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Quando la dipendenza diventa il senso. Le dipendenze lette alla luce dell’analisi esistenziale frankliana

Le dipendenze per l’analisi esistenziale derivano dall'incapacità di prendere decisioni coerenti e da una scarsa progettualità nell'affrontare la sofferenza

Di Giada Alberti

Pubblicato il 10 Gen. 2019

Secondo la prospettiva dell’ analisi esistenziale frankliana, le dipendenze sembrerebbero avere il compito di colmare il vuoto esistenziale che pare pervadere la nostra epoca.

 

Le dipendenze risultano essere una delle più emergenti sfide in ambito clinico, coinvolgono infatti un numero sempre più elevato di individui e gran parte delle persone nella società attuale soffre di una qualche forma di dipendenza patologica. Gli studi e le ricerche più recenti hanno arricchito la letteratura e progressivamente aumentato l’interesse per l’argomento mostrando l’evoluzione nell’epoca moderna delle dipendenze, dove non solo il comportamento additivo è quello proprio delle tossicomanie ma l’individuo diventa schiavo del cibo, dello shopping, di Internet, del gioco d’azzardo, del sesso e molte altre condotte patologiche rivolte a un oggetto o un’azione.

Le dipendenze, seppure disadattive e fonte di dolore, sono oggi più che mai il rifugio e allo stesso tempo la via di fuga da una sofferenza e da un vuoto, sia individuale che sociale, ai quali non si riesce a rispondere in altro modo. Il proliferare di condotte dipendenti, che diventano espressione del “disagio della civiltà” (Caretti – La Barbera, 2010), sembra derivare anche da una struttura sociale ed economica disumanizzante che conduce a rapporti umani competitivi, invece che basati sulla reciprocità e l’interdipendenza.

Essendo il tema delle dipendenze un fenomeno complesso che coinvolge la persona sotto molteplici punti di vista, a livello biologico, psicologico e sociale, richiede necessariamente, per una lettura che sia quanto più possibile chiara ed esplicativa, un approccio teorico e pratico interdisciplinare. Ed è proprio questo l’approccio utilizzato nelle ricerche e nelle teorizzazioni degli ultimi anni che prende dunque in considerazione una pluralità di fattori. Un fattore che è stato poco considerato nella letteratura, per quanto riguarda le dipendenze e in generale lo svilupparsi delle patologie, è la sfera spirituale. L’essere umano è un individuo bio-psico-socio-spirituale e questo orizzonte antropologico ci permette di fronteggiare un fenomeno così d’impatto e complesso in maniera più umana, offrendo anche un approccio integrato e dunque maggiormente completo.

Risulta essere un fattore rilevante nell’eziopatogenesi il vuoto esistenziale e la carenza di un senso, concetto affrontato prevalentemente dall’ analisi esistenziale di matrice frankliana.

L’ Analisi esistenziale frankliana

Frankl, neurologo, psichiatra e filosofo austriaco, è stato uno dei fondatori dell’ analisi esistenziale e della logoterapia. Frankl vede l’uomo come un essere alla ricerca di senso, non spinto meramente dalle pulsioni, come credevano le classiche prospettive psicanalitiche, né tantomeno orientato dalla volontà di potenza adleriana, ma piuttosto dalla propria coscienza, intesa come organo di senso. Con questa prospettiva l’essere umano viene visto come ultimamente libero e responsabile nel proprio agire.

Le Dipendenze secondo i tre pilastri dell’ Analisi esistenziale frankliana

Leggere le dipendenze alla luce dell’ analisi esistenziale frankliana ci permette di vedere la personalità dipendente come incapace di prendere decisioni coerenti e con una scarsa progettualità, risulta non essere in grado di affrontare la sofferenza, legata a un possibile passato traumatico o ad un presente frustrante; tutto questo porta alla manifestazione di una elevata difficoltà a domandarsi circa il senso della vita e a rispondere in maniera unica e irripetibile a tali domande di senso.

La condotta additiva serve per rispondere alla domanda “chi sono io?” e per anestetizzarsi dalle sofferenze ed evitare le difficoltà. Rifacendoci ancora alla teoria di Frankl, le dipendenze porteranno l’uomo ad una crescente perdita di libertà e a un fermarsi allo stato meramente biologico, che tratteremo in seguito.

Le dipendenze sembrano avere il compito di colmare il vuoto esistenziale che pare pervadere la nostra epoca, analogamente a quella di Frankl; nonostante questo tentativo patologico di andare oltre se stessi, di trascendere, l’uomo si ritrova perso e senza punti di riferimento. Nonostante possa sembrare in contrapposizione con la tematica trattata, in realtà i tre pilastri dell’ analisi esistenziale frankliana sono applicabili a qualsiasi fenomeno umano.

I tre pilastri dell’ analisi esistenziale sono: libertà della volontà, volontà di significato e senso della vita. Quando parliamo di libertà della volontà si intende che l’uomo è sempre libero di scegliere e dunque possiamo dire che si autodetermina, seppure questo non sia un punto d’arrivo nell’approccio frankliano ma piuttosto una condizione esistenziale, poiché l’uomo è visto come essere-che-decide. Per Frankl qualunque azione l’uomo compia è sempre frutto di una scelta e ciò lo autoconfigura, così come ogni decisione quotidiana, consapevole o inconsapevole che sia. La dipendenza è causata proprio da scelte inconsapevoli guidate soltanto dal proprio vissuto psicologico, dalla ricerca di piacere legato al rilascio di neurotrasmettitori, quali la serotonina o la dopamina, e da meccanismi neurobiologici come il craving, termine traducibile letteralmente come “desiderio ardente”. Fondamentale nella terapia per le dipendenze è rendere l’individuo soggetto attivo e non inerme nella propria vita, permettendogli di capire che resta libero di scegliere chi diventare visto che ogni scelta ci autoconfigura.

Il secondo pilastro dell’ analisi esistenziale è la volontà di significato che, come detto precedentemente, è un concetto che differisce dalla psicologia individuale e dalla psicoanalisi. La volontà è libera di cercare significati e l’uomo è guidato a cercare il logos, inteso come senso, «che si manifesta in una continua tensione tra la realtà esistenziale in cui si trova a vivere e il mondo dei valori che gli si presenta come appello e come sfida» (Fizzotti, 2008, p. 67).

Il terzo pilastro è il senso della vita, quindi i significati che sottostanno a ogni decisione e che scopriamo giorno dopo giorno coerenti con il senso ultimo. Il senso della vita porta ad andare oltre al concetto umanistico di autorealizzazione, verso la ricerca di un senso autotrascendente.

Alla luce di questi tre pilastri l’uomo resta ultimamente libero e responsabile e, là dove falliscono i valori di creatività e di esperienza, saranno i valori di atteggiamento a rendere possibile la libertà di scelta riguardo l’atteggiamento da assumere. La prima categoria dei valori si riferisce a tutto quello che l’uomo è capace di dare al mondo con la propria capacità creativa, Frankl vede l’uomo realizzato svolgendo le attività concrete, con consapevolezza e responsabilità. I valori di esperienza invece accentuano tutto quello che l’uomo prende dal mondo, tutto ciò che è in grado di accogliere: la bellezza, la verità come pure l’altro nella sua persona, ne è un esempio la relazione di coppia. La terza categoria prende in considerazione l’atteggiamento che l’uomo assume confrontandosi con tutte le situazioni esistenziali, in quanto ineluttabili e inevitabili, scrive Frankl (1977)

Anche quando ci troviamo di fronte ad un destino ineluttabile (pensiamo a una malattia inguaribile, un carcinoma inoperabile), anche in questa situazione possiamo strappare un senso alla vita, dando testimonianza della più umana fra le capacità umane: quella di trasfigurare la sofferenza in una prestazione umana.

Frankl rifiuta dunque ogni tipo di determinismo in quanto porterebbe alla deresponsabilizzazione del soggetto e lo farebbe sentire ancora più impotente dinnanzi alle circostanze presenti, e coglierebbe solo l’impossibilità di cambiare il suo passato rendendosi vittima di questo e di non poter conseguentemente divenire protagonista della sua esistenza nel futuro.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Caretti, V., La Barbera, D. (2005). Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia. Milano: Raffaello Cortina.
  • Caretti, V., La Barbera, D. (2010). Addiction. Aspetti biologici e di ricerca. Milano: Raffaello Cortina.
  • Fizzotti, E. (2008). Introduzione alla psicologia della religione. Milano: FrancoAngeli.
  • Frankl, V.E. (1953). Logoterapia e analisi esistenziale. Brescia: Morcelliana.
  • Frankl, V.E. (1974). Alla ricerca di un significato della vita. Milano: Mursia.
  • Frankl, V.E. (1997). La vita come compito: appunti autobiografici. Torino: Società Editrice Internazionale, p. 42.
  • Frankl, V.E. (1998). Homo patiens. Soffrire con dignitò. Brescia: Queriniana.
  • Juretic, B. (1998). Tossicodipendenza, vuoto esistenziale e “progetto uomo” in Fizzotti, E. Gismondi, A. (a cura di) Giovani, vuoto esistenziale e ricerca di senso. Roma: LAS, pp. 143-145.
  • La Barbera, D. (2005). Le dipendenze tecnologiche. La mente dei nuovi scenari dell’addiction “tecnomediata”, in Caretti, V., La Barbera, D. (a cura di) Le dipendenze patologiche. Clinica e psicopatologia. Milano: Raffaello Cortina, pp. 113-114.
  • Viscardi, M.E. (2008). Esistenza ed etica secondo Viktor E. Frankl. Per una rifondazione della prassi terapeutica. “Ricerca di Senso” 6 (2008) 1, p. 65–66.
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