L’uso della realtà virtuale può essere un utile strumento per adattare la terapia alle caratteristiche di particolari tipologie di pazienti, come nel trattamento delle fobie specifiche in pazienti con autismo.
Adriano Mauro Ellena
Un recente studio pilota condotto su soggetti adulti affetti da autismo ha mostrato interessanti risultati rispetto al trattamento delle loro paure ed un significativo miglioramento della loro qualità di vita reale attraverso l’utilizzo della realtà virtuale (VR). In questo studio, l’utilizzo della realtà virtuale è stato associato ad una psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT).
Paure e fobie sono comuni nelle persone con disturbo dello spettro autistico e possono avere un impatto significativo sulla loro capacità di svolgere semplici attività quotidiane. Secondo i dati disponibili in letteratura, circa la metà dei bambini con disturbo dello spettro autistico soddisfano i criteri per almeno un disturbo d’ansia; tra i diversi tipi di disturbi d’ansia, la fobia specifica è la più comune, con stime di prevalenza che vanno dal 31 al 64%.
L’esposizione graduale a stimoli che causano ansia è un approccio ampiamente riconosciuto nel trattamento di questi disturbi nella popolazione generale, ma più volte ci si è chiesti se nell’applicazione di questo metodo con soggetti autistici potrebbero emergere particolari difficoltà, dal momento che l’esposizione in vivo (nella vita reale) potrebbe avere un impatto molto forte, e forse sconvolgente, sulle persone con autismo perché possa rivelarsi un trattamento efficace.
Lo studio
Per rispondere a questo interrogativo e trovare una risposta efficace al trattamento delle paure e delle fobie nei soggetti con autismo, alcuni ricercatori hanno sviluppato un primo studio volto a valutare l’efficacia di un intervento di targeting dell’ansia in cui si combinava terapia cognitivo-comportamentale ed esposizione attraverso la realtà virtuale. Siccome questo intervento ha riportato risultati positivi con giovani pazienti con un disturbo dello spettro autistico, i ricercatori hanno poi condotto un nuovo studio utilizzando lo stesso intervento con soggetti adulti affetti da autismo.
Lo studio ha coinvolto 8 soggetti adulti con autismo (con un’età compresa tra i 18 e 57 anni), i quali hanno partecipato ad una sessione di psico-educazione e poi a quattro sessioni, di 20 minuti ciascuna, di esposizione graduale con un terapeuta in una sala per l’immersione nella realtà virtuale. Il primo dato che è interessante notare è che tutti i partecipanti hanno completato tutte le sessioni di esposizione, ciò dimostra che questo tipo di intervento è sia pratico che accettabile, affermano i ricercatori.
Successivamente, il mantenimento dei risultati ottenuti con il trattamento è stato monitorato a distanza di sei settimane e di sei mesi dopo l’intervento. Sulla base di questi dati, 5 degli 8 partecipanti sono stati dunque classificati come “rispondenti all’intervento” e, a 6 mesi dalla conclusione del trattamento, hanno sperimentato miglioramenti funzionali della vita reale.
Questi risultati preliminari, pubblicati sulla rivista Autism in Adulthood, suggeriscono che l’esposizione effettuata attraverso la realtà virtuale insieme ad un trattamento CBT può costituire una modalità efficace nell’aiutare pazienti adulti autistici affetti da fobie specifiche.
Le fobie comunemente si co-verificano con l’ autismo e spesso causano un disagio significativo – ha detto Christina Nicolaidis, professore associato di medicina e salute pubblica presso la Portland State University in Oregon – Nonostante i risultati siano molto preliminari, è emozionante vedere strategie innovative per un problema che è stato così difficile da trattare.