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Asessualità e genere

L'asessualità sembra associata a una certa distanza da standard egemonici ed etichette di mascolinità e femminilità rappresentati nella nostra società

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 15 Nov. 2019

Aggiornato il 30 Giu. 2022 12:43

La sessualità umana è caratterizzata da molteplici aspetti che si modificano e sviluppano nella cornice della società di riferimento. Assumono particolare rilevanza l’insieme di aspettative che la società rivolge ad una particolare categoria di individui circa il modo “adeguato” di vivere la propria sessualità.

 

Negli esseri umani, il parlare di sessualità non si esaurisce nel considerare l’orientamento sessuale di un individuo o la funzionalità del suo apparato riproduttivo, bensì vengono chiamati in causa molteplici altri aspetti personologici, sociali ed emotivi, che si modificano e sviluppano nella cornice della società di riferimento; a tal proposito assumono particolare rilevanza gli script o norme sessuali, ovvero l’insieme di aspettative che la società rivolge ad una particolare categoria di individui circa il modo “adeguato” di vivere la propria sessualità (Gagnon & Simon, 1973).

Un esempio può essere la tendenza, presente in molte culture tra le quali la nostra, a considerare come criterio di normalità della sessualità il fatto che essa venga consumata entro i confini di una relazione coniugale eterosessuale, trascurando o addirittura respingendo apertamente tutti i casi che esulino da questa configurazione ottimale. Al contempo però, è solitamente presente in queste culture un palese doppio standard, che prevede comportamenti diversi a seconda del genere dell’individuo considerato: è per esempio più tollerato che un uomo sperimenti sessualmente al di fuori di un contesto di una relazione esclusiva, mentre ci si aspetta che le donne si astengano dal fare lo stesso (Wiederman, 2005).

Sta assumendo negli ultimi anni una particolare rilevanza quella categoria di studi, definiti intersezionali, che si occupano di valutare come due o più aspetti identitari di un individuo intersechino, influenzando il suo comportamento e vissuto personale in funzione delle norme di riferimento ad essi associate. L’origine della parola viene fatta risalire all’uso che ne fece l’attivista politica Kimberley Crenshaw nel descrivere la condizione delle donne afroamericane, soggette ai pregiudizi rivolti alle persone di colore e al contempo vittime del sessismo riservato alle donne nelle società patriarcali occidentali, trovandosi di fatto all’incrocio (n.d.t.: intersection) tra due diversi condizionamenti socio-culturali. Nell’ambito della sessualità, tali studi si sono occupati di esaminare come la molteplicità delle identità di genere si intreccino con lo spettro degli orientamenti sessuali e con il grado di aderenza alle specifiche norme di genere rivolte all’individuo sulla base della sua appartenenza ad un sesso o all’altro, di fatto influenzandolo nelle cognizioni e nei comportamenti legati alla propria sfera intima e all’identità sessuale.

Tuttavia, le considerazioni fino a qui esposte partono dall’assunto di base che tutti, indistintamente, vivano e agiscano la propria sessualità in una qualche maniera, assunto che in realtà non andrebbe dato per scontato, come testimoniato dall’esistenza di una minoranza di persone che si identificano come asessuali. Più che essere considerato come assenza di un orientamento sessuale, l’asessualità si può piuttosto definire come una variante dello stesso, caratterizzato dalla propensione a stringere dei rapporti sentimentali nei quali l’atto sessuale può essere mai o raramente consumato (asessualità romantica), oppure dall’assenza di legami romantico-sentimentali nel contesto di un generale disinteresse per il sesso (asessualità aromantica). Essa di differenzia dall’astinenza sessuale perché non viene esperita dal soggetto come una privazione, ma come un genuino disinteresse verso le attività erotiche di coppia (non sempre è incluso in questo discorso l’autoerotismo).

Le informazioni demografiche raccolte da soggetti che si identificano come asessuali suggeriscono come tale identità sessuale sia caratterizzata da evidenti differenze di genere: il 64% dei soggetti infatti si identificava come femmina o “female-ish” (n.d.t.: circa-femminile), mentre solo il 13% si identificava come maschio o “male-ish” (Miller, 2012) ed è stato suggerito che tale disparità possa essere dovuta all’influenza delle norme sessuali di genere. Gli uomini potrebbero infatti esitare nell’identificarsi con un orientamento sessuale che violi la concezione dominante di mascolinità come legata all’espressione di virilità sessuale: gli uomini asessuali da un lato si trovano quindi a mettere in discussione quegli script che associano la mascolinità con la voracità sessuale ed al contempo, a causa di questi, si ritrovano emarginati (Przybylo, 2014). Tuttavia, è stato suggerito come alcuni uomini asessuali abbiano l’opportunità di identificarsi con quegli script che associano l’idea della mascolinità con l’iper-razionalità (Fahs, 2010) o con quelle sottoculture, come può essere un esempio quella dei nerd o geek, nei cui membri ci si aspetta un certo imbarazzo sociale ed un disinteresse verso il sesso a fronte di skills o conoscenze appartenenti al mondo scientifico-informatico (Bell, 2013; Kendall, 2000; Quail, 2011).

In questo senso le femmine che si identificano come asessuali, vanno a confermare lo script dominante per le donne bianche che prevede che esse provino un minor desiderio rispetto alla controparte maschile, o siano comunque meno consapevoli dei propri desideri sessuali: Fahs (2010) sottolinea come l’asessualità femminile rispecchi la tendenza conservatrice di spogliare le donne della propria agentività sessuale, relegandole in un’immagine pudica che tollera senza proteste la mancanza di piacere sessuale. Se da un lato però viene rispettata la visione della donna come sessualmente disinteressata, dall’altro l’asessualità si pone in netto contrasto con la compresente convinzione che la donna debba comunque dimostrarsi sempre disponibile di fronte alle richieste sessuali del maschio, di fatto rispecchiando la mentalità fortemente fallocentrica che contraddistingue le culture occidentali (Cerankowski&Milks, 2010).

Un interessante dato emerso dallo studio demografico di Miller (2012), suggerisce come una percentuale rilevante di persone (23%) non si identificasse con alcuna delle due polarità di genere, maschile vs. femminile, bensì si posizionasse nel range tra di esse compreso, mentre almeno il 10% degli intervistati si identificava come transgender, suggerendo come gli individui asessuali possano risultare più propensi a definirsi come sessualmente non conformi, risultando meno soggetti a quelle norme di genere imposte dagli script sessuali dominanti. Ad esempio, le donne asessuali potrebbero sentire di rispecchiare meno l’idea di femminilità attraverso quei comportamenti di cura dei vestiario e del corpo specificatamente volti a rendersi “sessualmente più appetibili” all’occhio maschile secondo i dettami della cultura dominante (Chasin, 2011).

Gli studiosi che negli anni ’60 e ’70 rivolsero la propria attenzione alle disforie di genere riportavano spesso come i propri pazienti avessero una condotta asessuale, attribuendone la causa alle cure ormonali che accompagnano la transizione nell’adeguamento di genere (Cohen-Kettenis&Pfafflin, 2009). E’ inoltre stato rilevato, che sotto le pressioni subite dalla società e, possiamo desumere, in particolare dalla società medica, molti pazienti che desideravano accedere alle operazioni di correzione dei caratteri sessuali si sono sentiti più al sicuro dichiarando di essere asessuali, temendo che il pregiudizio potesse ostacolare il proprio percorso di autodeterminazione in caso avessero dichiarato di avere un orientamento omosessuale (Cohen-Kettenis&Pfafflin, 2009; Ekins&King, 2006; Meyerowitz, 2002; Valentine, 2007).

Di recente, nel contesto di una ricerca più estesa sulle identità asessuali contemporanee, Gupta (2019) ha potuto condurre delle interviste qualitative con delle persone che si identificassero come asessuali, esaminando più da vicino il rapporto tra questo orientamento e le diverse identità di genere degli individui. I volontari intervistati si identificavano nella categoria donne (21), uomini (7), trans MtoF (1), altro/gender-fluid (1). Dei trenta partecipanti, ventisette si definivano asessuali, tre di loro si identificavano invece come “gray-Asexual”, ovvero quell’area grigia che sta tra la sessualità e l’asessualità, oppure demi-sessuale, ovvero che sperimentano attrazione sessuale solo nel contesto di una relazione di lungo termine. Il 63% si sono definiti romantici o demi-romantici (17%), ovvero stringendo relazioni di natura sentimentale ma non sessuale; di questa percentuale combinata, il 48% ha dichiarato un orientamento etero-romantico, il 12% si è definito omo-romantico e la rimanente parte (36%) si è identificata nella categoria bi-romantico, o pan-romantico, attratto cioè sentimentalmente da entrambi i sessi o aperto a ogni identità di genere; Il 17% degli intervistati si è definito invece aromantico.

L’autrice ha raccolto poi le testimonianze dei partecipanti, incontrati nella propria esperienza personale rispetto agli script a loro rivolti, in quanto individui di etnia caucasica, di ceto medio-alto, senza disabilità, presumibilmente cisgender ed eterosessuali. Nei confronti della mascolinità, tutti gli individui maschi intervistati hanno dichiarato di non sentire di rispecchiare il modello proposto dalla cultura di riferimento, definendosi solitari, nerd e comunque queer, sebbene soltanto un intervistato abbia riportato un effettivo isolamento dai pari; essi riportano inoltre la tendenza ad aggregarsi con altri ragazzi con una simile disposizione di disinteresse verso il sesso e il dating in generale.

I partecipanti hanno negato di aver fatto esperienza di forti pressioni legate al proprio orientamento asessuale, tre di essi attribuendo come causa il fatto che raramente venivano approcciati dalle ragazze con scopi puramente sessuali, non vivendolo quindi come una problematica costante. Sembra quindi che il fatto che l’agentività sessuale risieda, secondo lo script culturale di riferimento, nelle mani dell’uomo, renda di fatto l’asessualità maschile meno problematica. Altri tre intervistati attribuiscono la propria esperienza priva di conflitti legati all’asessualità al fatto che possa essere socialmente più accettato che un uomo si focalizzi sulla propria carriera piuttosto che sulle relazioni. Inoltre, un intervistato ha dichiarato come la condivisione della propria asessualità con i pari abbia incontrato reazioni favorevoli dagli altri uomini, che percepivano un’assenza di competitività in ambito romantico.

Contrariamente alle aspettative, tutti i racconti di episodi di conflittualità riportati dai partecipanti circa l’asessualità vedevano coinvolta una donna; spesso il pregiudizio circa la presunta voracità sessuale dei maschi ha ostacolato il tentativo dei rispondenti di stringere relazioni amicali o romantiche con donne di loro conoscenza, le quali si rivolgevano loro con sospetto e circospezione. Inoltre, rispecchiando due diverse posizioni circa l’assunzione che una frequentazione romantica debba includere il contatto sessuale, gli individui asessuali e le persone di altri orientamenti sessuali con le quali essi intraprendono frequentazioni, rischiano di trovarsi in un conflitto inconciliabile.

Nel rapporto con il genere femminile e gli stereotipi e script ad esso rivolto, le donne asessuali riconoscono come la propria condotta entri in aperto contrasto con le aspettative circa la disponibilità che ci si aspetta dalle donne di fronte alle avance sessuali maschili; due riportano episodi di ira e rabbia violenta da parte del partner, che è seguita al loro rifiuto di concedersi sessualmente. Diverse donne intervistate sentivano di discostarsi, nel loro modo di vestirsi e comportarsi, dall’aspettativa che la donna debba presentarsi come un oggetto sessuale.

Tuttavia, la maggioranza delle donne asessuali ha percepito che la propria asessualità venisse generalmente ben accettata in virtù della sua conformità con lo script che asserisce che la donna sia meno sessualizzata o incline al perseguire il proprio desiderio dell’uomo.

Le donne asessuali romantiche, specialmente quelle disponibili a concedersi sessualmente per compiacere il partner, sembrano riportare maggiore accettazione, attribuendone la ragione al preconcetto infondato che le donne non siano realmente interessate al sesso, ma lo usino come strumento per raggiungere il loro vero obbiettivo, ovvero una stabile relazione romantica: ben dieci delle donne intervistate (1/3 del campione) e nessun uomo, ha dichiarato di concedersi sessualmente al proprio partner pur non volendo su richiesta dello stesso o sotto la pressione percepita per conformarsi alla norma; cinque intervistate, quattro donne e una donna transessuale, hanno riportato di aver subito violenza sessuale. In questo senso le norme sessuali di genere compromettono la vita delle donne asessuali in maniera simile a quelle delle donne con altri orientamenti: è, infatti, nella nostra società, in qualche misura socialmente accettabile che le donne debbano soddisfare i desideri sessuali dei propri partner a discapito della propria inclinazione in merito (Gavey, 2005).

L’unica donna transessuale intervistata ha descritto un rapporto molto complesso con la propria asessualità, alla quale essa stessa attribuisce eziologia iatrogena a seguito degli interventi di riassegnazione genitale performati alla nascita (la donna era infatti anche intersessuale), oltre che ad una storia di abusi subiti e di una generale condizione di salute precaria. Da ultimo, solo un individuo si è identificato nella categoria Altro/Genderfluid, tuttavia, la maggioranza degli intervistati ha dichiarato di sentirsi in qualche modo distanti dagli standard egemonici di mascolinità e femminilità rappresentati nella nostra società, di fatto provando un generale distacco da quelle etichette circa il genere di appartenenza.

Il contributo di Gupta (2019), ha permesso di cogliere uno spaccato della complessità riscontrabile all’intersezione tra rappresentazione di genere e orientamento asessuale, sottolineando ad esempio come il fatto che un determinato gruppo si astenga o non rispecchi l’ideale di mascolinità, possa non impedire loro di accedere a certi aspetti del privilegio riservato agli uomini; al contempo viene sottolineato come anche l’esperienza delle persone asessuali rispecchi le disparità subite a causa delle differenze di genere, in particolare verso l’autonomia sessuale concessa in diversa misura nei due sessi.

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