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COVID-19: la ri-costruzione delle reti sociali della diffusione

Coronavirus: il difficile compito di costruire la rete sociale di chi ha contratto il virus ci porta a riflettere sul concetto di rete sociale in psicologia

Di Concetta Papapicco

Pubblicato il 27 Feb. 2020

Aggiornato il 03 Apr. 2020 10:34

Negli ultimi giorni, anche in Italia si sono accesi i primi focolai del virus 2019-nCoV, ridefinito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) COVID-19, comunemente conosciuto come Coronavirus.

 

Si tratta di un virus influenzale di cause ancora sconosciute sviluppatosi nella città cinese di Wuhan (Hui et al., 2020). In Italia, dopo la comunicazione della positività di un paziente al virus, si sta procedendo con la ricostruzione della rete sociale di chi risulta aver contratto il virus. Ma è così semplice ricostruire una rete sociale?

Per rispondere a questa domanda, in psicologia esistono diversi filoni di ricerca, tra cui un campo di studi comprendente quelle che sono state definite “Teorie del Mondo Piccolo” o “Small World”. Il nome di questo filone di studi deriva dalla tipica esclamazione “Oh, ma com’è piccolo il mondo!”, che si esprime nel momento in cui ci si rende conto che due conoscenti, che si ipotizza siano socialmente lontani, si conoscono fra loro. L’idea di base di questo filone di ricerca riguarda il fatto che le persone non hanno soltanto legami diretti con amici, parenti e conoscenti, ma sono incapsulate in un sistema complesso di reti di relazione che le connettono in maniera indiretta a persone sconosciute. Attraverso questi canali indiretti, prendono vita diversi processi sociali. Gli studi sull’effetto in questione miravano a mettere a fuoco tre aspetti:

1) quanti passaggi sono necessari per connettere due individui che non si conoscono;

2) lo studio dei processi sociali che si attuano grazie alle catene di conoscenza;

3) gli aspetti psicologici secondo cui gli individui si rappresentano la propria rete sociale e quali emozioni ne derivano (Cavazza, 2012).

Per quanto riguarda il numero dei passaggi, secondo la “Teoria dei Sei Gradi di Separazione”, se una persona distante un grado di separazione dalle persone che conosce personalmente e due gradi di separazione dai soggetti conosciuti dalle persone che conosce personalmente, è distante al massimo sei gradi di separazione da ogni persona presente sulla terra. In pratica, ogni persona è collegata a una qualsiasi altra da una catena di conoscenze con non più di cinque intermediari. Negli anni Sessanta, lo psicologo Stanley Milgram (1967) verificò sperimentalmente questa ipotesi: aveva inviato una lettera a un campione di cittadini (starting people) chiedendo loro di inoltrare il messaggio contenuto nella lettera ad un suo amico, un agente di cambio di cui non conosceva l’indirizzo. Per questo chiedeva alle starting people di inviare, a loro volta, la lettera con il messaggio ad un proprio conoscente (target person), che ritenevano fosse più vicino socialmente all’agente di cambio. Nonostante la stranezza della richiesta, la maggior parte dei messaggi arrivò a destinazione e il numero di passaggi necessari era di sei intermediari. L’effetto Small World è rinvenibile in moltissime reti sociali (Schnettler, 2009).

Lo studio dei processi, invece, resi possibili dai legami diretti e indiretti fra le persone sono: la diffusione delle informazioni, il contagio dei comportamenti e la ricerca di risorse. La diffusione è un processo necessario per la realizzazione della condivisione delle informazioni ad un target esteso. E’ proprio la diffusione che orienta, a sua volta, la ricerca di risorse. La possibilità di attingere alla propria rete di conoscenze è alla base anche del capitale sociale, dato che gli individui possono trovarsi al centro di numerosi legami o essere isolati. La posizione di un individuo nel suo mondo sociale si accompagna ad una maggiore o minore possibilità di godere di risorse e di raggiungere obiettivi (Cavazza, 2012).

La dimensione psicologica dell’effetto Small World è stata fino ad ora meno studiata (Cavazza, 2012). L’ampiezza dei gruppi sociali e le numerosità dei rapporti stabili e diretti che le persone sono in grado di mantenere non sono influenzate soltanto dalle caratteristiche ambientali, ma sono una funzione della neocorteccia cerebrale dei primati. Il numero dei neuroni neocorticali limiterebbe la capacità di elaborare informazioni e questo è un fattore che limita a sua volta la capacità di gestire contemporaneamente un numero troppo alto di relazioni. Il numero massimo di relazioni gestibili contemporaneamente è 150 (Dunbar, 1992). Altre ricerche mostrano, tuttavia, che le persone hanno molta difficoltà nel ricordare e nel ricostruire accuratamente la propria rete sociale (Dunbar, 2010).

 

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