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Un bel respiro e conta fino a dieci

Il comportamento è goverato da due sistemi, uno orientato alla valutazione e l'altro più immediato. Cosa accade quando entrano in competizione tra loro?

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 15 Ott. 2019

Il primo suggerimento che diamo a qualcuno vicino a noi in preda all’ira più funesta è: “fai un bel respiro e conta fino a dieci”, sperando che la messa in atto di questo possa in qualche modo prevenire nell’irato la manifestazione di un comportamento rabbioso e aggressivo tramite la dilazione dell’intervallo di tempo tra l’inizio dell’arrabbiatura e la sua espressione più manifesta, esplicita e a volte più pratica. Ma davvero contare fino a dieci aiuta?

 

 Il nostro comportamento è governato da due sistemi differenti, un primo più raffinato e complesso che ci consente di selezionare il piano d’azione migliore sulla base di una precisa e attenta valutazione di quella opzione, tra le immediatamente disponibili al momento, che meglio si adegua e confà al raggiungimento del nostro scopo prefissato, e un secondo più superficiale e veloce che ci fa scegliere l’azione più immediata basandosi non più su una conoscenza approfondita dell’ambiente esterno e delle alternative disponibili, ma su una conoscenza pregressa frutto di apprendimenti precedenti (Daw, 2018). Semplificando, si potrebbe affermare che il primo sistema di tipo decisionale è goal-directed, ovvero specializzato nella scelta e nella computazione della presa di decisione più adatta e coerente con il nostro scopo, il secondo, contrariamente al precedente, è più “impulsivo” e date queste sue caratteristiche ci permette di reagire più rapidamente e prontamente agli stimoli ambientali che ci elicitano. Tuttavia, mentre il primo sistema richiede più tempo e risorse cognitive nell’implementazione dell’azione di risposta ad uno stimolo, il secondo, essendo più repentino, dà origine ad un’azione ratica, meno “ragionata” e quindi meno appropriata al contesto (Daw, 2018).

I modelli computazionali che sostengono l’esistenza di questi due sistemi operanti in parallelo ipotizzano che in alcune circostanze entrino in competizione per il controllo dell’azione e che di fatto uno vada a prevalere sull’altro, generando una risposta a volte più funzionale a volte più impulsiva e meno adatta alle circostanze o al raggiungimento dei nostri scopi. Una consistente mole di studi neuroscientifici si è occupata di indagare l’esatta natura di questa competizione tramite modelli sperimentali, per comprendere sia gli specifici meccanismi che consentono il passaggio da un sistema all’altro e sia la tipologia di circostanze ambientali che favoriscono l’attivarsi e il predominare dell’uno sull’altro (Dolan & Dayan, 2013).

Studi condotti su popolazioni animali hanno evidenziato come la messa in atto in modo ripetitivo e prolungato nel tempo di una stessa azione possa agevolare il passaggio dal sistema goal-directed al secondo, quello più legato ad abitudini e ad automatismi, sebbene si è rivelato sorprendentemente difficile indurre sperimentalmente delle abitudini negli individui (Wit, Kindt, Knot et al., 2018). La ragione principale per la quale si è rivelato così difficile studiare e comprendere la formazione dei  comportamenti abitudinari nei soggetti sperimentali risiede nel fatto che, sebbene questi ultimi sviluppino delle abitudini, queste vengono spesso mascherate dai processi del sistema goal-directed. Infatti, nei modelli sperimentali utilizzati si osserva come uno stimolo possa innescare la preparazione di una risposta ad esempio motoria e come questa preparazione potrebbe non essere poi direttamente espressa con un’azione automatica, ma potrebbe essere sostituita dall’altro sistema, ancor prima di essere implementata. L’azione finale osservata è quindi frutto del sistema uno o del sistema due?

La preparazione motoria di un’azione si verifica indipendentemente e sistematicamente molto prima, in termini di tempo, rispetto alla sua realizzazione concreta all’esterno (Haith, Pakpoor et al., 2016). Pertanto, in termini sperimentali di laboratorio, ci si aspetta che il sistema decisionale più automatico possa selezionare l’azione più rapidamente, mentre l’altro sistema, essendo più raffinato, richieda una quantità di tempo maggiore e che di conseguenza, una limitazione del tempo a disposizione per i soggetti richiesto per la preparazione di un’azione potrebbe prevenire l’attivazione del sistema goal-directed, svelando la presenza di abitudini latenti.

 Tale ipotesi è stata indagata da Hardwick, Forrence, Krakauer del dipartimento di neurologia dell’Università John Hopkins di Baltimora, nell’ultimo studio recentemente pubblicato su Nature Human Behaviour. Per circa quattro giorni, i ricercatori hanno istruito 22 soggetti sperimentali a rispondere più velocemente possibile all’apparire di uno stimolo visivo neutro in rapida successione – una lettera dell’alfabeto fenicio – premendo il bottone corrispondente. Lo scopo era quello di agevolare i soggetti nel compito di associazione visuomotoria e far sì che l’azione motoria (premere il bottone), al comparire dello stimolo visivo sullo schermo, diventasse automatica e di conseguenza una procedura automatica, ossia un’abitudine. Come atteso, la pratica prolungata nel tempo del compito ha portato i soggetti ad un miglioramento delle prestazioni, misurate tramite una significativa riduzione dei tempi di reazione all’apparire dello stimolo (Hardwick, Forrence, Krakauer et al., 2019).

A questo punto, gli autori hanno introdotto all’interno del compito dei trial specifici per indurre nei soggetti sperimentali una risposta “forzata”, cioè per costringerli ad implementare l’azione motoria di risposta allo stimolo visivo in un intervallo di tempo più dilazionato rispetto ai precedenti trial. Per ogni trial di risposta “forzata” i partecipanti erano stati istruiti a sincronizzare la loro risposta motoria con la comparsa di un tono, mentre gli stimoli visivi neutri venivano presentati in modo random. Tale procedura è stata inserita per evitare che i soggetti avessero una quantità di tempo sufficiente per processare lo stimolo visivo, che appariva sullo schermo per meno di 300 millisecondi prima che terminasse il suono. I soggetti sono stati quindi essenzialmente costretti ad “indovinare” il momento esatto in cui premere il bottone senza alcun tipo di riflessione (Hardwick, Forrence, Krakauer et al., 2019).

Le evidenze dello studio hanno messo in luce come per ogni trial visuomotorio in combinazione con quello di risposte “forzate”,  i partecipanti riducessero significativamente la latenza alla quale essi avrebbero potuto selezionare e preparare la risposta motoria, evidenziandone l’automaticità. I dati hanno altresì prodotto una ulteriore comprensione della natura della competizione tra i due sistemi decisionali, sottolineando come questi competano tra di loro per stabilire quale tra un’azione goal-directed e un’abitudine debba essere preparata e rapidamente implementata in ragione del cambiamento del contesto, in questo caso del task. Nonostante vi siano diversi goal, diversi scopi da perseguire in parallelo – in questo caso rappresentati dalle diverse istruzioni date ai soggetti sperimentali – soltanto una e una sola azione è stata implementata come già dimostrato in precedenza da Dekleva, Kording e colleghi (2018).

I risultati ottenuti sono risultati coerenti anche con il modello per il quale i processi di preparazione e inizio di un’azione avvengano separatamente; infatti, nonostante la risposta automatica sia in ogni caso preparata, non è necessariamente detto che questa sia poi implementata. Lo studio ha messo in luce come un breve intervallo di tempo consente la dissociazione tra la preparazione e l’inizio dell’esecuzione di un’azione e quindi il passaggio da una abituale ad una goal-directed e viceversa (Hardwick, Forrence, Krakauer et al., 2019).

Pertanto sembrerebbe che i comportamenti automatici possano essere “indotti” riducendo precocemente l’intervallo di tempo tra la preparazione dell’azione e la sua implementazione effettiva, intervallo così prolungato da compromettere al contempo l’intervento del sistema goal-directed. Il ripristino di un intervallo di tempo sufficiente tra la preparazione dell’azione e sua realizzazione permette al soggetto di “ignorare” la tendenza a compiere azioni più automatiche in quanto ha tempo sufficiente per un comportamento più “ragionato” e funzionale al contesto.

Quindi in caso di arrabbiature, prima di reagire ed evitare problemi, fate un bel respiro e contate fino a dieci.

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