La resilienza è un costrutto altamente studiato in Psicologia. Tuttavia, nonostante le numerose ricerche e articoli scritti a riguardo, raramente i ricercatori hanno rivolto le loro indagini verso lo studio delle differenze esistenti tra i diversi tipi di eventi traumatici e sul modo in cui ciò possa influenzare il grado di resilienza di ciascun individuo.
Adriano Mauro Ellena
Secondo un recente studio condotto dai ricercatori della Yale School of Medicine e dal VA Connecticut Healthcare System, il tipo di trauma subito sembra invece essere un importante fattore predittivo di come il soggetto reagirà a lungo termine e quindi del suo grado di resilienza all’evento traumatico. Inoltre, è stato scoperto che le reazioni ai vari tipi di trauma differiscono notevolmente a seconda del genere della persona.
Il campione oggetto di studio è stato creato coinvolgendo un sotto-gruppo di veterani che avevano preso parte ai recenti conflitti militari in Iraq e Afghanistan, selezionati all’interno di un più esteso campione utilizzato in uno studio longitudinale precedente. La ricerca è stata poi sviluppata in tre fasi nel corso delle quali sono state esaminate le differenze di genere nella rielaborazione del trauma.
Nello specifico, sono stati valutati i dati esaminando il periodo di esposizione al trauma, le reazioni successive e la capacità di resilienza.
Quando abbiamo analizzato per la prima volta i dati senza tenere conto del tipo di trauma vissuto, sembrava che gli uomini veterani fossero in generale più resilienti rispetto alle donne, a seguito del congedo militare. – Ha detto Galina Portnoy, ricercatrice associata presso Yale, psicologa presso il VA Connecticut Healthcare System e autrice principale dello studio. – Ma lavoro con donne veterane ogni giorno, e ho avuto il sospetto che questa non fosse l’intera storia.
Cosa si è scoperto da un’ulteriore analisi?
Attraverso ulteriori analisi, è stato possibile differenziare gli eventi potenzialmente traumatici in eventi interpersonali (cioè abusi sessuali, stupri e violenza domestica) ed eventi non interpersonali (cioè incidenti, traumi da combattimento, violenza non domestica). Una volta che i ricercatori hanno introdotto nelle analisi statistiche il tipo di trauma subito, improvvisamente gli uomini non risultavano più avere una maggiore capacità di resilienza rispetto alle donne.
Ciò che abbiamo riscontrato è che il trauma interpersonale ha conseguenze significative maggiori per coloro che lo sperimentano e dato che coloro che erano vittime di questa tipologia di trauma erano in numero sproporzionatamente maggiore donne nel nostro campione, questo inizialmente stava distorcendo i dati. – ha detto Portnoy e continua – Inoltre, il sostegno sociale durante i periodi di stress nella vita di una persona, come il congedo militare, fa una grande differenza nella capacità di affrontare le cose, di sopravvivere e di prosperare.
In relazione a questo, è stato scoperto che, rispetto agli uomini, le donne avevano riferito di sperimentare meno supporto sociale.
Alcune riflessioni finali
Portnoy e gli altri autori hanno dunque concluso che:
Il modo in cui il nostro campo attualmente studia la resilienza richiede approfondite riflessioni.
Uomini e individui con maggior disponibilità di risorse (cioè status socioeconomico, istruzione, reddito e impiego) – o “privilegi sociali” – spesso ottengono punteggi più alti alle misure di resilienza ma, secondo i ricercatori, questi privilegi potrebbero essere responsabili dei punteggi elevati in maniera molto più influente rispetto a qualsiasi capacità innata presente nei soggetti.
Pertanto, suggeriscono, quando si parla di trauma e resilienza, di prendere le distanze dal semplice
considerare ed identificare le caratteristiche all’interno dell’individuo (ad esempio, la capacità di una persona di far fronte ai trigger) – e guardare anche verso i – fattori all’interno del contesto socio-ecologico di una persona che servono a promuovere o inibire processi di resilienza, come il supporto sociale o il tipo di trauma al quale si è stati esposti