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Quando l’amore diventa perversione

Amore e perversione, due dimensioni inconciliabili che contrappongono empatia, sensibilità e rispetto ad egoismo, possessività e distruzione.

Di Michela Mazzeo

Pubblicato il 20 Set. 2019

Nella perversione non c’è empatia o sensibilità, non esiste rispetto o delicatezza, mentre l’amore è generoso e orientato al Tu. Una breve illustrazione del passaggio tra amore a perversione e dell’impossibilità dei due di coesistere.

 

Il primo a parlare di perversione e a sfatare il tabù che da sempre ha aleggiato, e tutt’ora aleggia, sul tema delle perversioni è stato Sigmund Freud, medico austriaco e padre della psicoanalisi con i suoi saggi sulla sessualità del 1905. Egli individua, nello sviluppo psico-sessuale del bambino, una fase fondamentale e determinata denominata “fase genitale”, in cui il bambino impara a conoscere e a scoprire il proprio corpo e la propria sessualità. Il bambino comprende le differenze tra i generi e le differenze sessuali tra i coetanei e gli adulti. Inoltre, vive quello che è conosciuto come Complesso di Edipo, in cui desidera sostituire il padre a fianco della madre, provando per lui un sentimento a metà tra amore e odio e tentando in tutti i modi di possedere in modo esclusivo la propria madre.

In questa fase, afferma Freud, il bambino comprende l’impossibilità di sostituirsi al padre ed accetta così la sua posizione e quella dei suoi genitori. Quando il bambino non riesce a riconoscerlo, si istaura in lui il seme della perversione: inizia a vivere in un mondo privo di differenze sessuali, di rapporti familiari, di regole e vincoli nei rapporti generazionali e sociali. Colui che cresce nella e con la perversione non cerca trasgressione, poiché trasgredire vuol dire superare un limite che in essa non esiste, non esiste confine, non esiste una regola.

Questa è una prima e fondamentale differenza tra amore e perversione: il primo è regolato, ha un limite, un confine, il secondo è privo di ogni confine umano e sociale, è un baratro senza fine. Inoltre, nella perversione non esiste riconoscimento dell’Altro, come persona, come umano e anzi, l’altro smette di essere persona e diventa oggetto da possedere, privo di diritti, di volontà, di desideri. Questa assenza di riconoscimento dell’altro è riscontrabile in ogni forma di trauma inflitto da mano umana ed, in particolare, in quella forma di trauma che Giovanni Stanghellini e Mario Rossi Monti chiamano “trauma di effrazione”, il cui prototipo è l’abuso sessuale. Si può affermare, quindi, che amare vuol dire riconoscere l’altro, il suo desiderio ed il proprio, mentre nella perversione c’è un misconoscimento totale dell’altro.

Sempre Freud rintraccia alla base della perversione, non il movente sessuale, ma un’estrema esaltazione del Sé e della propria onnipotenza, un mezzo per poter dimostrare, a se stessi e al mondo, che tutto gli è possibile, che non esiste un limite a cui attenersi. Ed è per questo che la perversione è più vicina alla morte che all’amore: nella sua onnipotenza cerca di distruggere l’altro, di degradarlo, riducendolo ad oggetto da possedere e non percepisce che nel distruggere l’Altro distrugge anche se stesso. Pertanto, tutte le culture e società, non hanno potuto che confinare la perversione ed esaltare l’amore nelle regole e nei confini.

Nella perversione non c’è empatia o sensibilità, non esiste rispetto o delicatezza, c’è solo violenta distruzione dell’amato e del mondo circostante, desiderio di possesso ed esclusività. Mentre l’amore è generoso, è orientato al Tu, la perversione è egoista e meschina e deride l’equilibrio e la mediocrità.

Anche la sessualità assume una diversa connotazione: non è più un abbraccio tra due corpi e tra due anime, un modo per entrare in sinergia completa, ma un mezzo per possedere l’altro nel modo più terreno possibile, per annientare il suo corpo e la sua persona, per depersonalizzare totalmente l’altro. È un piacere non condiviso, singolo, una danza con la morte, a cui spesso artisti e poeti hanno preso parte per poter descrivere e decantare realtà al confine tra vita e morte.

Secondo Galimberti, l’amore differisce ulteriormente dalla perversione per la sua capacità di trascendersi, superare la propria solitudine ed incontrare quella dell’altro, donare all’altro la propria anima, oltrepassando la carne. Nella perversione, invece, l’altro è privato, anzi, derubato della propria solitudine e degradato nella propria identità.

Concludendo, potremmo affermare che l’amore diventa perversione quando il rispetto diventa non rispetto, quando il limite diventa inesistente, quando sensibilità ed emozioni vanno via e lasciano spazio al desiderio di possesso e distruzione o ancora all’indifferenza. E con sé, avvicina la vita alla morte, la giustizia all’ingiustizia o peggio, all’assenza di giudizio.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Freus, S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale. Opere. Boringhieri: Torino.
  • Galimberti, U. (2005). Le cose dell’amore. Feltrinelli: Milano.
  • Stranghellini, G., Rossi Monti, M. (2014). Psicologia del patologico. Una prospettiva fenomenologico-dinamica. Raffello cortina editore: Firenze.
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