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Interrompere scientificamente il contagio del virus antiscientifico

Il problema della disinformazione scientifica è un fenomeno in crescita, incrementato anche dall'uso dei social network, che non è più possibile ignorare.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 19 Lug. 2019

Per contrastare la disinformazione scientifica, in accordo con i modelli sulla persuasione, di processamento a due vie, l’informazione ha maggiore probabilità di essere persuasiva se vi è un’alta qualità dell’argomentazione portata e al contempo se si riesce a creare nell’uditorio un’alta motivazione al suo processamento.

 

Le persone sono maggiormente motivate a modificare le proprie credenze riguardo un argomento quando le evidenze che vengono portate loro sono coerenti e in linea con ciò a cui loro già credono; questa è la ragione per cui le correzioni a tali credenze che si sono succedute si sono rivelate spesso inefficaci e le confutazioni delle percezioni errate di una persona spesso si ritorcono perfino contro incrementando al contempo astiosità e rinforzando paradossalmente la percezione errata (van der Linden, 2019).

Nell’affermazione precedente vi è la fondamentale differenziazione tra scetticismo e negazionismo in ambito scientifico: lo scettico è colui che accetta i presupposti e i metodi scientifici ma non condivide con un altro le evidenze che ne potrebbero derivare e pertanto si muove alla ricerca di nuove e più pertinenti prove facendo progredire la scienza stessa mentre il negazionista accetta solo ciò che è coerente con la sua convinzione o prospettiva.

E se la sua prospettiva o convinzione fossero errate? Cosa succederebbe se tutti cominciassimo a pensare realmente che la Terra sia piatta, l’evoluzione solo un’affascinante teoria, il cambiamento climatico una farsa, il riscaldamento globale un’assurdità, i vaccini più dannosi che altro.. ?

L’esempio forse più evidente di ciò è ravvisabile nell’ormai ben noto fenomeno dei no vax, quel movimento di pensiero che mette in discussione l’affidabilità e la sicurezza dei vaccini, sostenendo la credenza (falsa) sull’alta associazione tra questi e l’esordio di autismo nei bambini. Conseguente a ciò vi è la riduzione nelle intenzioni dei genitori, che abbracciano tale pensiero, di non sottoporre i loro figli ai vaccini.

A tal proposito, uno studio di Nyhan, Reifler, Richey e colleghi (2014) ha messo in evidenza come una ferma e opposta argomentazione alla credenza no vax, finalizzata alla sua correzione, in realtà incrementi il fenomeno stesso rafforzando ulteriormente nei genitori l’idea che tutti i vaccini siano pericolosi e dannosi.

Tuttavia un recente studio di Wood & Porter (2019) ha trovato che le correzioni possono essere efficaci anche tra le udienze più schierate e motivate ideologicamente, ma che nel complesso il ragionamento motivato necessita di evidenze sperimentali più robuste.

L’intera comunità scientifica oggi riconosce di aver rimandato e ignorato per troppo tempo il crescente problema della diffusione della disinformazione scientifica, ulteriormente incentivata dall’uso di social network che ne aumentano la portata e la reperibilità, e soltanto recentemente ha riconosciuto l’urgente necessità di contrastare la disinformazione con armi alla pari, pubblicamente e in modo capillare.

Disinformazione scientifica e negazionismo? La scienza risponde..

In merito a quest’ultimo punto, un nuovo studio di Schmid & Betsch (2019), affiliati al Center of Empirical Research in Economics and Behavioral Sciences e del Media and Communication Science dell’università di Erfurt, Germania, ha cercato di rispondere a questa delicata questione conducendo sei esperimenti sia su diversi gruppi (studenti vs cittadinanza) e culture (Stati Uniti vs Germania) sia su differenti contenuti (vaccini vs cambiamenti climatici) e formati di presentazione di quest’ultimi (audio vs scritto) per riprodurre i medesimi risultati e avvalorarne la robustezza.

Gli autori dello studio si sono focalizzati su come sfatare le ideologie negazioniste in ambito scientifico, smascherandone e svelandone le contraddizioni e le debolezze, nell’esatto momento in cui queste avessero raggiunto un pubblico, dal momento che è ormai noto l’effetto per cui nelle discussioni pubbliche, anche mediatiche o televisive, una performance negativa o il tentativo di modificare e minacciare una convinzione errata da parte di un esperto in materia in realtà riduce la probabilità che l’audience modifichi la sua convinzione (van der Linden, 2019).

Esistono due modalità per rifiutare o confutare un messaggio: la prima consiste nel difendere strenuamente la propria posizione non considerando l’altra, la seconda nell’attaccarne la plausibilità dimostrando come in realtà questa sia frutto di una logica errata.

Uno degli strumenti più utilizzati dalla comunità scientifica per contrastare il negazionismo in ambito scientifico è la confutazione dell’argomento tramite la contrapposizione alla credenza errata di informazioni scientifiche circa un contenuto: ad esempio, quando un sostenitore dell’ambito no vax esprime la sua opinione riguardo al fatto che tutti i vaccini dovrebbero essere sicuri al 100% per poter essere somministrati ai più piccoli, in linea con questa strategia, il parere scientifico contrapporrebbe evidenze circa la straordinaria percentuale di successi delle vaccinazioni.

Tuttavia tale strategia non risulta massimamente efficace dal momento che il mero apporto di nuove e più precise informazioni tralascia un elemento fondamentale cioè la dimostrazione che, la ragione per cui quell’informazione antivaccino è da ritenere sbagliata non risiede nel contenuto stesso ma nel ragionamento che l’ha prodotta (van der Linden, 2019).

Nell’ambito del dibattito pubblico sui vaccini, la World Health Organization’s Regional Office per l’Europa ha recentemente introdotto una seconda strategia che mira per l’appunto a smascherare le tecniche portate dai negazionisti scientifici per rafforzare le loro affermazioni convincendo così l’uditorio. Riprendendo l’esempio di cui sopra, alla sicurezza assoluta argomentata dal negazionista, il parere scientifico potrebbe rispondere rivelando l’infondatezza di una convinzione basata su un’aspettativa impossibile e irrealista, quella di vedere i frutti della medicina come sicuri al 100% (WHO, 2019).

Le due strategie adottate dalla comunità scientifica, la confutazione dell’argomento e quella della tecnica (di ragionamento) non si escludono a vicenda e possono essere usate in combinazione per rispondere più efficacemente e mitigare l’influenza della disinformazione scientifica in quanto, in accordo con i modelli sulla persuasione, di processamento a due vie (Petty & Cacioppo, 1986; Chaiken, 1980), l’informazione ha maggiore probabilità di essere persuasiva sia se vi è un’alta qualità dell’argomentazione portata sia se riesce a creare nell’uditorio un’alta motivazione al suo processamento.

Lo studio di Schmid & Betsch (2019) ha pertanto voluto indagare i diversi effetti persuasivi di un negazionista su un uditorio, all’interno di una discussione pubblica sul negazionismo scientifico, quando seguito da un sostenitore del consenso scientifico che utilizza sia la confutazione della tecnica che del contenuto, come strategie singole o in combinazione, e quando non viene fatto seguire da un sostenitore lasciando senza che vi sia un’adeguata risposta al messaggio errato.

Benché vi siano delle sottili differenze tra i sei esperimenti, il corpus centrale è rimasto il medesimo per tutti: tutti i partecipanti sono stati sottoposti ad un colloquio con un negazionista, una persona che non ritiene veritiere o affidabili evidenze portate avanti dalla comunità scientifica e non ne sostiene le metodologie di ricerca.

Successivamente i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale alle diverse condizioni previste dal disegno sperimentale, condizioni nelle quali il sostenitore della comunità scientifica poteva seguire o meno il negazionista nel dibattito, poteva controbattere alle sue argomentazioni utilizzando le due strategie sia singolarmente che in combinazione, e per ciascuna è stato misurato il grado di influenza avuto sull’uditorio in termini di cambiamenti o resistenza degli atteggiamenti e delle intenzioni sia prima che dopo l’esposizione al discorso negazionista.

Nel loro complesso, tutti gli esperimenti condotti hanno coerentemente mostrato come l’esposizione ad una disinformazione abbia avuto dei significativi e sostanziali effetti negativi sull’atteggiamento del pubblico nei confronti dei vaccini sia sull’intenzione alla vaccinazione, effetti ulteriormente amplificati nella condizione in cui il sostenitore della comunità scientifica era assente al dibattito (Schmid & Betsch, 2019).

A parere degli autori infatti, affinché si realizzi un impatto persuasivo per una modifica negli atteggiamenti e nelle intenzioni dell’uditorio mitigando così quello della disinformazione scientifica, è necessario che il sostenitore scientifico sia sufficientemente istruito nell’applicare, singolarmente o in combinazione, sia la strategia di confutazione della tecnica che del contenuto, in modo flessibile e appropriato al suo livello di expertise e alle circostanze.

Pare infatti che di solito la disinformazione scientifica, ad esempio sulle vaccinazioni, per influenzare l’uditorio e persuaderne le convinzioni, tragga le sue fondamenta a partire da cinque categorie (l’efficacia, il grado di fiducia nel suo funzionamento, la minaccia della malattia, il grado di sicurezza e la presenza di alternative) e strategie base (le teorie cospiratorie, la dichiarazione o il falso logico, la selettività delle argomentazioni, l’aspettativa impossibile) e pertanto sta all’esperienza e alla capacità dello scienziato rispondere ad essa o smascherando il suo ragionamento o fornire maggiori e più dettagliate informazioni, indipendentemente dal grado di suscettibilità e di motivazione al cambiamento o ideologia a priori del pubblico al quale egli si sta riferendo (Schmid & Betsch, 2019).

Gli autori hanno altresì sottolineato come, anche nei casi in cui vi era la presenza di un sostenitore della comunità scientifica a controbattere, la mera risposta di quest’ultimo non si sia rivelata sufficiente nel mitigare l’impatto negativo della disinformazione (Schmid & Betsch, 2019); da questo dato se ne deduce che in certi casi non basta svelare le incongruenze logiche o correggere le informazioni errate ma appare imprescindibile rendere il pubblico più consapevole e meno suscettibile ai messaggi negazionisti e alle loro sottili strategie di persuasione (van der Linden, 2019).

Un po’ come dire prevenire è meglio che curare, lo stesso per i vaccini.

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