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Psicologia della procrastinazione: dalle variabili personali ai fattori contestuali

La procrastinazione è un processo diffuso soprattutto in ambito lavorativo ed è imputabile a più fattori, personali e contestuali.

Di Vincenzo Amendolagine

Pubblicato il 03 Apr. 2019

Il costrutto di procrastinazione indica il rinviare i propri impegni, ovvero il temporeggiare non giustificato da condizioni oggettive. Il procrastinare è sintomatico di un limitato autocontrollo che conduce a non rispettare le scadenze nei tempi stabiliti.

 

La procrastinazione è un processo diffuso soprattutto in ambito lavorativo. Essa è imputabile a più fattori, personali e contestuali. Fra le variabili personali sono da citare il deficit di autoregolamentazione, la percezione cognitiva dell’attività lavorativa, la scarsa motivazione, l’incapacità di differire il soddisfacimento della componente edonica della vita quotidiana, la difficoltà di vivere serenamente la pressione del tempo, l’inadeguata abilità di risolvere i problemi, la limitata competenza nei processi di pianificazione e di decisione. Fra i fattori contestuali sono da annoverare la difficoltà del compito da assolvere e lo stress lavorativo.

Keywords: procrastinazione, fattori personali, fattori contestuali.

 

Il costrutto di procrastinazione indica il rinviare i propri impegni, ovvero il temporeggiare non giustificato da condizioni oggettive. Il procrastinare è sintomatico di un limitato autocontrollo che conduce a non rispettare le scadenze nei tempi stabiliti (Steel, 2007).

La tendenza dell’individuo a procrastinare sovente si evidenzia nei contesti lavorativi. Il procrastinare è estremamente diffuso: si calcola che un individuo su cinque presenti questo atteggiamento (Steel, 2007). Fra i maggiori procrastinatori sono da annoverare gli studenti universitari, che frequentemente rinviano la data in cui sostenere gli esami di profitto (Prem e al., 2018). In ambito lavorativo, il non rispetto dei compiti assegnati da parte dei lavoratori dipendenti è stato messo in relazione con l’assolvimento di attività personali durante l’orario di servizio, che, come più ricerche dimostrano, assorbe un intervallo di tempo che va dai 90 ai 180 minuti quotidiani (Paulsen, 2015). Secondo stime economiche statunitensi, la perdita derivante dal tempo di lavoro occupato con attività personali si aggirerebbe intorno agli 8875 dollari all’anno per ciascun lavoratore (D’Abate e Eddy, 2007).

Procrastinazione: tra fattori personali e contestuali

Un concetto importante in ambito lavorativo è la capacità di autoregolamentazione di ciascun lavoratore (Mackey e Perrewé, 2014). L’ autoregolamentazione, la cui mancanza determina la procrastinazione, dipende prevalentemente dalla percezione cognitiva che ciascun individuo ha del proprio lavoro, ovvero se si sente all’altezza dei compiti lavorativi o non li ritiene sintonici con le sue capacità, abilità e competenze (MacKey e Perrewé, 2014).

Frequentemente i soggetti procrastinatori presentano dei deficit motivazionali, che caratterizzano la loro vita anche al di fuori della sfera lavorativa (Prem e al., 2018). Solitamente i soggetti procrastinatori, dal punto di vista clinico, manifestano con più frequenza sintomi ansiosi, vissuti depressivi e hanno una scarsa tolleranza allo stress (Pychyl e Sirois, 2016).

Ultimamente, la procrastinazione è stata correlata alla difficoltà di differire il soddisfacimento della componente edonica del vissuto quotidiano. In altre parole, si trova più facilmente il procrastinare come atteggiamento di fondo negli individui che hanno come finalità del proprio vivere quotidiano la ricerca del piacere immediato e rinviano ad un tempo indefinito gli aspetti più impegnativi della loro esistenza, come l’attendere alle responsabilità (Pychyl e Sirois, 2016).

Inoltre, la tendenza a procrastinare è interrelata a tre fattori personali, ossia alla difficoltà di vivere serenamente la pressione del tempo, alla scarsa capacità di risolvere i problemi e alla mancanza delle abilità di pianificazione e di decisione. In pratica, si trova come strategia di vita il rinviare nella misura in cui l’individuo non sa gestire il proprio tempo, in virtù delle scadenze che lo attendono (Baer e Oldham, 2006); ha difficoltà a risolvere i problemi che via via si presentano (Morgeson e Humphrey, 2006); non riesce a pianificare i propri impegni e a gestire la gerarchia delle priorità, attraverso un processo decisionale (Kubiceck e al., 2015).

La tendenza al rinvio ha anche delle componenti contestuali. Infatti, il procrastinare può dipendere dalla natura del compito che ci si appresta a svolgere. In altri termini, si rinvia nella misura in cui il compito da assolvere si percepisce come difficoltoso (Klingsieck, 2013).

Stress lavorativo e tendenza a procrastinare

Esiste una correlazione spiccata fra il procrastinare e lo stress lavorativo. Nel contesto lavorativo lo stress può essere ascritto a due variabili, ovvero ai compiti lavorativi e all’organizzazione lavorativa. Lo stress derivante dalle mansioni svolte è imputabile al carico di lavoro assegnato, alle responsabilità connesse e alla complessità del lavoro stesso (LaPine e al., 2005). Lo stress derivante dall’organizzazione lavorativa dipende essenzialmente dall’ambiguità del ruolo svolto, dai conflitti di ruolo fra più lavoratori e dalla burocrazia che connota l’assolvimento del compito (LePine e al., 2005). Entrambi i tipi di stress si riflettono sul clima relazionale, per cui si evidenziano più facilmente conflittualità fra i lavoratori, che si ripercuotono negativamente sulle performance lavorative e incrementano la tendenza a procrastinare (Crawford e al., 2010).

In conclusione

La procrastinazione è un processo diffuso soprattutto in ambito lavorativo. Essa è imputabile a più fattori, personali e contestuali. Fra le variabili personali sono da citare il deficit di autoregolamentazione, la percezione cognitiva dell’attività lavorativa, la scarsa motivazione, l’incapacità di differire il soddisfacimento della componente edonica della vita quotidiana, la difficoltà di vivere serenamente la pressione del tempo, l’inadeguata abilità di risolvere i problemi, la limitata competenza nei processi di pianificazione e di decisione. Fra i fattori contestuali sono da annoverare la difficoltà del compito da assolvere e lo stress lavorativo.

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Vincenzo Amendolagine
Vincenzo Amendolagine

Medico, psicoterapeuta psicopedagogista. Insegna come Professore a contratto presso la Facoltà/Scuola di Medicina dell’Università di Bari Aldo Moro.

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