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Razionali o irrazionali, questa è la questione

Nei processi decisionali alcune regole utili e funzionali in certi contesti divengono invece irrazionali se applicate in altre circostanze.

Di Enrica Gaetano

Pubblicato il 25 Giu. 2019

Robert Aumann ha recentemente proposto un’ipotesi innovativa sulla natura dei processi decisionali sostenendo che le persone sarebbero naturalmente portate ad adottare quelle regole, ereditate dall’evoluzione, che si sono rivelate efficaci nei contesti naturali di vita quotidiana per la sopravvivenza e pertanto “razionali”. In particolari contesti si generano tuttavia delle storpiature che renderebbero maladattivo l’outcome comportamentale a partire dalla selezione della regola “giusta”.

 

Tra le teorie economiche più classiche, sostenute e diffuse nel modo di pensare comune, che appartengono al mainstream culturale, vi è quella che asserisce che le persone solitamente agiscono al meglio delle loro capacità per promuovere i loro interessi prendendo la decisione “più razionale” che consenta loro di massimizzare e ottimizzare gli utili, minimizzando al contempo perdite e danni (Simon, 1947).

Molto si potrebbe aggiungere per cercare di comprendere esattamente quale sia il significato di decisione più razionale” dal momento che è ormai appurato come la natura dell’essere umano, oltre che di ragione e cognizione alta, sia costituita anche e soprattutto da emozioni “calde” che influiscono e a volte “corrompono” i processi decisionali portando a comportamenti definiti “irrazionali” o insensati a parere di osservatori esterni.

Processi decisionali: il comportamento umano è davvero razionale?

Nel corso del tempo, l’ipotesi razionale di Simon (1947), per la quale l’essere umano agirebbe in modo razionale e selezionerebbe processi decisionali e poi di condotta che lo incentiverebbero ad ottenere il massimo profitto, ha mostrato tutte le sue debolezze in particolare nello spiegare quali siano le regole o le direttive che vengono utilizzate generalmente dalle persone, regole che possano spiegare in toto il loro comportamento.

Gli esperimenti di Probability Matching e i paradigmi di Ultimatum Game hanno infatti evidenziato come i comportamenti e le scelte delle persone, quando inserite in un particolare contesto sperimentale e chiamate a prendere decisioni di tipo economico, devino sistematicamente dalla massimizzazione dell’utile nonostante riferiscano, tramite interviste, il comportamento più adeguato che avrebbero dovuto mettere in atto (Siegel & Goldstein, 1959).

Da tali evidenze, studi successivi tra cui quello di Güth, Schmittberger & Schwarze (1982), appartenenti al filone dell’Economia Comportamentale, hanno evidenziato come il comportamento umano nella realtà non sia affatto razionale in quanto frutto di processi decisionali spesso imprecisi e contesto-dipendenti, precisando inoltre come sia di maggiore interesse che i modelli economici di tipo matematico, tanto cari all’economia classica, descrivessero come le persone agiscono nella vita di tutti i giorni anziché come dovrebbero comportarsi secondo regole stabilite a priori per ottimizzare i loro utili.

Nonostante sia difficile conciliare i due approcci, una prospettiva recente e innovativa che tenta una sintesi tra queste due tesi, apparsa recentemente su Nature Human Behaviour, è stata proposta da Robert Aumann, affiliato al dipartimento di matematica e al Federmann Center for the study of Rationality dell’Hebrew University di Gerusalemme, Israele. Essa si basa sull’assunto che il comportamento umano sia guidato da regole di razionalità, come invocato dall’economia classica, e che queste risultano “razionali” quando adottate in contesti specifici e non propriamente con il fine di massimizzare i profitti (Aumann, 2019).

Secondo questo assunto, le persone adotterebbero in particolare quelle regole, ereditate dall’evoluzione, che si sono rivelate efficaci nei contesti naturali di vita quotidiana per la sopravvivenza; ne deriva che la loro adozione per l’implementazione di un comportamento sia naturalmente “razionale” e costituisca il processo più logico in quanto permette di agire in maniera adattiva nell’ambiente incrementando di conseguenza anche benefici. Nella sua Perspective, Aumann sostiene che le persone non scelgono di agire ma piuttosto adottino le regole più efficaci e che sulla base di queste tentano di comportarsi nel modo più razionale possibile a seconda del contesto naturale nel quale si trovano secondo i dettami dell’evoluzione. Queste regole prescriverebbero il comportamento ottimale nelle situazioni più comuni come per esempio “mangia quando hai appetito”.

L’adozione della regola “mangia quando hai appetito” risulta adatta e funzionale nei contesti di vita naturale in cui non è presente una contaminazione sperimentale o culturale, ma dà sistematicamente un numero inferiore di risultati in contesti forzati, eccezionali, inusuali, in cui non possono vigere le leggi dell’evoluzione, come nel caso dell’obesità in cui vi è una pervasiva tendenza a sovralimentarsi anche quando si è raggiunta la sazietà (Aumann, 2019).

Tale ipotesi di Aumann costituisce un ponte di congiunzione tra il mainstream economico e l’economia comportamentale in quanto da una parte accetta l’idea che esistano delle regole che le persone adottano per aumentare gli utili, dove per utili si intende assicurarsi la sopravvivenza nell’ambiente nel modo migliore possibile, dall’altra però è convinto che in particolari contesti si generino delle storpiature che renderebbero maladattivo l’outcome comportamentale a partire dalla selezione della regola “giusta”.

Già in precedenza i padri fondatori dell’economia comportamentale Tversky e Kahneman (1974) avevano dimostrato come i comportamenti vengano selezionati sulla base di regole, in particolare di euristiche, che si dimostrano utili e funzionali in certi contesti ma che possono generare bias e far commettere errori nel momento in cui la situazione non consente più l’applicazione di tali regole e pertanto la ragione per la quale la maggior parte dei comportamenti economici osservati nei contesti sperimentali si è rivelata “irrazionale” risiede nel fatto che la regola è stata selezionata in contesti stressati”.

Aumann: l’euristiche secondo il modello evoluzionistico

Tuttavia, mentre l’economia comportamentale enfatizza solo la caratteristica specifica delle situazioni decisionali in cui le persone producono euristiche e bias sistematici e sono pertanto più propense a commettere errori, Aumann, avendo in mente un modello evoluzionisitico, inserisce un aspetto innovativo cioè il fatto che le euristiche in realtà non sarebbero altro che le migliori strategie di risoluzione delle situazioni che le persone hanno a disposizione per adattarsi ai contesti di vita comuni (Aumann, 2019).

Un esempio di quanto appena affermato è rappresentato dall’Ultimatum Game, un gioco di negoziazione utilizzato soprattutto per favorire l’espressione dei processi decisionali tra due giocatori, un proposer (P) che è obbligato a dividere una certa somma di denaro e a decidere quanto offrire di questa divisione ad un altro, definito responder (R) (Güth, Schmittberger, & Schwarze, 1982).

P propone un’offerta a R che può decidere di accettare o declinare sulla base di quanto offerto.
In questo tipo di situazioni, che avvengono solitamente nel completo anonimato o tramite computer, ci si potrebbe aspettare che P decida di dividere ad esempio un ammontare di 100 euro in modo equo tra lui e l’altro giocatore, oppure, come spesso accade, può decidere di tenere 90 euro per sé e offrirne 10.
Nonostante l’offerta non sia cospicua, rappresenta comunque una somma di denaro che R potrebbe accettare per guadagnare qualcosa anziché rimanere a mani vuote.
Quindi, partendo da presupposti puramente razionali R non avrebbe alcun motivo per declinare l’offerta e P al contempo avrebbe massimizzato il suo utile; tuttavia, nella maggior parte dei casi, R tende a rifiutare qualsiasi offerta che sia minore di 20 euro dimostrandosi “irrazionale” in quanto il suo rifiuto è da considerarsi una chiara violazione di una scelta guidata presupposti razionali.

Una possibile spiegazione delle ragioni che hanno portato R a rifiutare una somma di denaro, sebbene esigua, potrebbe essere risiedere nel fatto di essersi sentito insultato o ferito nell’orgoglio o aver interpretato come una mancanza di rispetto l’offerta di P.
Tuttavia Aumann non ritiene che tali ragioni siano soddisfacenti per piegare il rifiuto di denaro da un punto di vista concettuale; in linea con l’idea che qualsiasi comportamento sia frutto di regole evolutive, quale potrebbe essere la ragione adattiva-evolutiva di rifiutare del denaro perché qualcuno ci ha ferito?

A parere dell’autore dello studio, in realtà il rifiuto rappresenterebbe l’esempio perfetto della messa in atto di una regola di per sé razionale che esula e non si riduce alla mera mancanza di rispetto. In un contesto naturale di negoziazioni vis-à-vis e non di laboratorio in cui vige il completo anonimato (come nel caso dell’Ultimatum Game), R dovrebbe rifiutare un’offerta irragionevolmente bassa e ingiusta seguendo il principio della reputazione e della “Giustizia”: infatti R, accettando l’offerta, si sarebbe mostrato come colui che, impegnandosi in una collaborazione o contratto con un’altra persona sua pari, è disposto ad accettare di meno senza alcuna giusta causa.

Pertanto, in linea con Aumann, l’asserzione per la quale le persone non si comporterebbero secondo regole razionali è incorretta: noi ci comportiamo in modo razionale come dimostrato dal rifiuto nell’ultimatum game, rifiuto che di fatto è espressione di una regola che potremmo definire “razionale” perché ci permette di auto conservarci e di mantenere agli occhi esterni una certa reputazione, rango e status, sebbene l’esito sia un comportamento “irrazionale”, cioè decido di rinunciare ad una somma di denaro.

In fondo anche il comportamento più “irrazionale” può essere considerato il più razionale all’interno del migliore dei mondi possibili come direbbe Leibnitz, o meglio, del contesto in cui ci si trova.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Aumann, R. (2019). A synthesis of behavioural and mainstream economics. Nature Human Behaviour, Perspective.
  • Güth, W., Schmittberger, R., Schwarze, B. (1982). An experimental analysis of ultimatum bargaining. Journal of economic behavior & organization, 3(4), 367-388.
  • Siegel, S., Goldstein, D.A. (1959). Decision-making behavior in a two-choice uncertain outcome situation. Journal of Experimental Psychology, 57(1), 37.
  • Simon, H. A., Barnard, C. I. (1947). Administrative behavior: A study of decision-making processes in administrative organization. Macmillan.
  • Tversky, A., Kahneman, D. (1974). Judgment under uncertainty: Heuristics and biases. science, 185(4157), 1124-1131.
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