esploratoria nei bambini, correlasse con una minore diminuzione dei battiti cardiaci e di fatto un minor effetto calmante: i bambini si dimostravano quindi più attivi quando venivano interrotti dall’abbraccio, seppure questi movimenti esploratori presumano, anche secondo la letteratura, la presenza di una “base sicura” costituita appunto dalla madre che li rassicuri abbastanza da consentirla (Ainsworth & Bell, 1970); consistentemente, la presenza della donna estranea inibiva tali movimenti ed i bambini risultavano più concentrati nel guardare la donna sconosciuta oppure nel fissare il punto dove si trovavano i genitori.

Studi futuri potrebbero ampliare i risultati ottenuti valutando altri profili neuropsicologici, come nello spettro Autistico, dove proprio nell’interazione con le figure di accudimento primarie si potrebbero precocemente rintracciare indizi di uno sviluppo atipico (Wan et al. 2019).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss (Hogarth Press).
  • Bowlby, J. (1977). The making and breaking of affectional bonds. I. Aetiology and psychopathology in the light of attachment theory. An expanded version of the Fiftieth Maudsley Lecture, delivered before the Royal College of Psychiatrists, 19 November 1976. Br. J. Psychiatry 130, 201–210.
  • Bremner, A. J., & Spence, C. (2017). The development of tactile perception. In Advances in child development and behavior (Vol. 52, pp. 227-268). JAI.
  • Elsabbagh, M., & Johnson, M. H. (2010). Getting answers from babies about autism. Trends in cognitive sciences, 14(2), 81-87.
  • Esposito, G., Yoshida, S., Ohnishi, R., Tsuneoka, Y., del Carmen Rostagno, M., Yokota, S., ... & Venuti, P. (2013). Infant calming responses during maternal carrying in humans and mice. Current Biology, 23(9), 739-745.
  • Eyre, E.L.J., Duncan, M.J., Birch, S.L., and Fisher, J.P. (2014). Autonomic Neuroscience: basic and Clinical the influence of age and weight status on cardiac autonomic control in healthy children: a review. Auton. Neurosci. Basic Clin. 186, 8–21.
  • Massin, M., & Von Bernuth, G. (1997). Normal ranges of heart rate variability during infancy and childhood. Pediatric cardiology, 18(4), 297-302.
  • Sullivan, R., Perry, R., Sloan, A., Kleinhaus, K., & Burtchen, N. (2011). Infant bonding and attachment to the caregiver: insights from basic and clinical science. Clinics in perinatology, 38(4), 643-655.
  • Wan, M. W., Green, J., & Scott, J. (2019). A systematic review of parent–infant interaction in infants at risk of autism. Autism, 23(4), 811-820.
  • Yoshida, S., Kawahara, Y., Sasatani, T., Kiyono, K., Kobayashi, Y., & Funato, H. (2020). Infants Show Physiological Responses Specific to Parental Hugs. iScience, 100996.
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