La demenza è un deterioramento cognitivo globale che presenta caratteristiche di progressività e irreversibilità, l’eziopatogenesi è organica.
Per fare diagnosi di demenza ci dev’essere un calo delle funzioni cognitive rispetto ad un precedente livello di funzionamento; si stima che il 5% dei soggetti con età superiore ai 65 anni soffra di demenza, l’incidenza sembra aumentare sempre di più negli anni, si stima infatti che nel 2030 i casi di demenza saranno il doppio rispetto ad adesso, questo perché la longevità aumenta sempre di più, e più si avanza con l’età più la probabilità di avere una demenza aumenta (Prince et al., 2013).
Una delle classificazioni eziologiche principali è costituita da demenze primarie e demenze secondarie.
Le demenze primarie sono tutte quelle demenze di tipo degenerativo di cui non è nota l’eziopatogenesi. La demenza primaria più frequente è la malattia di Alzheimer, in questo caso si sa cosa accade a livello cerebrale, cioè la formazione di placche amiloidi e ammassi neuro-fibrillari, tuttavia è sconosciuto il motivo per cui vengano a formarsi.
Le demenze secondarie sono quadri di degenerazione cognitiva dove le cause eziologiche sono identificabili; sono infatti alterazioni date da condizioni neurologiche, metaboliche ed endocrine. Un esempio di questa tipologia di demenza è la demenza vascolare (danni cerebrali dati da ictus).
I fattori di rischio attualmente associati alla demenza sono sette: diabete, ipertensione, obesità, fumo di sigarette, depressione, inattività cognitiva e basso livello di istruzione (Lewis at al., 2016).
Uno studio longitudinale della durata di 17 anni, pubblicato nel 2019 sulla rivista Neurology, è stato condotto su 983 adulti (avevano tutti più di 65 anni), suddivisi in istruiti, ovvero tutti coloro che avevano più di quattro anni di scolarità (746 individui), e in analfabeti, ovvero tutti coloro con meno di 4 anni di scolarità (237 soggetti); i risultati di questo studio mostrano che le persone analfabete, quindi che non sanno o che hanno scarse abilità nel leggere o nello scrivere, hanno una probabilità tre volte superiore di sviluppare una demenza primaria; inoltre gli effetti dell’analfabetismo sembrano essere diversi per genere, difatti le donne analfabete mostrano più rischio di sviluppare una demenza rispetto agli uomini; la degenerazione cognitiva sembra essere più lenta, una volta iniziata, negli individui con molti anni di scolarità, tuttavia quest’ultimo è un dato controverso, dato che studi diversi, hanno trovato risultati differenti.
Pare quindi che una continua stimolazione cognitiva attraverso la lettura e lo studio, possa giovare ed agire come uno dei fattori protettivi nei confronti delle demenze primarie (Renteria et al., 2019).