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“Scusi ma non riconosco la sua voce”: alla scoperta della fonoagnosia

La fonoagnosia rende difficile riconoscere le voci delle persone. Gli studiosi hanno individuato le aree del cervello coinvolte nel disturbo.

Di Guest

Pubblicato il 26 Mar. 2019

Aggiornato il 03 Apr. 2019 13:51

La fonoagnosia viene definita come un deficit nel riconoscere voci di persone familiari e/o di discriminare differenti voci (e.g. indicare se due parole sono pronunciate dalla stessa persona). Alla stregua della prosopagnosia, la fonoagnosia, essendo specifica per le voci, non è associata a deficit nel riconoscimento di altri suoni (e.g. musicali, ambientali).

Virginia Aglieri

 

Fonoagnosia: il disturbo di chi non riconosce le voci

Chiunque abbia seguito un corso di psicologia avrà probabilmente sentito parlare della prosopagnosia (dal greco pròsopon = faccia e agnosìa = ignoranza), in inglese conosciuta anche come “face blindness” (cecità per i volti). Le persone affette da questo disturbo hanno infatti difficoltà nel riconoscere i volti di persone conosciute (celebrità, amici, parenti) ma anche nel discriminare differenti volti (per esempio, individuare due volti che appartengono allo stesso individuo tra differenti volti presentati).

Il primo caso di prosopagnosia congenita, ovvero presente dalla nascita e non associato a lesioni di strutture cerebrali rilevanti, fu descritto nel 1976 da McConachie. Da allora le neuroscienze si sono interessate molto a questo disturbo e ad oggi i suoi correlati neurali sono stati individuati attraverso numerosi studi di neuroimmagine, che si sono focalizzati sul funzionamento di alcune aree visive, come l’area fusiforme facciale nel lobo occipitale, ma anche sui fasci di materia bianca che connettono aree visive ad aree nel lobo temporale implicate in processi mnemonici. E’ interessante notare come questo disturbo non abbia attirato solamente l’attenzione di psicologi e neuroscienziati, ma anche quella dei media: per fare un esempio, sul web si possono trovare numerose notizie riguardo alla presunta prosopagnosia di Brad Pitt. Inoltre, il libro di Oliver Sacks dal titolo L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello ha contribuito a far conoscere questo deficit al di fuori della comunità scientifica.

Tale notorietà non colpisce un disturbo “cugino” della prosopagnosia, la fonoagnosia, tant’è che una breve ricerca su internet svelerà che non esiste ancora una pagina di Wikipedia che definisce il termine in italiano. Come suggerito dal termine, questo tipo di agnosia riguarda l’ambito uditivo (phōnḗ = voce in greco). Nello specifico, la fonoagnosia viene definita come un deficit nel riconoscere voci di persone familiari e/o di discriminare differenti voci (e.g. indicare se due parole sono pronunciate dalla stessa persona). Alla stregua della prosopagnosia, la fonoagnosia, essendo specifica per le voci, non è associata a deficit nel riconoscimento di altri suoni (e.g. musicali, ambientali).

La Dott.ssa Diana Van Lancker (anche conosciuta come Diana Sidtis, dopo aver assunto il cognome del marito) fu la prima ad aver introdotto il termine “fonoagnosia” in uno studio del 1982 pubblicato sulla rivista Brain and Cognition in cui ha osservato che pazienti con lesioni localizzate nell’emisfero destro avevano difficoltà a identificare le voci di personaggi famosi, ma anche volti – un risultato che ha dimostrato come il riconoscimento di voci e volti possa essere collegato a meccanismi cerebrali simili. Studi successivi su pazienti sembrano confermare che lesioni situate nell’emisfero destro, in particolare nelle aree parietali e temporali, sono più spesso associate a deficit nella percezione delle voci, e quindi a una fonoagnosia che si definisce “acquisita”.

Fonoagnosia: gli studi raccolti

La prima osservazione della fonoagnosia congenita risale però al 2009, motivo per il quale questo disturbo rimane molto meno conosciuto e studiato rispetto alla prosopagnosia. Attorno al 2009 una donna di 60 anni (KH) senza alcun problema di natura neurologica si è rivolta ai ricercatori dell’University College of London spontaneamente, accusando difficoltà nel riconoscere le voci dei suoi cari e di attori famosi. A suo dire, l’unica voce che riusciva a riconoscere era quella di Sean Connery, probabilmente a causa del forte accento scozzese. Lucìa Garrido e colleghi, che hanno firmato un articolo del giornale Neuropsychologia hanno quindi sviluppato una batteria di test per mettere alla prova le sue capacità di riconoscere differenti tipi di suoni (musica, voci, versi di animali), stimoli visivi (e.g. volti, nomi), oltre che le abilità linguistiche di KH, per escludere un deficit percettivo generale o linguistico. Attraverso questo esperimento, gli autori hanno potuto concludere che il deficit di KH era specifico per le voci, dimostrando così che nella popolazione generale vi possono essere individui affetti da fonoagnosia.

Un successivo studio pubblicato nella rivista Current Biology da Roswandowitz e colleghi ha quindi approfondito l’aspetto della prevalenza della fonoagnaosia nella popolazione generale, servendosi delle nuove tecnologie. I ricercatori hanno infatti sviluppato un test online di riconoscimento di voci, così da raccogliere un gran numero di dati; attraverso un’ulteriore sessione in laboratorio nella quale i soggetti venivano sottoposti a diversi tipi di test, per escludere deficit di differente natura, due persone sono state considerate affette da fonoagnosia. Secondo questo studio, la prevalenza di questo disturbo, almeno nella popolazione tedesca, sembra quindi essere dello 0.2 %.

Un risultato simile è stato raggiunto da un altro studio di Aglieri e colleghi, pubblicato sulla rivista Behavioral Research Methods, i quali hanno ideato un test online di cinque minuti che richiede di imparare 8 voci e successivamente di riconoscerle fra altre mai ascoltate; la stessa procedura veniva ripetuta per dei suoni di campanelle, in modo che si potesse ottenere un punteggio differenziale che stimi le due diverse abilità. Attraverso questo breve test sono riusciti a raccogliere i risultati di circa 1000 individui e ad arrivare a una stima della fonoagnosia congenita di 0.3 % nella popolazione generale. Più recentemente Shilowich e colleghi hanno stimato un’incidenza più alta della fonoagnosia (3.2%) raccogliendo numerosi dati nella popolazione generale statunitense utilizzando questa volta un test di riconoscimento di voci di personaggi famosi (i precedenti test citati richiedevano invece di imparare delle voci non familiari durante l’esperimento).

Fonoagnosia: tipologie e conseguenze per chi ne soffre

Dai risultati di questi pochi ma importanti studi si può trarre una conclusione generale, ovvero che molti individui potrebbero essere inconsapevoli di avere un deficit di riconoscimento delle voci siccome le situazioni che richiedono di riconoscere una persona a partire dalla sua voce sono al giorno d’oggi piuttosto limitate (si pensi per esempio che ormai usiamo prevalentemente telefoni che ci mostrano il nome del nostro interlocutore). Inoltre, non vi è ancora un accordo su quale sia il tipo di test più adatto (riconoscimento di voci familiari o non familiari) per trovare soggetti fonoagnosici. E’ possibile inoltre che vi siano due tipi di fonoagnosia, una specifica per il riconoscimento di voci familiari (associativa) e l’altra per la discriminazione di voci non familiari (appercettiva).

Sebbene la fonoagnosia sia un deficit molto meno invalidante della prosopagnosia e quindi non sia particolarmente interessante dal punto di vista clinico, il suo studio risulta importante da un punto di vista neurocognitivo. Una maggior comprensione della fonoagnosia potrebbe infatti aiutare a caratterizzare i meccanismi coinvolti nel riconoscimento della persona: per esempio, la fonoagnosia potrebbe essere causata da un malfunzionamento di aree uditive specifiche per la percezione della voce, oppure di aree multimodali che processano l’identità della persona, indifferentemente dalla modalità percettiva. Come è stato precedentemente osservato per la prosopagnosia da Avidan e colleghi, la fonoagnosia potrebbe essere meglio compresa studiando la connettività strutturale e funzionale fra aree percettive e aree “superiori”, implicate in processi mnemonici per il recupero di informazioni relative alla persona.

Ad oggi, il maggior scoglio per lo studio della fonoagnosia rimane però la difficoltà di trovare soggetti affetti da questo deficit nella popolazione generale; per questo, sembra particolarmente importante farla conoscere al grande pubblico, cosicché da un lato i professionisti della salute (medici, psicologici, logopedisti) potrebbero eventualmente segnalare il deficit ad alcuni ricercatori; dall’altro, i potenziali fonoagnosici potrebbero trovare una spiegazione alla loro impressione di non riconoscere e distinguere le voci, che può causare problemi dal punto di vista sociale e lavorativo.

 

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