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Resilienza e stili di coping di fronte alle calamità naturali: i fattori culturali che li influenzano

Uno studio recente, condotto tra adolescenti vittime di disastri naturali, afferma che il fattore culturale pesa su come si affrontano queste tragedie.

Di Martina Bandera

Pubblicato il 10 Dic. 2018

La capacità di affrontare le conseguenze di una calamità naturale nei giovani sarebbe influenzata da differenze demografiche e culturali. Lo afferma uno studio pubblicato su School Mental Health

 

Sembrerebbe che le strategie di coping messe in atto durante un disastro naturale siano fortemente determinate dallo status demografico e dalla cultura di appartenenza.

Resilienza e stili di coping: cosa sono e come li usiamo

Gli stili di coping sono l’insieme delle strategie psicologiche, mentali e comportamentali, che gli individui mettono in atto per affrontare una certa situazione e in generale gli eventi della vita quotidiana.

Tara Powell, docente all’Università dell’Illinois ha affermato:

Sappiamo che il modo in cui i soggetti affrontano un disastro, di qualsiasi natura, influenza la probabilità futura che essi sviluppino psicopatologie connesse come il disturbo da stress post-traumatico, sintomi depressivi o ansiosi. Quello che ancora dobbiamo chiarire è quale sia lo strumento migliore che i ricercatori e i medici possono utilizzare per valutare le strategie di coping nella popolazione di giovani.

Resilienza e stili di coping: lo studio su adolescenti colpiti dall’uragano Katrina

Lo studio condotto ha indagato le strategie di coping messe in atto da delle ragazze della classe media nella Parrocchia di St. Tammany, una zona di New Orleans, danneggiata dall’uragano Katrina passato nel 2005. Sei mesi dopo il disastro alle ragazze è stato chiesto di compilare una versione adattata del questionario Kidcope, strumento utilizzato dai clinici per esaminare le strategie di coping quali la distrazione, il ritiro sociale e il supporto sociale.

Ciò che ne è emerso è che le strategie di coping utilizzate dalla ragazze esaminate potevano essere ricondotte a quattro fattori generali, che comprendevano comportamenti di coping positivi e comportamenti esternalizzanti quali la colpa, la rabbia e il ritiro sociale.

Confrontando le strategie di coping di questo campione con quelle usate da ragazzi afroamericani, coetanei ma con uno status socio-economico inferiore, sopravvissuti anch’essi all’uragano Katrina, i ricercatori hanno trovato poche somiglianze. Al contrario, le strategie messe in atto dalle ragazze sono risultate simili a quelle dei giovani della classe media colpiti dall’uragano Andrew, che si abbatté sulla Florida nel 1992.

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Resilienza e stili di coping: sarebbero più efficaci negli adolescenti a basso reddito

Kate Wegman, autrice dello studio ha affermato

Abbiamo scoperto che la cultura influenza molto le reazioni degli adolescenti in seguito ad una calamità. Alcuni dei valori associati alla resilienza, come l’attenzione per la comunità e alla rete di supporto, sono meno importanti nei soggetti della classe media rispetto a quelli con basso reddito. I valori culturali delle classe media sembrano essere più legati all’individualismo e alla responsabilità personale.

I ricercatori hanno scoperto inoltre che le strategie comportamentali utilizzate dal campione preso in esame avevano relazioni complesse tra loro: la strategia di dimenticare l’accaduto, che era associata principalmente al ritiro sociale, era anche connessa alla colpa e alla rabbia.

Comprendere il come e il perché le vittime di un disastro naturale utilizzano diversi metodi di coping e come questi possono essere influenzati da diversi fattori, appare fondamentale al fine di progettare interventi e attivare servizi utili in queste situazioni.

Un grande limite è rappresentato dal fatto che il Kidcope, lo strumento utilizzato, è stato ideato per la valutazione dei soggetti gravemente malati costretti a lunghi ricoveri in ospedale, situazione che differisce rispetto a quella considerata nella ricerca. Gli autori affermano che lo sviluppo di strumenti efficaci e convalidati, ideati per affrontare tali situazioni d’emergenza, appare una priorità nell’ambito della ricerca al fine di aiutare al meglio i sopravvissuti ai disastri naturali.

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