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DSA e adolescenza: le difficoltà scolastiche incidono sulla costruzione identitaria?

DSA (Disturbi Specifici dell'Apprendimento): come influiscono nella costruzione identitaria tipica della fase dell'adolescenza?

Di Guest

Pubblicato il 30 Apr. 2019

Cosa accade quando l’adolescente, messo di fronte alla possibilità di non sapere e di non poter controllare il proprio futuro, deve anche fare i conti con difficoltà scolastiche più o meno marcate che diventano parte di questa nuova identità ancora indefinita quanto necessaria?

Graziana Marra

 

La dislessia è parte della persona e il modo in cui la società contemporanea la considera ha una grande influenza su una persona dislessica. La diagnosi di dislessia può fornire una forma di identità, determinata dalla sua costruzione sociale. (Tassie, 2010; trad. it. In Tagliani, 2017)

Se è vero che la scuola rappresenta uno degli ambiti di vita più importanti per gli studenti, lo è forse a maggior ragione per gli adolescenti.

DSA..in adolescenza

La scuola secondaria di secondo grado costituisce un palcoscenico sul quale si richiede agli allievi di mettere in gioco non solo abilità e prestazioni, ma anche la propria personalità (Bertagna, 2007). Rispetto ai compiti evolutivi dell’adolescente, già chiamato ad attivarsi nella costruzione di una nuova immagine di sé mentale e corporeo, la scuola influisce sulla ridefinizione dell’identità di studente.

I contenuti disciplinari sono ora oggetto di operazioni mentali complesse (processi di astrazione, ragionamento deduttivo, problematizzazione, ecc…) diventando pertanto occasione di rielaborazione personale delle conoscenze. Lo studente è spinto a dire la sua, ad esporsi nel proporre il suo personale punto di vista, a porre quesiti e fare ipotesi, a confrontarsi con compagni e docenti. Le richieste della scuola spingono inevitabilmente lo studente a considerare obiettivi a lungo termine legati a scelte personali e professionali: la scuola superiore diventa luogo di aspettative per il futuro, costituisce un ponte che sollecita il passaggio dalla famiglia alla società. Cosa farò da grande? Per cosa sono portato? Cosa so fare? Andrò all’università? Che lavoro mi piacerebbe fare? Tra quali alternative posso scegliere? Posso davvero scegliere chi diventare?

Incognite che possono mettere in crisi, paradossalmente, quello stesso percorso di costruzione identitaria che la scuola cerca di sostenere, alimentare ed arricchire.

DSA: se la diagnosi arriva in adolescenza

Restringiamo ora questa riflessione su di un fenomeno in crescita negli ultimi anni, rappresentato dalla richiesta di valutazioni per una prima diagnosi di DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) durante la fase adolescenziale. Chiedendoci: cosa accade quando l’adolescente, messo di fronte alla possibilità di non sapere e di non poter controllare il proprio futuro, deve anche fare i conti con difficoltà scolastiche più o meno marcate che diventano parte di questa nuova identità ancora indefinita quanto necessaria?

Cosa accade quando

[…] la confusione che la mente dell’adolescente genera per realizzare la propria personale rivoluzione viene ulteriormente alimentata da un’obiettiva difficoltà a leggere e interpretare i fenomeni del mondo, e in particolare gli stimoli provenienti dall’ambiente scolastico? (Tagliani, 2017 – pag.117).

Diversi sono i clinici che negli ultimi tempi si occupano di comprendere i molteplici aspetti legati alla richiesta di un percorso valutativo per una possibile diagnosi di DSA alla scuola superiore. È importante chiedersi quale significato tale richiesta possa avere come parte del processo identitario dell’adolescente, tenendo conto che spesso certe difficoltà scolastiche (molto probabilmente pregresse o, in certi casi, negate) vengano in qualche modo compensate negli anni della scuola primaria e secondaria di primo grado ma che oggi, di fronte a maggiori richieste didattiche ed evolutive vadano completamente disvelandosi.

DSA: i numeri sulle diagnosi in Italia

Secondo i dati diffusi nell’aprile del 2018 dall’Ufficio Statistica e Studi del MIUR, nell’anno scolastico 2016/2017 le diagnosi di DSA nella scuola secondaria di II grado hanno raggiunto il 4% sul totale della popolazione studentesca frequentante. In due anni, ovvero fra A.S. 2014/15 e A.S. 2016/17, la percentuale di studenti con certificazione DSA nella scuola secondaria di II grado è cresciuta del 1.5%. “Effetto di accumulo” dovuto a una più lunga permanenza nella scuola superiore? Effetto della progressiva riduzione del fenomeno dell’abbandono scolastico rispetto al passato, senza dimenticare l’accresciuta capacità del personale docente di individuare correttamente i casi sospetti e avviarli all’iter di certificazione? (AID Italia).

Quali che siano i fattori che incidono più o meno sul fenomeno, è comunque significativo che il percorso psicodiagnostico per sospetto DSA alle superiori non soltanto è generalmente accettato di buon grado dai ragazzi, ma addirittura spesso sono loro stessi a richiederlo ai propri genitori. Non sempre l’iter valutativo conduce ad una diagnosi: molto spesso infatti ciò che viene rilevato ha a che fare con difficoltà aspecifiche, non inquadrabili all’interno di un disturbo. In ogni caso, la possibilità di dare un nome o di assegnare un’etichetta alle proprie fatiche potrebbe dare risposta a dubbi e domande sulle proprie capacità e sul proprio senso di autoefficacia.

L’adolescente vuole vederci chiaro e sapere chi veramente è (Pietropolli Charmet, 2010), provando a farsi largo nel caos delle sue contraddizioni. Confronta sé stesso, i propri limiti e le proprie risorse con i coetanei e con l’immagine di sé che essi gli rimandano. La diagnosi d’altra parte spiegherebbe i motivi delle proprie difficoltà e aiuterebbe a percepirsi al pari degli altri coetanei. Cosa vuol dire in questo caso essere dislessico? Essere diverso o svantaggiato? Oppure, paradossalmente, legittima questa diversità proteggendo la propria autostima? Il DSA colloca al di fuori di sé problemi e difficoltà, non chiama (apparentemente) in causa fatiche emotive e relazionali. Mette d’accordo tutti: lo studente, la famiglia, la scuola. I genitori sono spesso sollevati alla notizia che il/la figlio/a presenti un disturbo o una difficoltà dell’apprendimento, poiché rende meno difficile il confronto con le attuali problematiche che chiamano in causa le ansie e le preoccupazioni relative alla realizzazione e al successo dei figli. I professori dal canto loro possono sentirsi confortati dalla possibilità di ricorrere a modalità didattiche e valutative in grado di raggiungere anche quegli studenti più “difficili” e superare il senso di frustrazione derivante dalla preoccupazione di non saperli aiutare.

Sembra proprio che l’adolescenza dei figli costringa in una certa misura anche i genitori a fare i conti con il riconoscimento dei propri limiti, con l’elaborazione del fallimento generato da conflitti e tensioni e con l’accettazione della perdita di quel

bambino che [il proprio figlio] non potrà più essere (Tagliani, 2017).

I docenti a loro volta sono chiamati a confrontarsi quotidianamente con ragazzi e ragazze alla ricerca di un modello di riferimento che al contempo non li metta in discussione nella loro spinta verso il diventare grandi. Del resto, i cosiddetti strumenti compensativi e le misure dispensative, se non vengono usati difensivamente come scorciatoie, possono diventare occasione per trovare modi sempre nuovi di conoscere il mondo e sé stessi.

Genitori e docenti affrontano la sfida di provare a porsi come adulti autorevoli non giudicanti, svolgendo una duplice funzione: di presenza e di confronto. Nel tentativo di supportare il delicato e complesso passaggio di crescita che l’adolescente, a prescindere dalla presenza di difficoltà o disturbi, è comunque chiamato a percorrere. Non è la diagnosi a definire l’identità dell’adolescente: esperienze e relazioni significative possono fare la differenza.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bertagna, G. (2007). La scuola come occasione di (dis)adattamento, in Marocco Muttini C., Preadolescenza, la vera crisi. Centro Scientifico Editore: Torino.
  • Pietropolli Charmet, G. et al. (2010). Psicoterapia evolutiva dell’adolescente. Franco Angeli: Milano.
  • Tagliani, P. (a cura di) (2017). Difficoltà di apprendimento come sintomo. Legami, trauma e identità. Mimesis Edizioni: Milano.
  • Tassie, N. (2010). An Exploration of Meanings Attributed to a Dyslexic Diagnosis. Critical Social Thinking: Policy and Practice, 2, 109-124.
  • MIUR, Ufficio Statistica e Studi (2018). Gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) nell’A.S. 2016/2017.
  • AID ITALIA (2018). Studenti con DSA in Italia: i dati MIUR per l’AS 2016/2017. Analisi e confronto delle statistiche degli ultimi 3 anni scolastici. 
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