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Dick pics o esibizionismo fotografico, la linea (non troppo) sottile tra corteggiamento e molestia   

Lo sviluppo tecnologico ha stravolto l'immagine del fallo che spesso oggi è condivisa tramite dick pics. Tentativo (errato) di corteggiamento o molestia?

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 23 Set. 2019

Il simbolismo fallico è presente nella storia di ogni civiltà umana fin dai suoi albori e la sua immagine si è mantenuta nel tempo fino al giorno d’oggi, evolvendosi al passo con la tecnologia a disposizione dell’uomo. Il caso delle dick pics.

 

Il simbolismo fallico è presente nella storia di ogni civiltà umana fin dai suoi albori, basti pensare che il manufatto più antico ad oggi rinvenuto è databile a circa 28.000 anni fa. In origine il significato del fallo era strettamente legato alla forza generativa, come sinonimo di potenza e fertilità, non è quindi infrequente imbattersi in statue votive o raffigurazioni di divinità dotate di membri smisuratamente grossi e in erezione. L’iconografia peniena è tuttavia cambiata drasticamente nel corso della storia: se in epoche più remote la nudità era onnipresente nei manufatti artistici e nelle raffigurazioni pittoriche, fu con l’avvento del Cattolicesimo che il fallo venne demonizzato come strumento di corruzione e latore di pulsioni peccaminose per uomini altrimenti devoti, culminando, a seguito del Concilio di Trento, con la censura sistematica di tutte le opere raffiguranti nudi mediante la celebre foglia di fico o, come nel caso della Cappella Sistina, con l’applicazione di braghe su santi e dannati (l’artista che si occupò di questo crimine contro l’arte fu soprannominato “il Braghettone”).

Ma l’immagine del fallo si è mantenuta nel tempo: sebbene ora relegato al dominio privato dell’eros e della pornografia, la sua rappresentazione si è evoluta al passo con la tecnologia a disposizione dell’uomo. Infatti, dall’avvento della stampa, alla fotografia, dai primi pacchetti dati scambiati in rete, all’avvento dei moderni smartphones, ogni mezzo è stato impiegato per onorare e riprodurre l’immagine del pene, potendo però godere adesso di un maggior anonimato. Nell’ambito delle nuove tecnologie, internet, i personal computer ed i telefoni cellulari hanno costituito una vera e propria rivoluzione, modificando a tal punto le nostre vite da invadere anche la sfera intima dell’interazione sessuale: ad esempio, fenomeni come il sexting, ovvero scambio di messaggi di natura erotica al fine di ottenere mutua eccitazione e, talvolta, fare da sfondo all’autoerotismo, sono diventati pratiche largamente diffuse tra gli utenti più giovani e non solo. In questo caso, gli studi sul fenomeno rilevano che in entrambi i sessi venivano riportati sentimenti di miglioramento dell’intimità di coppia, dell’autostima, della soddisfazione sessuale e intrattenimento (Champion&Pedersen, 2015; Parker, Blackburn, Perry, &Hawks, 2013; Woolard, 2011).

Tuttavia, l’anonimato apre le porte a comportamenti agìti senza paura delle ripercussioni, dove chi li mette in atto può sottrarsi alla reciprocità che in generale l’atto sessuale dovrebbe richiedere. È questo il caso delle cosiddette dickpics, che potremmo vedere come una rivisitazione in chiave tecnologica del fenomeno dell’esibizionismo sessuale: immagini di genitali maschili in stato di erezione inviate a donne sconosciute o conosciute, ma comunque al di fuori dal contesto di una interazione messaggistica di natura erotica, le quali vengono spesso accolte con orrore o, nel migliore dei casi, basita perplessità dalle povere malcapitate.

Un sondaggio ha rivelato che il 27% dei Millennials americani ha inviato almeno una dickpic una volta nella vita (YouGov, 2017) e sembra che il fenomeno sia esclusivamente maschile, non è infatti nota una pratica analoga messa in atto dalle donne, anche se potrebbe essere impossibile circoscrivere il fenomeno in quanto questa casistica incontrerebbe reazioni ben diverse: è infatti noto dalla letteratura, che gli uomini tendono ad essere sessualmente più reattivi a stimoli di natura visiva rispetto alle donne (per una review rimandiamo a Rupp&Wallen, 2008), le quali invece riportano sentimenti di disgusto, senso di oggettificazione, rabbia, vergogna e sensazione di star subendo una molestia nel ricevere le dickpics (Wailin&Pym, 2017). Diversamente, pare che questa modalità incontri minori resistenze nelle comunità di maschi omosessuali che fanno uso di applicazioni di incontri come ad esempio Grindr, i quali riportano sentimenti più positivi nel riceverle (Tziallas, 2015). È interessante come, nell’indagare il fenomeno includendo anche identità non-binarie, sia emerso che esso non sia legato all’identità di genere maschile, bensì al fatto di possedere un pene come dotazione di nascita, includendo quindi individui dall’identità di genere fluida o Transessuali.

Di recente, Oswald e colleghi (2019) hanno condotto uno studio volto a indagare quale fosse il profilo dell’uomo che invia le dickpics, delineandone caratteristiche di personalità e le motivazioni alla base dell’invio di tali immagini senza consenso della controparte e indagando quali fossero le reazioni che speravano di elicitare nelle riceventi. Per fare ciò hanno analizzato un campione di 1087 uomini con identità di genere cisgender e con orientamento esclusivamente eterosessuale: il 48% dei partecipanti allo studio ha dichiarato di aver inviato almeno una dickpic (523 uomini tra i 16 e i 75 anni), la restante parte ha negato di averlo mai fatto (564 uomini tra i 16 e i 92 anni).

La letteratura riporta come il narcisismo sia caratterizzato da senso di grandiosità, bisogno di ammirazione, un senso esagerato del Sé ed una sovrastima della propria avvenenza estetica (Oltmanns, Emery& Taylor, 2006), così come è stato correlato a tendenze di devianza sessuale negli uomini, tra cui coercizione ed esibizionismo sessuale (Figueredo, Gladden, Sisco, Patch & Jones, 2015; Lang, Langevin, Checkley, &Pugh, 1987; Widman&McNulty, 2011), componenti che è plausibile ipotizzare come alla base del comportamento esibizionistico sotteso alla diffusione delle dickpics. Per questo motivo, ai partecipanti è stato chiesto di compilare il Narcissism Personality Inventory Scale (Ames, Rose, & Anderson, 2006), un questionario a 16 items per indagare la presenza di narcisismo sub-clinico.

Secondariamente, ai soggetti è stato proposto il Sexual Opinion Survey (Fisher, Byrne, White &Kelley, 1988), questionario composto da 21 items, nel quale un punteggio più basso corrisponde ad una tendenza all’erotofilia (qui definita come atteggiamenti positivi verso il sesso), di contro un punteggio più alto indica erotofobia, ovvero atteggiamenti negativi verso alcuni aspetti della sessualità. È stato poi somministrato anche l’Ambivalent Sexism Inventory – short form (Glick&Fiske, 1996) per indagare l’eventuale presenza di sessismo nei partecipanti, fosse esso malevolo, ovvero denigratorio nei confronti della donna, o benevolo, che per quanto discriminatorio non comporti cioè un danno reale alla controparte (e.g. “Le donne dovrebbero essere adorate e protette dagli uomini”).

Per indagare le intenzioni sottese all’invio di immagini falliche senza consenso, sono state presentate 20 possibili motivazioni, afferenti a sei diverse categorie: mentalità transazionale (e.g. “ho inviato una foto sperando di riceverne in cambio una altrettanto esplicita”), ricerca del partner (e.g. “è un modo normale di flirtare”), potere e controllo (e.g. “mi eccita sapere che qualcun altro è stato costretto a vedere il mio pene contro la propria volontà”), misoginia (e.g. “provo disprezzo verso le donne ed inviare loro dickpics è soddisfacente”), conflitti infantili irrisolti (e.g. “ricordo che i miei genitori mi hanno fatto provare vergogna rimproverandomi quando sono cresciuto troppo per mostrare la nudità davanti a loro e agli altri, mostrare le dickpics mi fa stare meglio”), oppure soddisfazione sessuale o personale (e.g. “spero di ricevere feedback positivi sul mio pene”). I partecipanti hanno selezionato tutte le motivazioni che potessero essere intervenute nel loro caso, valutandole su di una scala a tre punti a seconda di una maggiore o minore influenza.

Sono state poi elencate una serie di possibili reazioni che i soggetti potessero voler elicitare, tra cui eccitazione sessuale, paura, disgusto, rabbia, vergogna, shock, apprezzamento, attrattività, svalutazione e, anche in questo caso, i partecipanti selezionavano tutte le risposte pertinenti e assegnando un punteggio da 1 a 3. Da ultimo si è indagata la presenza di comportamenti esibizionistici pregressi, non mediati dalla tecnologia.

I risultati ottenuti hanno confermato come sia il narcisismo che il sessismo, sia benevolo che malevolo, correlino con il fenomeno delle dickpics; nella fattispecie, sulla base dei punteggi in queste tre caratteristiche, era possibile stimare correttamente nel 63% dei casi se un individuo avrebbe fatto parte del gruppo degli esibizionisti fotografici o di quelli che non lo avevano mai fatto. Curiosamente è emerso some l’esibizionismo correlasse positivamente con l’erotofobia, suggerendo quindi che alla base del comportamento impulsivo di esibizione dei genitali possano in realtà essere sottesi dei sentimenti negativi verso aspetti della sessualità, una maggiore insicurezza sessuale o timore nei riguardi dell’atto sessuale.

Circa le motivazioni che spingessero gli uomini ad indulgere in questo comportamento, il 43,6% del campione ha confermato di agire secondo una previsione transazionale, sperando quindi di ricevere in cambio un’immagine parimenti provocatoria, mentre il 32,5% dei partecipanti lo considera una maniera come un’altra per avvicinare un potenziale futuro partner, sperando di provocare nel ricevente una risposta di eccitazione o quantomeno di comunicare interesse sessuale.

Le analisi circa le reazioni che si sperava di ottenere riportano come la speranza maggiore fosse quella di eccitare l’altra persona (82%), il 50% ha riportato la speranza che ricevere la propria dickpic potesse far sentire l’altro desiderato, seguita da un 22% la cui speranza era che l’immagine ricevuta facesse sentire la persona apprezzata. Come abbiamo già accennato, una possibile spiegazione potrebbe essere un bias cognitivo che porti gli uomini a supporre che chiunque reagirebbe nello stesso modo in cui reagirebbero loro, ovvero provando eccitazione alla vista dei genitali di qualcuno, a prescindere dall’aver o meno espresso il consenso a ricevere tali immagini (Ley, 2016; Waling&Pym, 2017).

È interessante sottolineare che un numero significativo di partecipanti ha dichiarato di sperare in una reazione negativa, fosse essa di shock (17%), di paura (15%) o di disgusto (11%). Questo assume particolarmente rilevanza se si considerano le critiche avanzate da alcuni autori ad alcune teorizzazioni di stampo femminista, i quali sostengono vi sia una percezione ingiusta della mascolinità come predatoria e problematica (Beasly, 2015; Waling&Pym, 2017). I risultati ottenuti sembrano supportare invece l’idea che, in alcuni casi, le reazioni negative ottenute non siano sempre non intenzionali e che un tale comportamento possa essere davvero considerato come una forma di molestia sessuale o comunque una modalità di arrogarsi un diritto senza incorrere in gravose conseguenze (Powell & Henry, 2017; Ringrose& Lawrence, 2018; Thompson, 2018; Vitis&Gilmour, 2017).

Per quanto la maggioranza del campione riportasse delle motivazioni positive nel compiere quest’atto, è importante non dimenticare che a causa della natura unilaterale dell’invio delle dickpics, viene completamente a mancare una qualsivoglia considerazione circa il consenso dell’altra persona, finendo per costituire un abuso vero e proprio. Sebbene quindi tali comportamenti possano non essere guidati da sentimenti manifesti di sessismo o di ostilità, l’invio di materiale esplicito senza consenso, sta in qualche modo rinforzando tali disposizioni, che sono sì interne all’individuo, ma in una certa misura vengono anche accettate e normalizzate dalla società contemporanea.

 

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