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I sottotipi riguardanti il disturbo dell’insonnia

Esisterebbero diversi tipi di insonnia che differiscono non per la qualità del sonno ma per aspetti legati a personalità e alle reazione a eventi stressanti

Di Gaia Butti

Pubblicato il 30 Gen. 2019

Aggiornato il 18 Apr. 2019 13:36

Secondo i ricercatori del Netherlands Institute for Neuroscience l’ insonnia può essere di 5 tipi diversi. Lo studio è stato pubblicato il 7 gennaio 2019 su The Lancet Psychiatry.

 

Il disturbo dell’ insonnia è considerato il secondo disturbo mentale più diffuso al mondo e il primo rischio di depressione. Quando si parla di insonnia è chiaro a tutti di cosa si sta parlando, tuttavia i dati provenienti dalla clinica e l’esistenza di biomarker non congruenti tra pazienti che soffrono di questo tipo di disturbo fanno presupporre che esiste un’importante eterogeneità nel disturbo dell’ insonnia e che spesso le diverse tipologie non vengono riconosciute.

In passato sono già state proposte nosologie che raccoglievano le diverse tipologie di insonnia ma nessuna di queste ha mai mostrato una buona validità scientifica. Recentemente, alcuni studiosi hanno provato ad ottenere dati più solidi che sostenessero l’ipotesi dell’esistenza di diverse tipologie di insonnia attraverso studi su larga scala in cui la raccolta di dati comprendeva sia tratti multidimensionali che biologici.

Lo studio del Netherlands Institute for Neuroscience

La Dott.ssa Tessa Blanken e un gruppo di colleghi del Netherlands Institute for Neuroscience è riuscita in particolare a dare una spiegazione del perché sia stato così difficile in questi anni identificare i meccanismi cerebrali sottostanti all’ insonnia ed afferma:

Anche se abbiamo sempre considerato l’ insonnia come un disturbo, essa rappresenta in realtà cinque diversi disturbi. I meccanismi cerebrali sottostanti possono essere molto diversi. In maniera simile, i progressi riguardanti lo studio della demenza sono stati fatti una volta che ci siamo resi conto che ne esistono di diversi tipi, come l’Alzheimer, oppure la demenza vascolare o la demenza frontotemporale.

I soggetti che hanno partecipato allo studio sono stati reclutati attraverso il Netherlands Sleep Registry, un database di volontari aventi un’età minima di 18 anni. Ciascuno di essi è stato poi seguito online per esaminare i tratti di personalità, la qualità del sonno, gli eventi di vita e il proprio stato di salute attraverso la somministrazione di diversi questionari selezionati.

I risultati ottenuti hanno permesso di ottenere dati aventi un’ampia validità clinica rispetto all’esistenza di diverse tipologie di insonnia e agli effetti sullo sviluppo di disturbi del sonno, di possibili disturbi in comorbilità (inclusa la depressione) e sulla risposta dei pazienti alla terapia con benzodiazepine. Nel caso di due specifici sottotipi di disturbo dell’ insonnia, si è anche valutata la rilevanza clinica di queste tipologie di insonnia mediante l’uso di un biomarker dell’elettroencefalogramma e l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale nel trattamento.

L’ insonnia oltre i disturbi del sonno

Sorprendentemente, i cinque tipi di insonnia non differivano affatto rispetto alla qualità del sonno valutata nei soggetti sperimentali, come ad esempio la difficoltà ad addormentarsi o di risvegliarsi al mattino. Studi precedenti avevano cercato di definire le diverse tipologie di insonnia concentrandosi proprio su queste differenze nella qualità del sonno e per questo motivo, secondo gli autori, non hanno avuto successo nella definizione delle differenti tipologie di insonnia.

Blanken e colleghi hanno invece classificato l’ insonnia andando oltre i disturbi del sonno e hanno valutato dozzine di questionari sui tratti di personalità, che sono noti essere radicati nella struttura e nella funzione della mente delle persone. Sulla base di queste differenze hanno dunque identificato i seguenti sottotipi di insonnia:

  • il tipo 1 ha punteggi elevati su molti tratti angosciosi, come il nevroticismo e il sentirsi giù o tesi;
  • i tipi 2 e 3 sperimentano meno angoscia e si distinguono per la loro alta e bassa sensibilità alla ricompensa;
  • i tipi 4 e 5 sperimentano ancora meno sofferenza e differiscono per il modo in cui il loro sonno risponde a eventi di vita stressanti: nel tipo 4, eventi di vita stressanti inducono insonnia grave e di lunga durata, mentre nel tipo 5 la qualità del sonno non sembra essere particolarmente influenzato da questi eventi.

Ricontattati dopo 5 anni e sottoposti nuovamente ai test già utilizzati nella prima fase dello studio, i soggetti sono risultati aver mantenuto lo stesso sottotipo di insonnia rilevato in precedenza, il che suggerisce l’esistenza di un ancoraggio nel cervello di questa tipologia di disturbo. In effetti, i soggetti con un diverso sottotipo di insonnia differivano anche nella loro risposta all’EEG agli stimoli ambientali.

Prospettive future

Le nuove metodologie e tecniche sviluppate per lo studio delle attività cerebrali, lascia sperare di poter raggiungere una maggiore comprensione dei meccanismi cerebrali sottostanti le diverse tipologie di insonnia individuate da Blanken e colleghi.

Classificare le diverse tipologie di insonnia è inoltre clinicamente rilevante dal momento che l’efficacia del trattamento con sonniferi o terapia cognitivo comportamentale, sempre sulla base dello studio sopra citato, sembra differire a seconda dello specifico sottotipo di insonnia di cui soffre il paziente.

Anche il rischio di sviluppare depressione variava drammaticamente a seconda del sottotipo di insonnia. Raggiungere quindi una buona classificazione delle diverse tipologie di insonnia consentirebbe un approccio più efficace alla prevenzione della depressione, allertando in particolare i soggetti con un rischio maggiore di svilupparla. Blanken e colleghi hanno avviato a questo scopo uno nuovo studio sulla prevenzione della depressione nelle persone con insonnia.

La speranza è che studi come questo facciano nascere l’interesse per un tema come l’ insonnia, promuovendo la spinta verso nuove scoperte oltre che sui meccanismi alla base di tale patologia anche sulle modalità di intervento più efficaci nel trattamento.

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